Testimonianze
La carità sulla linea del fronte

La preghiera comune
ci aiuta a sopravvivere

 La preghiera comune  ci aiuta a sopravvivere  QUO-063
17 marzo 2022

A Gorodok 80 chilometri distante da Kamyanets-Podilskyi si trova il Seminario diocesano e l’Istituto di scienze religiose. Da lì ricevo queste testimonianze condivise per i lettori de «L’Osservatore Romano».

Don Oleg Zharuk (rettore dell’Istituto di scienze religiose): «Sin dall’inizio della guerra, cioè dal 24 febbraio, abbiamo ospitato nel nostro istituto persone provenienti da Kiev, Gostomel, Bucha, Irpin, in seguito anche da Kharkiv e dalle aree circostanti. Durante questo periodo, qui sono passate circa 200 persone: la maggior parte famiglie. C’ è stato anche chi è dovuto rimanere a lungo, perché non sapeva dove andare. Oltre all’alloggio i residenti ricevono gratuitamente tre pasti al giorno. Tutto questo riusciamo a garantirlo grazie alle donazioni che arrivano sia dai nostri parrocchiani sia dall’estero e così possiamo acquistare ciò che è necessario. Che Dio li benedica!».

Iryna Alyokhina (di Kharkiv): «Mi sono svegliata con il rumore dell’esplosione, ho pensato magari sono i militari che si esercitano... Era difficile credere alla realtà. Pensavo che sarebbe passato dopo un po’ di tempo, che finalmente ci saremmo seduti a casa e sarebbe finita. Ma le speranze erano vane. Poi tutto è peggiorato. Le suore mi hanno suggerito di andare con loro a Gorodok. Ho accettato. Ma quando ero seduta in macchina il mio cuore è andato in pezzi. Volevo tornare indietro e aiutare. Per me è ancora come un brutto sogno. Era difficile concentrarsi su qualsiasi cosa e raccogliere i miei pensieri. Sono venuta qui con uno zaino e tutta la mia vita è rimasta lì, a Kharkiv. Non voglio lasciare la mia patria. Fino a quando non potrò tornare nella mia città natale, sarò una volontaria: per aiutare le persone che sono rimaste senza casa come me».

Suor Maria (congregazione di San Paolo di Chartres a Kharkiv): «Noi abbiamo due comunità in Ucraina: a Kharkiv e a Obukhov. A Kharkiv, siamo impegnati nel servizio pastorale per la diaspora vietnamita. Le suore lavorano anche nella Caritas, curano le persone con il metodo dell’agopuntura. Prima ero impegnata in sacrestia, poi nella catechesi e nel servizio ai poveri. Quando tutto è iniziato, era la mattina del 24 febbraio, abbiamo sentito un forte rombo di bombe, avevamo paura, ma senza grave spavento. Non appena è iniziata la guerra il vescovo ci ha suggerito di andarcene. Era già molto pericoloso. Siamo rimaste. Ora abbiamo scelto di andare all’estero, ma quando la guerra sarà finita, speriamo di tornare. Amiamo l’Ucraina, ci pensiamo sempre e preghiamo, anche se non possiamo fare qualcosa di straordinario per le persone. Spesso chiamiamo al cellulare quanti sono rimasti nelle nostre parrocchie, cerchiamo di dare una parola di sollievo e di conforto. Spesso comunichiamo con i nostri parenti e con gli amici all’estero, raccontiamo della situazione in Ucraina, raccontiamo la verità sull’Ucraina, di quello che abbiamo visto con i nostri occhi. È un piccolo aiuto da parte nostra.

Don Viktor Bilous (rettore del seminario diocesano): «Il seminario si trova a sud ovest del paese. Per adesso ciè stata risparmiata l’esperienza dei bombardamenti e delle uccisionisiamo in una zona finora tranquilla. Ogni tanto quando c’è l’allarme aereo scendiamo al rifugio per nasconderci. In questo periodo abbiamo accolto e integrato il seminario diocesano della diocesi di Kyiv e Zhytomyr. Tutto il processo della formazione: preghiere, lezioni, studio, cibo, lavoro, pastorale viene fatto insieme. Per i seminaristi è un’esperienza di vita che credo li renderà più forti e in futuro buoni pastori. Tra seminaristi, personale ed educatori siamo circa 50 persone. Oltre questo bisogna dire che ogni giorno accogliamo tanti rifugiati dalle diverse città: Kiev, Kharkiv, Zaporizhia, Mariupol. La gente ci racconta le proprie storie, come hanno vissuto nelle loro città e come sono scappati. Si fermano per un paio di giorni e poi continuano verso la Polonia, la Slovacchia, o altri paesi. In questi momenti così duri ci aiuta prima di tutto la preghiera. Ogni giorno abbiamo la Via Crucis e più ore di adorazione eucaristica. E poi tanto lavoro di solidarietà agli sfollati. Da tutto il mondo ci arrivano parole di sostegno e solidarietà, ci sono particolarmente di conforto quelle di Papa Francesco. Noi gli siamo molto grati. La preghiera comune ci aiuta a sopravvivere».

di Pavlo Basisky