Testimonianze
La carità sulla linea del fronte

Vi racconto l’orrore...
e non è un film

 Vi racconto l’orrore... e non è un film  QUO-066
22 marzo 2022

Continuiamo la nostra raccolta di testimonianze di solidarietà cristiana lungo le strade della sofferenza qui in Ucraina. Don Mykola Luchynskyi è parroco di Cristo Re a Khmelnytskyi.

Don Mykola: Sin dall’inizio dell’invasione russa sull’Ucraina, nella nostra parrocchia di Cristo Re dell’Universo a Khmelnytsky, insieme al vescovo Leon Dubravskiy e ai volontari del Csp (un gruppo cattolico di soccorso), è stato aperto un centro di aiuto nella crisi. Una specie di pronto soccorso ai profughi. Ogni giorno giungono nella nostra parrocchia circa 50 persone, che hanno bisogno di vitto e di alloggio. Molti sono in transito verso il confine polacco, ma spesso si fermano più a lungo perché sono timorosi e titubanti a varcare le frontiere lasciandosi un’intera vita alle spalle.

Le persone che accogliamo si trovano nella paura e nello stress, e ringraziano con le lacrime agli occhi. Gli orrori della guerra hanno costretto le famiglie con bambini piccoli a cercare un rifugio. Arrivando qua, parlano di bombardamenti nei quartieri civili e di persone uccise per le strade. Hanno un gran bisogno di raccontarsi e di essere ascoltati.

Zhuk Svetlana Alexandrovna : Ho 71 anni. Sono stata una insegnante. Sono triste e amareggiata nel guardare a ciò che sta accadendo qui in Ucraina. Io sono russa, ma ora mi vergogno a dirlo, perché non riesco a capire come i russi, fratelli di sangue, possano fare questo ai loro fratelli ucraini. Vengo dalla città di Chernihiv, che durante la guerra, iniziata il 24 febbraio, è stata insignita del titolo di “Città Eroe”. Sì, è una città eroica, perché abbiamo coraggiosamente resistito e difeso le nostre case. Ma avremmo volentieri fatto a meno di questo titolo. Sapete quanto è difficile vedere persone — bambini e anziani — che muoiono davanti ai tuoi occhi. Immaginate la gente che sta in fila per il pane, mentre dall’alto cadono le bombe e i missili. Non è possibile guardare senza lacrime. E il mondo intero deve sapere che l’Ucraina è un Paese che ama la pace. Perché sta succedendo tutto questo? Perché non si riesce a fermare questa folle violenza? Chiediamo di non sentire più rumori di morte venire dal cielo. Alla gente non resta che piangere e andarsene dalle proprie case. Ora noi siamo arrivati a Khmelnytskyi, nella parte occidentale dell’Ucraina. Qui siamo stati accolti molto bene. Adesso abbiamo un alloggio nella chiesa cattolica. Ci è stato dato un riparo, abbiamo un letto, le persone sono amichevoli. Ma intanto altre città sono allo stremo: Chernihiv, Mariupol, Kharkiv, Sumy. Abbiamo bisogno che il mondo intero lo sappia. Siamo stati fortunati a lasciare Chernihiv. Insieme con me c’è mia figlia, con suo marito Anatoly e la mia consuocera Tamara. Mia figlia maggiore si trova a Vinnytsya con i bambini. Prima di arrivare qui siamo stati per settimane nella casa della consuocera a Chernihiv, nascondendoci nel seminterrato, perché venivamo costantemente bombardati. Siamo partiti mercoledì e ci sono voluti due giorni per arrivare qui. I volontari ci hanno aiutato. Siamo partiti con la prima colonna. I militari ci hanno accompagnato, siamo fuggiti con successo. La colonna successiva, che era dietro di noi, è stata bombardata. I bambini sono stati uccisi. Il mondo dovrebbe sapere tutto questo, perché molti non ci credono. Non è una fantasia, è una realtà. La cosa peggiore è che solo le donne e i bambini se ne vanno, e padri e mariti sono rimasti lì. La nostra colonna si è formata vicino alla scuola, e quando vedi quanti bambini sono in piedi con gli zaini, piccoli bambini che piangono sulle braccia dei loro madri, non riesci più a guardare. Ora a Chernihiv le poche famiglie rimaste vivono in scantinati senza luce, non hanno né acqua ne riscaldamento, solo un po’ di gas. E così è sin dal 24 febbraio. Si parla spesso di informazioni propagandistiche, di fake news: ma questo non è un film, è quello che hanno visto i miei occhi.

di Pavlo Basisky