Vittime visibili e invisibili del crimine

 Vittime visibili e  invisibili del crimine  QUO-081
08 aprile 2022

«Il crimine organizzato produce un danno sociale su ampia scala: genera vittime visibili e invisibili, portatrici di una sofferenza che deve essere ascoltata e risarcita; inoltre implica, per la società nel suo insieme, assumere e invertire i meccanismi — tante volte radicati nell’inconscio collettivo — che producono la sua proliferazione». Così Papa Francesco in una lettera inviata lo scorso 25 marzo alla delegazione di Libera, guidata da don Luigi Ciotti, in questi giorni in Argentina per il progetto Bien Restituido (Bene Restituito).

Il testo pontificio è stato letto dal fondatore dell’associazione contro le mafie, mercoledì 6 aprile, nell’aula magna della facoltà di diritto dell’Università di Buenos Aires, in occasione del Congresso «Riutilizzazione sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata: un’opportunità per la società e per lo Stato».

L’incontro è stato promosso in collaborazione con l’Unione europea con l’obiettivo di promuovere il riutilizzo sociale dei beni confiscati. «Mi fa piacere — scrive il Pontefice — sapere del lavoro che sta realizzando l’Argentina in sinergia con l’Unione Europea, in particolare con l’Italia, nella lotta al crimine organizzato». La collaborazione reciproca è «imprescindibile per vincere questo tipo di associazione illegale, che non conosce frontiere e approfitta dei conflitti tra i popoli e del mal funzionamento delle istituzioni». Infatti, il lavoro per il bene comune «esige pratiche comuni di coordinamento e collaborazione capaci di affrontare la realtà nella sua complessità».

D’altra parte, fa notare il Papa, «l’azione giudiziaria e processuale nei confronti di questo tipo di criminalità è di solito focalizzata sul piano della repressione e del castigo, ma si tratta di una prospettiva limitata che lascia sempre a metà del cammino. È difficile pensare alla soluzione di un procedimento penale senza che sia prevista la riparazione e perché no, anche una riparazione che includa le cause». L’Italia, sottolinea Francesco, «ha molto da offrire, a partire dalla sua esperienza, un’esperienza di dolore, ma anche di resistenza e di rinascimento. Il riuso sociale dei beni confiscati dalla mafia è un esempio virtuoso di risanamento e di pacificazione attraverso l’azione collettiva».

Per lo Stato, afferma il Pontefice, è un’occasione per volgere lo sguardo alla sua gente creando opportunità dove prima non esistevano «perché il crimine organizzato solitamente occupa gli spazi dove le istituzioni sono assenti o mal funzionanti». È anche un’opportunità per lo Stato di «assumersi le sue responsabilità e riconoscere le sue omissioni; perché uno Stato che guarda solo a sé stesso, si confonde e si perde».

Francesco conclude incoraggiando il lavoro delle associazioni che si riuniscono «per cercare soluzioni pratiche che aiutino a riparare il danno prodotto dal crimine organizzato alla società. Ho la speranza che in questo modo la giustizia acquisisca spazio e che, come dissi una volta a un incontro di Libera, si ampli, metta radici ed occupi lo spazio che altrimenti è occupato dall’ingiustizia».