La risposta è la cura

TOPSHOT - Nurses carry babies to the basement of maternity hospital as sirens warning for air raids ...
25 marzo 2022

Hanno molto colpito le parole pronunciate dal Santo Padre ieri all’incontro promosso dal Centro Femminile Italiano e i mass-media del mondo hanno, inevitabilmente, sottolineato quel passaggio sull’aumento degli stanziamenti economici di alcuni Stati per l’acquisto di armi come risposta a quanto sta succedendo in Ucraina. Una «pazzia» ha detto il Papa che ha suscitato in lui un moto di vergogna. Il discorso che ha fatto il Pontefice ovviamente è più ampio e complesso e ha a che fare con la politica e la cultura della cura: «...la buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune. Lo prova, purtroppo negativamente, la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo».

Dovremmo quindi concentrare le nostre attenzioni sul cuore del discorso di Francesco che non oggi, ma da nove anni, sta parlando dell’urgenza della cura, non a caso fin dai primi tempi del suo pontificato, ha paragonato la Chiesa a un ospedale da campo. Il cuore del pensiero del Papa è quindi la cura. Quella vera, cioè quella che affronta le cause, non i sintomi del male. E le cause si trovano in quella «vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica […] si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri». Il Papa ieri ha proposto la risposta, quella “vera”, cioè la cura efficace che «non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato — non facendo vedere i denti, come adesso —, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare».

Se l’attenzione di chi osserva le parole e le “mosse” del Pontefice, come se fosse un altro soggetto politico che insieme agli altri ha mire e strategie da seguire, si concentra sul dettaglio, rischia di perdere il senso dell’insieme, dello sguardo ampio e spirituale di un uomo che è pastore e non un politico. Un pastore che comprende che il mondo ha bisogno di medici, non di chirurghi. Come ogni organismo vivente ferito, il mondo ha bisogno innanzitutto di cura, non di operazioni chirurgiche che arrivano sempre quando è troppo tardi e producono altre ferite, altro sangue, senza uscire dalla “vecchia logica” del potere. Ci vuole un medico, e possibilmente un medico di famiglia, uno che conosce il paziente perché ne conosce anche i genitori, le cause antiche che producono quei sintomi che oggi affliggono il malato e chi gli sta intorno. Un medico che indica la cura che agisca nel profondo, colpendo il male alla radice. Proprio come avviene nel Vangelo quando Gesù ci invita ad andare al cuore dei problemi umani senza perderci nei dettagli legalistici: «Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore».

Ieri il Papa si è rivolto alle donne, a tutte, non solo a quelle raccolte in udienza, e si è affidato alla loro forza di essere curatrici: «le donne possono cambiare il sistema se riescono, per così dire, a convertire il potere dalla logica del dominio a quella del servizio, a quella della cura. C’è una conversione da fare: il potere con la logica del dominio, convertirlo in potere con la logica del servizio, con la logica della cura», questa è «anche — direi soprattutto — la scuola di innumerevoli donne che hanno coltivato e custodito la vita; di donne che hanno curato le fragilità, che hanno curato le ferite, che hanno curato le piaghe umane e sociali; di donne che hanno dedicato mente e cuore all’educazione delle nuove generazioni».

Queste le parole di ieri che rivelano già in controluce il gesto di oggi. Oggi infatti la parola lascerà il campo alla preghiera che, ancora una volta, sarà rivolta a una Donna.

di Andrea Monda