Il racconto

Se oggi l’Aula Paolo VI
è Mariupol

 Se oggi  l’Aula Paolo  vi  è Mariupol  QUO-073
30 marzo 2022

È Mariupol, Kiev. È ogni città fatta bersaglio in Ucraina, stamani, l’Aula Paolo vi . E ha per “sindaci” e “ambasciatori” i bambini — scappati con le mamme dalla «crudeltà selvaggia della guerra» — questo singolare lembo di terra ucraina che è divenuto, stamani, in Vaticano, il crocevia dell’appuntamento del mercoledì con il Papa.

Ad accompagnare le giovanissime famiglie ucraine spezzate (mariti e papà chissà dove sono, là, al fronte inghiottiti dalla pazzia della guerra), ma tenacemente speranzose di riunirsi e di tornare presto a casa, sono realtà scattate subito, in prima linea, nell’accoglienza fraterna: la fondazione “Aiutiamoli a vivere”, l’associazione “Puer” — entrambe nate in risposta a un’altra emergenza tornata tragicamente attuale, quella “nucleare” di Chernobyl nel 1986 — , le suore adoratrici del Sangue di Cristo, Athletica Vaticana e la stessa Ambasciata di Ucraina presso la Santa Sede.

E sono arrivati in Italia, proprio grazie alla fondazione “Aiutiamoli a vivere”, dodici minori orfani, provenienti da una casa-famiglia di Ivano-Frankivs’k. Insieme a una loro insegnante e ai suoi due figli, sono ospitati a Cattolica (Rimini) nel convento di Sant’Antonio da Padova.

Tra gli ospiti (il più piccolo ha sette anni) anche una ragazzina di 14 incinta. «Ha tutte le attenzioni e le cure e faremo tutto perché il bambino veda la luce tra mura amiche e non tra le bombe di una guerra assurda» racconta uno dei due fondatori (con padre Vincenzo Bella) e presidente della fondazione Fabrizio Pacifici.

«Per noi aprire la porta a chi ha bisogno di aiuto è scontato, lo facciamo dal 1992» rilancia Pacifici.

E a prendersi cura dei dodici bambini sono, in particolare, due giovani suore ucraine (21 e 23 anni) che vivono la loro vocazione nel convento di San Francesco a Bagnoregio: con stupore hanno riconosciuto tra i piccoli orfani arrivati da Ivano-Frankivs’k anche due bambine provenienti dalla loro stessa parrocchia.

Intanto la fondazione, che conta 250 sedi in tutta Italia, ha già inviato in Ucraina tre tir con aiuti umanitari.

Ha la stessa età di servizio — 30 anni — e la stessa motivazione iniziale (sostenere i bambini investiti dalla nube di Chernobyl) l’associazione “Puer”, nata nelle parrocchie del quartiere romano di Monteverde, con monsignor Luigi Di Liegro primo presidente.

Al Papa hanno presentato nove bambini e cinque mamme ucraini. «Abbiamo ospitato circa 90.000 bambini bielorussi e ucraini provenienti dai territori di Chernobyl» ricorda il presidente Sergio De Cicco. L’emergenza scatenata improvvisamente dalla guerra in Ucraina ha stravolto priorità e programmi dell’associazione e così è stata messa in atto la strategia dell’accoglienza per chi scappa dalle bombe.

Viktoriia Gudyma è fuggita con il figlio Leone, 10 anni, dalla sua Kiev dopo le prime due notti di bombardamenti passate nella stazione della metropolitana. È salita in macchina e con Leo è partita per la Polonia: 20 ore di viaggio.

Appassionata di sport, Viktoriia è stata accolta in fraternità da Athletica Vaticana e domenica ha corso la Maratona di Roma «per la libertà, per dire che la guerra non può spezzare le nostre vite». Lo ha confidato a Papa Francesco, con indosso la tuta della polisportiva ufficiale della Santa Sede. Accompagnata da suor Milena che la sta ospitando, con Leo, nella casa delle suore adoratrici del Sangue di Cristo in via Labicana. E sabato pomeriggio Viktoriia ha pregato per la pace nella sua terra, durante la Messa del maratoneta presieduta dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, nella Chiesa degli artisti. 

di Giampaolo Mattei