Il gesuita Gianfranco Ghirlanda

La novità del ruolo dei laici

 La novità  del ruolo dei laici  QUO-065
21 marzo 2022

Il ruolo dei laici; quello delle Conferenze episcopali, delle loro Unioni e delle Strutture gerarchiche orientali; la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e gli Organismi economici: questi i quattro punti focali della costituzione apostolica Praedicate Evangelium evidenziati nell’intervento del gesuita Gianfranco Ghirlanda.

In primo luogo, il religioso gesuita sottolinea che il ruolo dei laici all’interno della Curia romana è «un aspetto innovativo» del documento, poiché mette in luce che «chi è preposto ad un Dicastero o altro Organismo della Curia non ha autorità per il grado gerarchico di cui è investito, ma per la potestà che riceve dal Romano Pontefice ed esercita a suo nome». L’autorità, in sostanza, è espressione non di una potestà propria, bensì di una «potestà vicaria» conferita dal Papa e che resta la stessa se «ricevuta da un vescovo, da un presbitero, da un consacrato o una consacrata oppure da un laico o una laica».

Ciò conferma, sottolinea padre Ghirlanda, che «la potestà di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’Ordine, ma dalla missione canonica» e che «l’uguaglianza fondamentale tra tutti i battezzati, anche se nella differenziazione e complementarità, fonda la sinodalità».

Si tratta di uno «spirito collegiale», afferma il religioso canonista, che ispira e guida anche l’attività delle Conferenze episcopali e che muove alla collaborazione tra le Conferenze di diverse regioni e pure continenti, «dando adito in tal modo alle Unioni regionali e continentali». Esse, infatti, ciascuna secondo la propria natura, sono un valido strumento che contribuisce, in forma molteplice e feconda, all’attuazione dell’affetto collegiale tra i membri del medesimo episcopato e provvede al bene comune delle Chiese particolari mediante un lavoro concorde e ben collegato dei rispettivi pastori, espressione di una cooperazione stretta ed indice della necessità della concordia di forze, quale frutto dello scambio di prudenza e di esperienza per il bene della Chiesa tutta».

Quanto alla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che ora viene istituita presso il Dicastero per la Dottrina della Fede con la stessa funzione consultiva e le stesse finalità che già aveva, il professore Ghirlanda evidenzia come, così facendo, l’organismo «diventa parte effettiva della Curia romana, pur conservando una sua certa autonomia, perché è presieduta da un suo presidente delegato e da un segretario, nominati per cinque anni dal Romano Pontefice, ha i suoi ufficiali ed opera secondo norme proprie».

Ma non solo: la sua integrazione all’interno della Curia romana «mostra un’attenzione particolare» alla tutela dei minori ed indica «quanto la Chiesa stia operando per prevenire che delitti tanto gravi continuino ad essere perpetrati da parte di chierici, membri di Istituti di Vita Consacrata e di Società di Vita Apostolica e da fedeli che godano di dignità o compiano un ufficio o una funzione nella Chiesa».

Su questo punto, il canonista gesuita insiste, ribadendo che «è importante, benché sia piuttosto difficile, presentare e far conoscere all’opinione pubblica, nonché alla stessa comunità ecclesiale, l’insieme degli sforzi crescenti e significativi che la Chiesa ha articolato in questi anni in merito alla protezione dei minori», anche in contrapposizione a «l’enfasi dei media» i quali, «con un’attenzione a volte insana», guardano più agli scandali, piuttosto che «ad una più sana considerazione su come combattere gli abusi sessuali, non solo nella Chiesa, ma anche nella società».

Il professor Ghirlanda cita, poi, gli organismi economici previsti dalla costituzione apostolica, ovvero: il Consiglio per l’Economia, la Segreteria per l’Economia, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, l’Ufficio del Revisore Generale, la Commissione di Materie Riservate, il Comitato per gli Investimenti. «Eccetto l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica — sottolinea il religioso— sono tutti stati istituiti da Papa Francesco» e il loro compito primario i per far sì che «i beni temporali della Chiesa siano amministrati secondo i fini per cui la Chiesa li possiede: ordinare il culto divino, provvedere ad un onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, esercitare opere di apostolato sacro e carità, specialmente a servizio dei poveri».

Come ultimo punto, ma non meno importante, padre Ghirlanda si sofferma sulla «riforma interiore»: le Istituzioni della Curia, in sostanza, possono funzionare se il personale in esse impiegato è qualificato, ovvero si applica «con dedizione e professionalità, avendo competenza negli affari che deve trattare, acquisita mediante lo studio e l’esperienza, alimentati da una formazione permanente». Ma tutto ciò, aggiunge, deve essere inquadrato «in un’esemplarità di vita, che comporta dedizione, spirito di pietà e di accoglienza nello svolgimento delle proprie incombenze e anche un’esperienza di servizio pastorale».

Tale principio vale anche per i più alti gradi di responsabilità, mette in luce il rettore emerito della Pontificia Università Gregoriana, dove è stato anche docente di diritto canonico, «in modo che le nomine non siano dettate da criteri di avanzamento di carriera o di scambi di favori, ma da criteri di servizio, in quanto persone incompetenti, specialmente nei posti di dirigenza, sono estremamente dannose».

A tal proposito, Ghirlanda richiama due norme ritenute opportune: quella secondo la quale «le nomine sono tutte per cinque anni, per cui se la persona risulta inadatta per l’incarico ricevuto, non viene rinnovata in esso» e la norma per la quale «gli officiali chierici o membri di Istituti di Vita Consacrata o di Società di Vita Apostolica, scaduti i cinque anni d’incarico, ritornino alla propria diocesi o al proprio Istituto o Società, onde evitare un carrierismo automatico». Tuttavia, nel caso in cui la persona sia valida e «in lei non si vedono aspirazioni di carriera, è bene che le sia rinnovato l’incarico», in ottica che guardi ai criteri di «razionalità e funzionalità».

Infine, il gesuita conclude il suo intervento evidenziando che la Curia deve essere animata dalla «spiritualità», che «si alimenta della relazione di tutti i suoi membri con Cristo, per cui il servizio che viene prestato è unito all’esperienza dell’alleanza con Dio, nella consapevolezza gioiosa di essere discepoli-missionari al servizio di tutto il popolo di Dio».