In un incontro online promosso dal Pontificio istituto orientale
la testimonianza dell’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč

«Stiamo sopravvivendo
come un miracolo continuo»

 «Stiamo sopravvivendo  come un miracolo continuo»  QUO-073
30 marzo 2022

«Il Papa mi ha detto “farò tutto quello che posso”, ovviamente per fermare questa pazzia. Questa frase la ricorderò per sempre». Lo ha confidato, in riferimento alla telefonata con il Pontefice «già nel secondo giorno di guerra», Sua beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, intervenendo, ieri pomeriggio 29 marzo, in videocollegamento dalla capitale dell’Ucraina all’incontro online promosso dal Pontificio istituto orientale (Pio), sul tema “Il ruolo della Chiesa Greco-Cattolica ucraina nel contesto della guerra”.

Francesco «si sta impegnando con tutta la segreteria di Stato per fermare, per quanto possibile, questa strage di innocenti», ha affermato commosso il presule, ringraziando in particolare il Pontefice per l’Atto di consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, celebrato il 25 marzo. «Stiamo sopravvivendo come un miracolo continuo. Forse abbiamo bisogno di un miracolo di Maria» le sue parole.

«Mai avrei immaginato di essere a capo della Chiesa greco-cattolica in Ucraina in tempi di guerra; mai avremmo potuto pensare che le cripte della nostra cattedrale sarebbero diventate un rifugio antiaereo» ha proseguito nella dolorosa testimonianza.

Nonostante questo «la forza del popolo ucraino si sta rivelando un miracolo che sorprende il mondo» ha aggiunto ancora descrivendo le varie situazioni nelle città del Paese. Ha parlato di Kiev, dove sono rimaste solo un milione di persone, mentre due terzi hanno lasciato la città; di Kharkiv, «a soli 40 chilometri dal confine con la Russia», che è «diventata una città fantasma, ma ancora resiste ai russi»; di Mariupol, città che «era il motore economico dell’Ucraina», dove si sono viste di nuovo le fosse comuni; di Chernihiv, completamente rasa al suolo; di Slavutych, ormai accerchiata, dove resiste un parroco greco-cattolico, che ha visto sua moglie dare alla luce il suo terzo bambino nel mezzo di un terribile assedio e che non ha voluto abbandonare la sua gente.

Shevchuk ha posto inoltre l’attenzione sull’importante ruolo del nunzio apostolico a Kiev, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas: «una presenza consolante» l’ha definita, mentre tutte le altre rappresentanze diplomatiche sono andate via dalla capitale bombardata.

L’incontro si è aperto con un saluto del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e Gran Cancelliere del Pio, ed è stato moderato dal rettore, il gesuita David E. Nazar.

Il porporato argentino, ricordando gli appelli di Benedetto xv contro l’inutile strage del primo conflitto mondiale, ha affermato che l’Europa e il mondo intero non sembrano aver imparato «dalla storia anche recente l’orrore causato dalla devastazione e dalle guerre, la furia cieca e distruttrice delle armi». Rimarcando l’importanza di fornire assistenza e solidarietà concreta per i popoli stremati dell’Europa dell’Est, Sandri ha sottolineato come in queste settimane «anche Papa Francesco si è fatto voce di coloro che soffrono, denunciando l’aggressione e l’invasione, e chiedendo non solo nell’oggi ma anche per il prossimo futuro la fattiva solidarietà delle comunità cristiane e del mondo intero per tutti coloro che sono vittime del conflitto, lasciati nell’indigenza, sotto le bombe, o costretti a partire per mettere in salvo la propria famiglia».

È necessaria la pace, ha ribadito il porporato, «una pace fatta di cessazione dell’uso delle armi, di rispetto della giustizia e del diritto internazionale, di progressiva guarigione delle ferite ed anche di riconciliazione».

Quindi il prefetto del Dicastero orientale ha auspicato «una Chiesa della Pasqua», per «offrire una luce di speranza e di desiderio che dopo un duro e rigido inverno possa tornare la primavera», citando versi dell’Antigone di Sofocle: «Non siamo qui per odiare insieme ma insieme per amare».

Ha poi concluso la sua prolusione invocando «l’intercessione di tutti i santi della Lavra di Kyiv, la cui icona è fissata nel mio studio, ci ottengano il dono sospirato della pace». L’opera, denominata “Concilio dei Santi Beati della Lavra Kievo-Pecerska” è un dono che nel 2007 Papa Benedetto xvi volle fare alla Congregazione per le Chiese orientali.

In precedenza Sandri aveva ricordato i cardinali inviati dal Pontefice per portare conforto ai sofferenti e ai profughi ucraini fuggiti in alcuni Paesi confinanti: l’elemosiniere Konrad Krajewski e il prefetto ad interim del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, Michael Czerny, intervenuto anch’egli al webinar.

Quest’ultimo, presente nell’Aula Magna del Pio, ha offerto l’esperienza vissuta nei suoi due viaggi: al valico di frontiera di Barabás in Ungheria per arrivare alla città ucraina di Berehove il primo, da Kosice in Slovacchia fino a Užhorod in Ucraina il secondo. In proposito il porporato gesuita ha messo in evidenza dapprima la grande solidarietà e accoglienza assicurate nei due Paesi limitrofi al popolo ucraino, soprattutto donne e bambini fuggiti dalla guerra.

Poi ha definito “Angeli eroici” i tanti sacerdoti cattolici di rito orientale, sposati e con figli, che nell’Ucraina occidentale invece di fuggire restano per continuare a prendersi cura degli sfollati in fuga. «Sono rimasto molto colpito, perché in quelle regioni i rapporti tra le diverse confessioni sono spesso problematici e portano il peso di una storia di conflitti e pregiudizi. Improvvisamente, la necessità di accogliere i rifugiati rende possibile, anzi impone, l’ecumenismo concreto della solidarietà: incontrarsi e lavorare insieme per rispondere ai bisognosi», ha detto Czerny, concludendo di esser stato diretto testimone di «quello che Gesù ha detto: “Ero straniero e mi avete accolto”».

Andriy Yurash, ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, nel suo intervento ha riconosciuto il grande lavoro della Chiesa greco-cattolica ucraina sul territorio. Le Chiese, ha detto, stanno fornendo aiuto su molti aspetti: «operano una grande missione umanitaria; fanno lavoro concreto per le persone a diversi livelli; servono come cappellani militari; e poi, il ruolo importante dato dai messaggi quotidiani inviati da Sua Beatitudine».

Proprio l’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč ha ricordato appunto che ogni giorno, dall’inizio del conflitto, registra un video messaggio, perché «è importante stare in collegamento, stare in contatto e avere la possibilità di contattare i vescovi, i nostri sacerdoti, la nostra gente» e «far sapere a tutti che sono vivo, che la città di Kiev è viva». Per molte persone questi 5 minuti rappresentano, talvolta, la fonte principale di notizie su quanto accade in Ucraina.

A conclusione della conferenza il rettore del Pio ha ammesso, rivolgendosi a Sua Beatitudine, di sentire «la vostra fede e speranza in una situazione dove è difficile mantenere l’una e l’altra: sono entrambe di grande ispirazione per noi». E rifacendosi all’apostolo Paolo, ha dichiarato che «la fede e la speranza sono fra i doni più importanti ma il più grande di tutti è la carità. Che questi tre doni ci sostengano in questo cammino fino alla pace e alla giustizia».