La morte del cardinale Antonios Naguib, patriarca emerito di Alessandria dei copti

Una voce forte per la Chiesa in Medio Oriente

 Una voce forte per la Chiesa in Medio Oriente  QUO-072
29 marzo 2022

Il cordoglio di Papa Francesco


Appresa la notizia della morte del cardinale Antonios Naguib, Papa Francesco ha fatto pervenire al patriarca di Alessandria dei copti,  Ibrahim Isaac Sedrak, il telegramma di cordoglio di cui diamo di seguito una traduzione dall’arabo.

A Sua Beatitudine
Ibrahim Isaac Sedrak
Patriarca di Alessandria dei Copti

Nell’apprendere la notizia del decesso di Sua Beatitudine il Cardinale Antonios Naguib, Patriarca Emerito di Alessandria dei Copti, desidero esprimere a Vostra Beatitudine, ai sacerdoti, alla famiglia del compianto porporato e a tutti i fedeli le mie condoglianze, assicurandovi la vicinanza nella preghiera e nel dolore, che ha colpito l’intera chiesa patriarcale. Ricordo questo caro fratello, che assunse Veritas-Caritas come motto del suo episcopato, per la sua fede e per lo zelo sacerdotale che lo spinsero a prestare attenzione alla formazione dei sacerdoti, e ne fece la sua prima priorità. Penso al suo generoso impegno nel campo dello sviluppo e del servizio sociale, fondò un gruppo di apostolato dedicato al servizio dei bisognosi e dei sofferenti. E fu l’esempio del buon pastore nella Chiesa. Fu Relatore Generale all’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Elevo, dunque, la mia preghiere a Dio e Gli chiedo, per intercessione di Nostra Signora, la Vergine Maria, di accogliere il Suo servo fedele con gli Angeli e i Santi nella Gerusalemme Celeste. Prego con voi, vi do la benedizione e vi chiedo di pregare per me.

Franciscus pp.

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Il cardinale Antonios Naguib, patriarca emerito di Alessandria dei copti, è morto nella notte tra il 27 e il 28 marzo nell’ospedale italiano del Cairo, dove era ricoverato nel reparto di terapia intensiva a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. Aveva appena compiuto 87 anni. Era infatti nato il 18 marzo 1935 a Samalout, nell’eparchia di Minya dei copti. Era stato ordinato sacerdote il 30 ottobre 1960. Nominato vescovo di Minya dei copti il 26 luglio 1977, ricevendo l’ordinazione episcopale il 9 settembre successivo, e aveva rinunciato al governo pastorale il 29 settembre 2002 per motivi di salute. Era stato eletto patriarca di Alessandria dei copti il 30 marzo 2006. Benedetto xvi gli aveva concesso la “ecclesiastica communio” il 7 aprile successivo. E nel concistoro del 20 novembre 2010 lo aveva creato e pubblicato cardinale. Il 12 gennaio 2013 aveva rinunciato al governo dal patriarcato.

La vicenda personale del patriarca Antonios Naguib, anche attraverso l’esperienza della sofferenza, s’intreccia con la storia della Chiesa copta cattolica e della libertà religiosa in Egitto. Colpito, da tempo, da una grave malattia, tanto che nel 2002 aveva dovuto rinunciare al governo della diocesi di Minya dei copti, aveva ripreso la sua azione pastorale come patriarca di Alessandria dei copti nel 2006. Il 31 dicembre 2011 era stato però colpito da una grave emorragia. Il vescovo di Assiut, Kyrillos Kamal William Samaan, era stato nominato suo vicario, con pieni poteri per assisterlo nel suo servizio. Secondo il canone 132 del Codice di diritto canonico delle Chiese orientali. Il 12 gennaio di 2013 il patriarca Naguib aveva presentato la sua rinuncia all’ufficio patriarcale, accettata dal Sinodo copto cattolico. Lo stesso giorno il Sinodo aveva eletto nuovo patriarca Ibrahim Isaac Sedrak, fino a quel momento vescovo di Minya dei copti.

Pur sofferente, aveva voluto partecipare al conclave che, il 13 marzo 2013, ha eletto Papa Francesco.

In particolare nel 2010, anno della sua creazione cardinalizia, è stato uno dei personaggi di spicco dell’assemblea speciale per il Medio oriente del Sinodo dei vescovi, tenutasi in Vaticano dal 10 al 24 ottobre: non solo perché il Papa lo ha nominato relatore generale, ma anche perché si è reso interprete della volontà delle Chiese nel Medio oriente di rifiutare la paura, la disperazione, la solitudine, e di sostituirle con il coraggio, la speranza, la comunione, la testimonianza.

Certo, quella del cardinale Naguib non è stata la sola voce a rilanciare il grido di sofferenza della Chiesa mediorientale. Ma certamente è stata tra quelle che si sono levate più forti e decise, tanto che è toccato a lui illustrare i risultati dell’importante assise ai giornalisti di tutto il mondo riuniti nella Sala stampa della Santa Sede a conclusione del Sinodo.

La lungimiranza pastorale e l’attitudine al discernimento spirituale del patriarca Naguib sono emersi, in particolare, negli anni tribolati vissuti dall’Egitto e dalle comunità cristiane egiziane tra il 2010 e il 2013. Tempo segnato anche dalle cosiddette “primavere arabe”. Quel periodo fu marchiato indelebilmente dalla strage di cristiani avvenuta nella chiesa copta ortodossa dei Santi, ad Alessandria d’Egitto, il 31 dicembre 2010. A questo proposito aveva rilasciato a «L’Osservatore Romano» alcune dichiarazioni (edizione del 3-4 gennaio 2011): «Domandiamo di fare il maggiore sforzo possibile per mettere in pratica le raccomandazioni del presidente della Repubblica per una più stretta unità e armonia fra tutti, e a cambiare tutto ciò che è di ostacolo». E ancora: «I nostri cuori versano sangue nel cominciare il nuovo anno con il criminale attacco contro i fedeli che uscivano dalla Chiesa copto ortodossa dei Santi di Alessandria. Ci uniamo al Santo Padre, al nostro presidente della Repubblica e a tutti i responsabili politici, parlamentari, esecutivi, e della sicurezza, per condannare fermamente questo atto criminale, volto a destabilizzare la sicurezza interna e l’unione tra i fratelli concittadini. Presentiamo le nostre sincere condoglianze e la nostra solidarietà alle famiglie delle vittime martiri, come pure ai feriti e alle loro famiglie, e alle autorità ecclesiastiche». Infine: «Abbiamo piena fiducia nella saggezza e nella determinazione dei dirigenti responsabili, sicuri che adotteranno le misure necessarie per porre fine a tali eventi dolorosi. Chiediamo a Dio onnipotente, il re della Pace, di concedere la pace al nostro amato Egitto e a tutti i Paesi del mondo».

Qualche mese più tardi, all’inizio dell’aprile 2011, era intervenuto alla plenaria della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), a Bruxelles, dedicata proprio alla delicata situazione politica—sociale che stavano attraversando i Paesi del Nord Africa. Richiamando l’attenzione sul rischio che il «rinnovamento» dell’Egitto potesse arrestarsi. Per il porporato «la corruzione diffusa, la povertà, la crisi sociale e la soffocante atmosfera politica» erano state le motivazioni che avevano spinto le persone alla protesta.

Alla fine di giugno 2011, durante l’ottantaquattresima sessione della Riunione Opere di Aiuto alle Chiese Orientali (Roaco), svoltasi a Roma, aveva analizzato la “primavera araba” relativamente alla situazione egiziana, facendo riferimento proprio al Sinodo per il Medio oriente, durante il quale era stata evidenziata la necessità che gli Stati si fondassero su «un sistema sociopolitico basato sul rispetto dell’uomo e della sua libertà, sui diritti che gli derivano dalla sua natura umana, sull’uguaglianza e la cittadinanza completa, e sulla riconoscenza del ruolo della religione anche nella vita pubblica e sui valori morali».

Nell’ottobre 2011, in seguito a violenti scontri, avvenuti al Cairo tra cristiani copti e l’esercito con oltre 30 vittime tra i civili, il patriarca aveva rivolto un appello ai cattolici egiziani per pregare per le vittime degli incidenti e per la pace e la prosperità del Paese. «L’Osservatore Romano» aveva pubblicato la traduzione integrale: «Ci siamo anche uniti, con la preghiera e con il digiuno, a tutti i cristiani, seguendo l’appello di Sua Santità papa Shenouda iii perché il Signore doni pace al nostro amato Egitto. Condannando nuovamente ogni atto di violenza e tutti i suoi artefici, rivolgiamo un appello ai responsabili perché prendano le misure necessarie e ferme, per garantire la sicurezza, raggiungere soluzioni chiare e stabili per i problemi che causano tensioni e conflitti».

La decisione e la forza del carattere, oltre all’amore e alla fedeltà per la Chiesa, sono stati gli elementi caratterizzanti del servizio del patriarca di Alessandria dei copti. Secondo di sette figli di una famiglia profondamente cattolica, Antun — come si chiamava prima dell’ordinazione sacerdotale — era nato a Minya, nell’omonima eparchia copta. Il padre era commerciante, la mamma totalmente dedita all’educazione dei sette figli: tre femmine e quattro maschi. Marie Georgette, la primogenita, è stata superiora generale della congregazione delle religiose egiziane del Sacro Cuore.

Compiuti i primi studi nella scuola delle suore francescane del Cuore Immacolato di Maria a Beni—Suef, dove la sua famiglia risiedeva, all’età di 9 anni era stato ammesso nel seminario minore del Cairo. Poi ha proseguito gli studi nel seminario maggiore, prima a Tanta e poi a Maadi, presso Il Cairo. Sino a quando nel 1955 era stato inviato al Pontificio Collegio Urbano «de Propaganda Fide» per il corso istituzionale in teologia.

Non era venuto meno ai suoi doveri civili. Così nel 1958 è tornato in patria per compiere il servizio militare. Al termine di questo periodo era stato ordinato sacerdote, il 30 ottobre 1960, a Minya.

Dopo aver ricoperto l’incarico di parroco di El—Fikryah, nell’eparchia di Minya, era stato inviato di nuovo a Roma dove, nel 1962, aveva conseguito la licenza in teologia e il diploma in sociologia religiosa, e nel 1964 la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico.

Dal 1964 era stato docente di Sacra Scrittura nel seminario patriarcale di Maadi. Per molti anni aveva insegnato anche dottrina sociale della Chiesa e aveva collaborato con la Società biblica del Libano nella nuova traduzione araba comune del Nuovo Testamento, alla quale avevano partecipato biblisti cattolici, ortodossi e protestanti. Aveva anche scritto molti articoli di esegesi biblica per riviste copte cattoliche ed era stato rappresentante del Medio Oriente nella Federazione biblica cattolica.

Il 26 luglio 1977 era stato eletto vescovo di Minya dei copti e ordinato il 9 settembre successivo. Come motto episcopale aveva scelto Veritas — Caritas.

La formazione dei sacerdoti è stata una sua priorità. Aveva anche istituito giornate di ritiro mensile e ritiri spirituali annuali, oltre a una sessione di formazione permanente alla quale avevano chiesto di partecipare tutti i preti della Chiesa patriarcale copta. Non si contano i convegni di formazione religiosa e di apostolato, e i corsi d’insegnamento religioso per laici. I frutti si sono fatti sentire presto, soprattutto nel campo delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata.

Convinto anche dell’importanza delle istituzioni educative per la formazione alla convivenza pacifica, aveva istituito tre scuole cattoliche nella diocesi, aperte sia agli studenti cristiani sia a quelli musulmani.

Era stato sempre attento anche ai bisogni della sua gente. Per questo aveva realizzato piccoli centri sociali nei villaggi della diocesi, aperti allo stesso modo per cristiani e per musulmani senza alcuna discriminazione. Aveva dedicato un’attenzione particolare al mondo rurale sino a legare la sua diocesi alla Federazione internazionale dei movimenti degli adulti rurali cattolici: da allora Minya ha rappresentato il Medio Oriente nell’ambito di questa organizzazione. Sempre nel campo dello sviluppo e del servizio sociale, aveva incoraggiato l’istituzione di un gruppo di apostolato dedicato ai bisognosi e ai sofferenti. Una missione cominciata con i carcerati e le loro famiglie, e presto estesa ad altri gruppi: tra questi, i sordomuti, i ciechi, le ragazze madri, i disabili.

Problemi di salute, come detto, gli avevano imposto una pausa pastorale tra il 29 settembre 2002, quando aveva dovuto rinunciare al governo della diocesi, e il 30 marzo 2006, quando era stato eletto patriarca di Alessandria dei copti. Il 7 aprile dello stesso anno il Papa gli aveva concesso la “ecclesiastica communio”. È stato anche presidente dell’Assemblea generale della gerarchia cattolica d’Egitto e membro del Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente.

Il 18 marzo 2010, avendo raggiunto l’età di 75 anni, aveva presentato al Sinodo patriarcale la rinuncia all’ufficio di patriarca, ma l’assemblea gli aveva chiesto all’unanimità di proseguire nel suo incarico. Al quale ha poi rinunciato il 12 gennaio 2013.