La parola della settimana
Significato e importanza della consacrazione a Maria e della liturgia penitenziale
al termine del Corso sul foro interno

Affidare paure e dolori
al cuore della Madre

 Affidare paure  e dolori al cuore  della Madre   QUO-074
31 marzo 2022

Nel pomeriggio del 25 marzo scorso, solennità dell’Annunciazione del Signore, concludeva il xxxii Corso sul foro interno organizzato come ogni anno dalla Penitenzieria Apostolica la celebrazione penitenziale presieduta da Papa Francesco nella basilica Vaticana. Per l’occasione, la Penitenzieria aveva messo a disposizione per l’ascolto delle confessioni dei fedeli nelle varie lingue, sia in basilica sia in piazza San Pietro, ben 120 confessori.

Nel corso della liturgia penitenziale il Santo Padre, prima di impartire egli stesso il sacramento ad alcuni fedeli, si è accostato personalmente al confessionale come ogni penitente in cerca dell’amore misericordioso di Dio. L’accostarsi personalmente alla confessione e, quindi, il concedere l’assoluzione ad alcuni fedeli in attesa sono segni tangibili di quanto stia a cuore al Pontefice questo sacramento, strumento dell’amore misericordioso di Dio nei confronti di ognuno di noi quando bussiamo alla porta del suo cuore per chiedere perdono. In questo modo il Papa si è fatto esempio sia per i penitenti che per i confessori, mostrandoci con i fatti, e non solo a parole, che non dobbiamo avere paura della misericordia di Dio, che Dio non si stanca mai di perdonarci.

Lo aveva del resto anticipato anche al mattino, quando in occasione dell’udienza concessa ai partecipanti al Corso sul foro interno, Papa Francesco aveva concluso dicendo: «per favore, ricordatevi di pregare anche per me, perché oggi devo confessarmi anch’io».

Più volte infatti il Santo Padre, nel corso del suo pontificato, ha ribadito questa verità: «per imparare ad essere un buon confessore bisogna anzitutto riconoscersi peccatore e sperimentare su di sé la misericordia e il perdono del Signore».

Anche nell’omelia tenuta il 25 marzo, il Santo Padre non ha mancato di invitarci sempre di nuovo a riscoprire la Riconciliazione come il «sacramento della gioia», dove «il male che ci fa vergognare diventa l’occasione per sperimentare il caldo abbraccio del Padre, la dolce forza di Gesù che ci guarisce, la tenerezza materna dello Spirito Santo».

I numerosi fedeli che hanno preso parte alla Liturgia penitenziale — circa 3.500 in basilica e 2.000 nella piazza —, desiderosi di riconciliarsi con Dio e con i fratelli, si sono poi stretti in preghiera con il Papa nell’Atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’Immacolato Cuore di Maria, per implorare alla Regina della Pace il dono della pace per il martoriato popolo ucraino.

Francesco ha voluto compiere tale solenne atto liturgico davanti alla venerata statua della Vergine di Fátima, in un’ideale continuità con il messaggio sempre attuale delle apparizioni del 1917 e seguendo le orme dei suoi predecessori Pio xii e Giovanni Paolo ii , i quali, ciascuno due volte, avevano preso la stessa iniziativa. Non a caso, insieme ai vescovi di tutto il mondo, proprio dal santuario portoghese, nello stesso momento, il cardinale elemosiniere Krajewski, inviato dal Santo Padre, implorava la medesima grazia, proprio lì dove un secolo fa la Madonna chiese la consacrazione della Russia.

Nella sua omelia, Papa Francesco spiegava che l’Atto della consacrazione «non è una formula magica, ma un atto spirituale», «il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre. I bambini, quando sono spaventati, ricorrono alla madre, cercando protezione. Noi ricorriamo alla Madre gettando nel suo Cuore paura e dolore, consegnando noi stessi a lei».

È, insomma, «riporre in quel Cuore limpido, incontaminato, dove Dio si rispecchia, i beni preziosi della fraternità e della pace, tutto quanto abbiamo e siamo, perché sia lei, la Madre che il Signore ci ha donato, a proteggerci e custodirci».

Trovo particolarmente significativo che Papa Francesco abbia scelto proprio il momento della celebrazione penitenziale per consacrare al Cuore Immacolato di Maria le nazioni della Russia e dell’Ucraina, in questi giorni così tragici di grande dolore e sofferenza. Credo infatti che si possa vedere uno stretto rapporto tra il sacramento della Penitenza e la richiesta a Dio del dono della pace. Viene in mente l’accorato appello rivolto dall’apostolo Paolo ai fedeli di Corinto, che esemplifica perfettamente l’invito alla conversione: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20). Riconoscersi peccatori ed aprirsi al perdono del Padre amorevole è indispensabile per ottenere da lui il dono della pace, che solo Lui può dare.

Soltanto dei cuori riconciliati da Dio, che hanno saputo riconoscere il male commesso e sono stati inondati dalla sua misericordia, saranno capaci a propria volta di vedere la dignità dei propri fratelli e di riversare su di essi con tutta la generosità l’amore ricevuto.

C’è bisogno insomma, spiegava Papa Francesco nell’omelia della Celebrazione penitenziale, «della forza sapiente e mite di Dio, che è lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Quello spirito che ci dà l’armonia, perché lui è l’armonia. Abbiamo bisogno dell’amore di Dio perché il nostro amore è precario e insufficiente».

Per questo, continuava Francesco, «c’è bisogno di attingere dal perdono di Dio la forza dell’amore, lo stesso Spirito disceso su Maria. Perché, se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore».

di Krzysztof Józef Nykiel
Reggente della Penitenzieria Apostolica