Il magistero

 Il magistero  QUO-080
07 aprile 2022

Venerdì 1

Il lavoro
delle persone disabili
per una società più inclusiva

Domani ricorre la Giornata mondiale della consapevolezza dell’Autismo, istituita dalle Nazioni Unite per richiamare all’attenzione dovuta verso le persone con autismo e la loro condizione.

Portando avanti i progetti di ricerca e le iniziative a favore dei più deboli e svantaggiati, voi date un valido contributo alla lotta contro la cultura dello scarto, che è tanto diffusa nella nostra società troppo protesa alla competizione e al profitto.

Contro
la cultura
dello scarto

La disabilità, in ogni sua forma, rappresenta una sfida e un’opportunità per costruire insieme una società più inclusiva e civile, dove i familiari, gli insegnanti e le associazioni non siano lasciati soli.

È necessario continuare a sensibilizzare sui vari aspetti della disabilità, abbattendo i pregiudizi e promovendo la cultura dell’inclusione e dell’appartenenza, fondata sulla dignità della persona.

È la dignità di tutti quegli uomini e quelle donne più fragili e vulnerabili, troppo spesso emarginati perché etichettati come diversi o anzi inutili, ma che in realtà sono una grande ricchezza per la società.

Si rimane positivamente sorpresi scoprendo casi di persone con disabilità che fanno una buona esperienza lavorativa.

Ma non c’è solo l’ambito del lavoro, c’è tutta la vita della persona, diremmo la sua “vocazione”. Pensiamo a santa Margherita da Città di Castello, la giovane con disabilità che mise la sua vita nelle mani del Signore per dedicarsi completamente alla preghiera e all’assistenza dei poveri.

La parabola evangelica del buon samaritano indica la strada per una società più fraterna.

Le persone con disabilità non sono solo oggetto di cura, ma anche soggetto!

Il samaritano può essere la stessa persona con disabilità che si fa prossimo all’altro, ponendo i propri talenti al servizio della comunità.

Partecipazione

Un aspetto essenziale della cultura dell’inclusione è la possibilità per le persone con disabilità di partecipare attivamente.

Non chiuderle. Metterle al centro vuol dire, oltre che abbattere le barriere fisiche, anche far sì che possano prendere parte alle iniziative della comunità civile ed ecclesiale dando il loro contributo.

Si tratta di sostenere il loro progetto di vita attraverso l’accesso all’educazione, all’occupazione e agli ambiti del tempo libero, in cui socializzare ed esprimere la propria creatività.

Questo richiede un cambiamento di mentalità. Grandi passi sono stati fatti, ma rimangono ancora pregiudizi, disuguaglianze e discriminazioni.

Auspico che le stesse persone con disabilità diventino sempre più protagoniste di questo cambiamento.

Fare rete

La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto molto grave soprattutto sui più fragili, sugli anziani, sulle persone con disabilità e le loro famiglie.

Nelle ultime settimane si è aggiunta la tragedia della guerra in Ucraina: pensiamo a quanti sono più svantaggiati.

La nostra risposta dev’essere la solidarietà, il “fare rete” nella preghiera e nella carità che si fa condivisione concreta.

Di fronte a tante ferite, soprattutto dei più vulnerabili, non sprechiamo l’opportunità di sostenerci a vicenda.

Facciamoci carico della sofferenza umana con progetti e proposte che mettano al centro i più piccoli.

Anche nell’ambito della disabilità, la comunità ecclesiale e quella civile sono chiamate a collaborare armonicamente per aiutare i più deboli, i più svantaggiati a far sentire la loro voce.

Così si attua la sussidiarietà e si valorizza il contributo di tutti coloro che da tempo lavorano per le persone con disabilità.

Accantonando gli atteggiamenti competitivi si può dar vita a un’efficace sinergia.

Per
un’economia solidale

Come ci sono una cultura dello scarto e un’altra dell’inclusione, ci sono un’economia che scarta e una che include.

Da sempre, a partire dalla prima comunità cristiana, il Vangelo ispira a mettere la fraternità al centro dell’economia, perché poveri, emarginati e persone con disabilità non vengano esclusi.

Mettere la fraternità al centro dell’economia; non l’egoismo, non il profitto personale, la fraternità.

Anche il lavoro che svolgete attraverso la Fondazione Italiana Autismo ha bisogno di un supporto economico.

Per questo la mia gratitudine va ai benefattori, che destinano risorse a favore del prossimo.

Stiamo attraversando un tempo di dura prova, ma la Pasqua ci ricorda che la morte non ha l’ultima parola.

Insieme con i fratelli e le sorelle fragili, teniamo accesa la fiaccola della speranza!

Tra poco, in piazza San Pietro, alcune persone con autismo cucineranno e offriranno il pranzo ai fratelli poveri.

È bello! Un’iniziativa che testimonia lo stile del buon samaritano, di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza.

Con questi tre tratti si vede il volto di Dio, il cuore di Dio.

(Ai membri della Fondazione Italiana Autismo)

Provando
vergogna dico: la Chiesa
è dalla vostra parte

Ringrazio ciascuno di voi per la presenza e per le preghiere che sono state elevate e per essere venuti a Roma, nonostante i disagi dovuti alla pandemia.

Nei giorni scorsi ho ascoltato con attenzione le vostre testimonianze. Le ho portate con me nella riflessione e nella preghiera, immaginando le storie e situazioni.

Vi sono riconoscente per avere aperto il cuore e perché avete espresso il desiderio di camminare insieme.

Comincio da un’espressione che appartiene alla vostra saggezza: “Bisogna pensare sette generazioni avanti quando si prende una decisione oggi”.

Questa frase lungimirante è il contrario di quello che succede ai nostri giorni, dove si inseguono traguardi utili e immediati senza considerare il futuro.

Invece, il legame tra gli anziani e i giovani è indispensabile. Va coltivato e custodito, perché permette di non vanificare la memoria e di non smarrire l’identità.

Quando si salvaguardano la memoria e l’identità, migliora l’umanità.

[Con] una bella immagine vi siete paragonati ai rami di un albero. Come loro, siete cresciuti in varie direzioni, avete attraversato diverse stagioni e siete stati anche sbattuti da forti venti.

Ma vi siete ancorati con forza alle radici, che avete mantenuto salde. E così continuate a portare frutto, perché i rami si stendono solo se le radici sono profonde.

Vorrei menzionare alcuni frutti, che meritano di essere conosciuti. Anzitutto la vostra cura per il territorio, che non intendete come un bene da sfruttare, ma come un dono del Cielo.

Esso per voi custodisce la memoria degli antenati che vi riposano ed è uno spazio vitale, nel quale cogliere la propria esistenza all’interno di un tessuto di relazioni con il Creatore, con la comunità umana, con le specie viventi e con la casa comune che abitiamo.

Ciò vi porta a ricercare un’armonia interiore ed esteriore, a nutrire grande amore per la famiglia e ad avere un senso vivo della comunità.

A ciò si aggiungono le ricchezze specifiche delle vostre lingue, delle vostre culture, delle vostre tradizioni e forme artistiche, patrimoni che non appartengono solo a voi, ma all’intera umanità.

Ma il vostro albero ha subito una tragedia, che mi avete raccontato in questi giorni: quella dello sradicamento.

La catena che ha tramandato conoscenze e stili di vita, in unione con il territorio, è stata spezzata dalla colonizzazione, che senza rispetto ha strappato molti di voi dall’ambiente vitale e ha provato ad uniformarvi a un’altra mentalità.

La vostra identità e cultura sono state ferite, molte famiglie separate, tanti ragazzi diventati vittime di questa azione omologatrice, sostenuta dall’idea che il progresso avvenga per colonizzazione ideologica, secondo programmi studiati a tavolino.

Quante colonizzazioni politiche, ideologiche ed economiche ci sono ancora, sospinte dall’avidità, dalla sete di profitto, incuranti delle popolazioni, delle loro storie e tradizioni, e del creato.

Mentalità
coloniale

È purtroppo ancora molto diffusa questa mentalità coloniale.

Aiutiamoci insieme a superarla.

Attraverso le vostre voci ho potuto toccare con mano e portare dentro di me, con grande tristezza nel cuore, i racconti di sofferenze, privazioni, trattamenti discriminatori e varie forme di abuso subiti, in particolare nelle scuole residenziali.

È agghiacciante pensare alla volontà di istillare un senso di inferiorità, di far perdere a qualcuno la propria identità culturale, di troncare le radici, con tutte le conseguenze personali e sociali che ciò ha comportato e continua a comportare: traumi irrisolti, che sono diventati intergenerazionali.

Ciò ha suscitato in me indignazione e vergogna.

Indignazione, perché è ingiusto accettare il male, ed è ancora peggio abituarsi al male, come se fosse una dinamica ineludibile provocata dalle vicende della storia.

Senza una ferma indignazione, senza memoria e senza impegno a imparare dagli errori i problemi non si risolvono e ritornano.

Lo vediamo in questi giorni a proposito della guerra.

Non si deve mai sacrificare la memoria del passato sull’altare di un presunto progresso.

E provo anche vergogna, ve l’ho detto e lo ripeto: provo dolore e vergogna per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali.

Tutto ciò è contrario al Vangelo di Gesù.

Per la deplorevole condotta di quei membri della Chiesa cattolica chiedo perdono a Dio e vorrei dirvi, di tutto cuore: sono molto addolorato.

Mi unisco ai Fratelli Vescovi canadesi nel chiedervi scusa.

non si possono trasmettere i contenuti della fede in una modalità estranea alla fede stessa.

Gesù ci ha insegnato ad accogliere, amare, servire e non giudicare; è terribile quando, proprio in nome della fede, si rende una contro-testimonianza al Vangelo.

Custodi
della sacralità della vita

La vostra vicenda amplifica in me quelle domande, molto attuali, che il Creatore rivolge all’umanità all’inizio della Bibbia.

Dopo la colpa commessa, chiede all’uomo: «Dove sei?» (Gen 3, 9).

[Poi] pone un altro interrogativo, che non si può scollegare al precedente: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4, 9).

Dove sei, dov’è tuo fratello? Sono domande da ripeterci sempre, sono gli interrogativi essenziali della coscienza perché non ci scordiamo di essere su questa Terra custodi della sacralità della vita e dunque custodi dei fratelli, di ogni popolo.

Al contempo, penso con gratitudine a tanti bravi credenti che, in nome della fede, con rispetto, amore e gentilezza, hanno arricchito la vostra storia con il Vangelo.

Mi dà gioia, ad esempio, pensare alla venerazione che si è diffusa tra voi nei confronti di sant’Anna, la nonna di Gesù.

Quest’anno io vorrei essere con voi, in quei giorni. Abbiamo bisogno di ricostituire un’alleanza tra i nonni e i nipoti, tra gli anziani e i giovani, premessa fondamentale per una maggiore unità della comunità umana.

Auspico che gli incontri di questi giorni possano aprire strade ulteriori da percorrere insieme, infondere coraggio e accrescere l’impegno a livello locale.

Un efficace processo di risanamento richiede azioni concrete.

Incoraggio i Vescovi e i Cattolici a continuare a intraprendere passi per la ricerca trasparente della verità e per promuovere la guarigione delle ferite e la riconciliazione; passi di un cammino che permetta di riscoprire e rivitalizzare la vostra cultura, accrescendo nella Chiesa l’amore, il rispetto e l’attenzione specifica nei riguardi delle vostre tradizioni genuine.

La Chiesa sta dalla vostra parte. Il dialogo è la chiave per conoscere e condividere e i Vescovi del Canada hanno chiaramente espresso il loro impegno a continuare a camminare insieme con voi in una via rinnovata, costruttiva, feconda, dove incontri e progetti condivisi potranno aiutare.

Sono stato arricchito dalle vostre parole e ancora di più dalla vostra testimonianza.

Avete portato qua a Roma il senso vivo delle vostre comunità.

Sarò felice di beneficiare ancora dell’incontro con voi, visitando i vostri territori natii, dove vivono le vostre famiglie.

Non verrò in inverno! Vi do l’arrivederci in Canada, dove potrò meglio esprimervi la mia vicinanza.

Fratelli Vescovi: grazie per il coraggio. Nell’umiltà si rivela lo Spirito del Signore. Davanti a storie come questa, l’umiliazione della Chiesa è fecondità.

(Alle delegazioni dei popoli indigeni del Canada)

Mercoledì 6

L’impotenza dell’Onu
nell’attuale guerra
in Ucraina

Sabato e domenica scorsi mi sono recato a Malta: un Viaggio apostolico che era in programma da tempo: è stato rimandato due anni fa, per il covid e le sue conseguenze.

Pur essendo un’isola in mezzo al Mediterraneo, Malta ha ricevuto prestissimo il Vangelo, perché l’Apostolo Paolo fece naufragio vicino alle sue coste e prodigiosamente si salvò con quelli che stavano sulla nave, più di duecentosettanta persone.

Racconta il libro degli Atti degli Apostoli che i maltesi li accolsero tutti, «con rara umanità» (28, 2).

Questo è importante, non dimenticarlo. Ho scelto proprio queste parole: con rara umanità, come motto del mio Viaggio, perché indicano la strada da seguire non solo per affrontare il fenomeno dei migranti, ma più in generale perché il mondo diventi più fraterno, più vivibile, e si salvi da un “naufragio” che minaccia tutti noi, che stiamo sulla stessa barca.

Malta è, in questo orizzonte, un luogo-chiave. Anzitutto geograficamente, per la sua posizione al centro del Mare che sta tra Europa e Africa, ma bagna anche l’Asia.

Malta è una specie di “rosa dei venti”, dove si incrociano popoli e culture; è un punto privilegiato per osservare a 360 gradi l’area mediterranea.

La forza
dei piccoli

Oggi si parla spesso di “geopolitica”, ma purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo l’area di influenza economica, o influenza ideologica o influenza militare: lo stiamo vedendo con la guerra.

Malta rappresenta, in questo, il diritto e la forza dei “piccoli”, delle Nazioni piccole ma ricche di storia e di civiltà, che dovrebbero portare avanti un’altra logica: quella del rispetto e della libertà, della convivialità delle differenze, opposta alla colonizzazione dei potenti.

Dopo la seconda guerra mondiale si è tentato di porre le basi di una nuova storia di pace, ma purtroppo — non impariamo — è andata avanti la vecchia storia di grandi potenze concorrenti.

E, nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza della Organizzazione delle Nazioni Unite.

Malta è un luogo-chiave per quanto riguarda il fenomeno delle migrazioni. Nel Centro di accoglienza Giovanni xxiii ho incontrato numerosi migranti, che sono approdati sull’Isola dopo viaggi terribili.

Non bisogna stancarsi di ascoltare le loro testimonianze, perché solo così si esce dalla visione distorta che spesso circola nei mass-media e si possono riconoscere i volti, le storie, le ferite, i sogni e le speranze di questi migranti.

Ogni migrante è unico: non è un numero, è una persona, con la sua dignità, le sue radici, la sua cultura.

Ognuno è portatore di una ricchezza infinitamente più grande dei problemi che comporta. Non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dalle migrazioni.

Certo, l’accoglienza va organizzata, governata e prima va progettata insieme, a livello internazionale.

Perché il fenomeno migratorio non può essere ridotto a un’emergenza, è un segno dei nostri tempi.

Può diventare un segno di conflitto, oppure di pace. Dipende da come lo prendiamo. Chi ha dato vita al Centro Giovanni xxiii ha fatto la scelta cristiana e per questo lo ha chiamato “Peace Lab”: laboratorio di pace.

Ma io vorrei dire che Malta nel suo insieme è un laboratorio di pace! Tutta la nazione con il proprio atteggiamento è un laboratorio di pace.

E può realizzare questa sua missione se, dalle sue radici, attinge la linfa della fraternità, della compassione, della solidarietà.

Il popolo maltese ha ricevuto questi valori con il Vangelo, e grazie al Vangelo potrà mantenerli vivi.

Per questo sono andato a confermare quel popolo nella fede e nella comunione. Infatti Malta è un luogo-chiave anche dal punto di vista dell’evangelizzazione.

Da Malta e da Gozo, le due diocesi del Paese, sono partiti tanti sacerdoti e religiosi, ma anche laici, che hanno portato in tutto il mondo la testimonianza cristiana.

Come se il passaggio di Paolo avesse lasciato la missione nel Dna dei maltesi!

Tuttavia, anche lì soffia il vento del secolarismo e della pseudocultura globalizzata a base di consumismo, neocapitalismo e relativismo. Anche lì, perciò, è tempo di nuova evangelizzazione.

La visita che, come i miei Predecessori, ho compiuto alla Grotta di San Paolo è stata come un attingere alla sorgente, perché il Vangelo possa a Malta ravvivare il grande patrimonio di religiosità popolare.

Questa è simboleggiata dal Santuario mariano nazionale di Ta’ Pinu, nell’isola di Gozo, dove abbiamo celebrato un intenso incontro di preghiera.

Lì ho sentito battere il cuore del popolo maltese, che ha tanta fiducia nella sua Santa Madre.

Maria ci aiuta a ravvivare la fiamma della fede attingendo dal fuoco dello Spirito Santo, che anima il gioioso annuncio del Vangelo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare!

Non dimentichiamo quella frase di San Paolo vi — la vocazione della Chiesa è evangelizzare — perché è la definizione più bella della Chiesa.

Colgo questa occasione per rinnovare il mio ringraziamento al Signor Presidente della Repubblica: al Signor Primo Ministro e alle altre Autorità ; come pure ai Vescovi e a tutti i membri della comunità ecclesiale, ai volontari.

Non vorrei trascurare di menzionare il Centro Giovanni xxiii : lì quel frate francescano che lo porta avanti, padre Dionisio Mintoff, ha 91 anni e continua a lavorare con l’aiuto dei collaboratori della Diocesi. È un esempio di zelo apostolico e di amore ai migranti, che oggi ci vuole tanto.

Giornata
mondiale
dello sport
per la pace
e lo sviluppo

Ricorre oggi la Giornata Mondiale dello Sport per la Pace e lo Sviluppo, indetta dalle Nazioni Unite. Mi rivolgo agli uomini e alle donne di sport, perché attraverso la loro attività possano essere testimoni operosi di fraternità e di pace.

Lo sport, con i suoi valori, può svolgere un ruolo importante, aprendo strade di concordia, a patto che mai perda la sua capacità di gratuità: lo sport non diventi commerciale. Quella amatorialità propria del vero sport.

Catecumenato matrimoniale

Saluto i coniugi e i sacerdoti assistenti dell’Associazione “Incontro Matrimoniale”, incoraggiando il loro servizio alle coppie di sposi, alle famiglie, ai fidanzati e a quanti vogliono migliorare la qualità delle relazioni.

Non dimentichiamo che è importante il catecumenato matrimoniale: prima del matrimonio e dopo il matrimonio, i primi anni, per aiutare a sviluppare la bellezza della famiglia e del matrimonio.

(Udienza generale nell’Aula Paolo vi )