La Messa presieduta in San Pietro dal cardinale Parolin alla presenza del corpo diplomatico

Invocando la pace
in russo e in ucraino

 Invocando la pace   QUO-063
17 marzo 2022

«In questa solenne basilica ci rivolgiamo a Dio con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina ripetendo con Papa Francesco: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza». Un vibrante appello e una accorata preghiera hanno segnato la celebrazione della messa per la pace che il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha presieduto, nel pomeriggio di mercoledì 16 marzo, in San Pietro all’altare della cattedra.

Alla presenza del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. In prima fila c’erano i rappresentanti diplomatici di Russia e Ucraina.

«Siamo qui questa sera per implorare da Dio il dono della pace in Ucraina e per chiederGli di aiutare ogni uomo e ogni donna di buona volontà ad essere artigiano di pace» ha affermato il cardinale all’inizio dell’omelia. Rilanciando le parole di Gesù nel discorso della Montagna: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».

All’invocazione di pace del cardinale hanno fatto eco, nella celebrazione, le intenzioni di preghiera. In russo si è pregato «per i governanti delle Nazioni, perché il Signore della storia li sostenga nell’impegno per l’edificazione del bene comune e li renda coraggiosi nella ricerca della concordia e della pace». In ucraino per quanti «sono provati dalla guerra, in particolare per le vittime e per i feriti, per coloro che hanno perso la propria casa, per gli sfollati, per i bambini, per gli anziani e le persone sole perché il Signore doni loro speranza e consolazione». E in polacco «per tutte le persone di buona volontà impegnate nella promozione di opere di pace e di convivenza fraterna, specialmente per quanti si stanno adoperando a fornire aiuto e conforto ai profughi».

Con il segretario di Stato hanno concelebrato, tra gli altri, l’arcivescovo Waldemar Stanisław Sommertag, nunzio apostolico, e monsignor Andriy Maksymovych, officiale della Segreteria di Stato.

Erano presenti gli arcivescovi Edgar Peña Parra, sostituto per gli affari generali, e Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati; l’assessore, monsignor Luigi Roberto Cona; i sotto-segretari per i Rapporti con gli Stati, monsignor Mirosław Stanisław Wachowski e Francesca Di Giovanni; il sotto-segretario della Sezione per il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede, monsignor Mauricio Rueda Beltz.

«La pace è una caratteristica di Dio stesso» ha spiegato il cardinale Parolin. Tanto che «San Paolo lo chiama “il Dio della pace”. Egli ama la creazione e l’umanità con cuore di Padre ed ha su tutti “progetti di pace e non di sventura”. Per questo, chi si prodiga per la pace somiglia a Lui, è suo figlio».

«Ben differente è la realtà che stiamo sperimentando» ha riconosciuto il porporato. «Ma se noi siamo qui a pregare per la pace è perché siamo convinti che la preghiera non è mai inutile, che la preghiera può incidere anche sulle situazioni più umanamente disperate, che, soprattutto, può cambiare cuori e menti».

Ringraziando «il Corpo Diplomatico per aver voluto questo momento di preghiera», il cardinale ha suggerito di lasciarsi «illuminare dalla Parola di Dio» ascoltata nella liturgia. A partire dal brano evangelico con il desiderio della madre dei figli di Zebedeo «che vuole il meglio per i suoi figli»: «richiesta che fa a pugni» con le parole di Gesù. «In fondo, si tratta dello scontro tra due diverse logiche: la gloria di Dio che passa attraverso la croce, e la gloria degli uomini che è ricerca di successo mondano e di potere».

Ed è «su questo duplice concetto di gloria» che «si gioca la nostra esistenza e la storia del mondo intero». La proposta di Gesù è chiara: «Chi vuol essere grande deve diventare piccolo e chi vuol essere il primo deve mettersi al servizio umile degli altri, sull’esempio di Lui che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Gesù stesso, ha ricordato, «si toglie la veste, cinge un asciugatoio e lava i piedi ai discepoli».

Ma «se mettessimo davvero in pratica» le parole e l’esempio di Gesù «tutti i conflitti della terra a poco a poco scomparirebbero» ha affermato il segretario di Stato. Sì, ha insistito, «tacerebbero le armi, anzi non si dovrebbero nemmeno produrre». Infatti «la pace che Dio ci insegna è strutturata da relazioni dove, invece di schiavizzarsi e di combattersi a vicenda, ci si serve e si è utili a vicenda, ci si libera e si cresce insieme, in modo che uno esiste per l’altro, uno fa crescere l’altro».

Facendo poi riferimento all’esperienza del profeta Geremia, presentata nella prima lettura, il cardinale ha ripetuto che la guerra trova la sua radice in quel «profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo», di cui parla il Concilio Vaticano ii nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes . «Il problema quindi non è solo di carattere politico o economico, ma fondamentalmente spirituale».

Proprio su questo piano spirituale il segretario di Stato ha invitato a «lasciarsi interpellare» per «fissare nel nostro cuore le parole di Gesù: il credente, con la sua parola e con la sua vita testimonia che la gloria di Dio non è opprimere, ma esattamente il contrario; ed è quella gloria che davvero riempie il mondo di bellezza, di bontà, che dà vita e costruisce la pace».

E restano sempre attualissime «le quattro condizioni fondamentali per costruire la pace nella storia” indicate da san Giovanni xxiii nell’enciclica Pacem in terris: «Il rispetto della verità, la tensione verso la giustizia, l’amore fraterno che rifugge dai mezzi violenti, la libertà che esclude ogni soffocante imposizione».

«“Vi lascio la pace” è l’eredità di Gesù» ha fatto presente il cardinale Parolin. Per questo non si deve mai perdere la speranza: «Chi ama sul serio la pace di Cristo, chi tra mille ostacoli e mille opposizioni le rende testimonianza, chi nella preghiera chiede ogni giorno al Signore che la vera pace regni, costui efficacemente contribuisce, almeno un poco, a rendere la terra più misericordiosa e più umana».

E, in conclusione, ha pronunciato un’intensa preghiera a Gesù «Principe della Pace» ricordando chi sta soffrendo, soprattutto i bambini: «Salva questa terra dalla distruzione della morte diffusa, fa che tacciano le armi e risuoni la dolce brezza della pace. Signore Dio della speranza, abbi pietà di questa umanità sorda e aiutala a ritrovare il coraggio del perdono».