L’iniziativa dei religiosi di Leopoli per i rifugiati

Taxi francescani

 Taxi francescani  QUO-062
16 marzo 2022

«Ormai Leopoli è piena come un uovo, non si trova neanche un giaciglio». A parlare è fra’ Mikola Orach, un giovane frate minore conventuale che riusciamo a contattare telefonicamente nella sua casa religiosa che ospita alcune decine di rifugiati. Al momento, nella struttura ne sono presenti una trentina. «La nostra casa non è molto grande— dice —, ma abbiamo riconvertito, con coperte e materassi ricevuti in donazione, le sale per le riunioni e gli incontri di preghiera. La maggior parte delle persone che ospitiamo rimane per poco tempo. Leopoli, infatti, è vicina al confine: è gente che si ferma per una o due notti, per rifocillarsi e riposarsi da un lungo e spesso avventuroso viaggio, prima di passare in Polonia».

In genere, continua il religioso, si tratta di «giovani mamme con bambini piccoli che hanno bisogno di una pausa. Per molte di loro è una pausa non solo fisica, ma anche psicologica e spirituale. Noi diamo loro cibo e coperte, ma soprattutto parole di conforto. C’è, ed è importante, anche una carità della parola».

Le persone che restano a lungo, invece, sono soprattutto «gli anziani che non vogliono lasciare il Paese, ma hanno paura a restare da soli nelle loro case».

Al momento, a Leopoli «non ci sono esplosioni. È stato bombardatosolo l’aeroporto fuori città, ma quando si fa buio suonano più volte le sirene degli allarmi antiaerei».

Fortunatamente, la solidarietà non manca: «Da Polonia, Italia, Germania, Regno Unito e da molti altri Paesi — sottolinea fra’ Orach — arrivano regolarmente camion e pulmann carichi di generi di prima necessità».

Il religioso sottolinea, in particolare, l’arrivo di «un buon numero di volontari, soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, che si occupano dei bambini e dei minori rimasti soli». In quanto non accompagnati, infatti, essi «non potrebbero attraversare il confine, ma i volontari hanno stabilito un accordo con il governo, così possono portarli loro in strutture protette o sanitarie della Polonia».

Esistono, poi, veri e propri “taxi francescani”: «Per chi non ha mezzi per raggiungere il confine o non ha denaro per pagare le auto pubbliche, tanto più che in alcuni casi le tariffe sono decuplicate — racconta il religioso francescano — mettiamo a disposizione i nostri pulmini che fanno avanti e indietro più volte al giorno».

Alla solidarietà con i rifugiati chiama anche padre Giulio Cesareo, portavoce del sacro convento di Assisi «Stiamo dando il massimo supporto ai nostri frati in Ucraina. E invitiamo tutti ad aiutarci a farlo».

di Roberto Cetera