Accanto a chi fugge al confine con la Polonia

La rotta della speranza

 La rotta della speranza  QUO-062
16 marzo 2022

Lungo la strada tra il confine polacco e Leopoli, poco fuori la città, si trova un Centro polivalente dell’arcidiocesi di Leopoli, che include il seminario, la scuola di teologia, una residenza per sacerdoti e religiosi, la mensa. Nei locali della struttura sono ospitati decine di rifugiati, donne con bambini in attesa di lasciare il Paese, anziani. Dormono sdraiati su materassi posti a terra, curati da alcune dottoresse che li sostengono con medicinali e un supporto psicologico.

«Siamo molto grati a Papa Francesco — dice ai media vaticani l’arcivescovo di Leopoli, monsignor Mieczyslaw Mokrzychi, presente all’interno del Centro —. Dall’inizio del conflitto, il Pontefice è sempre stato accanto al nostro popolo, alla nostra Chiesa, manifestando la sua vicinanza con tanti gesti. Ha chiamato tutto il popolo cristiano alla preghiera e al digiuno per aiutarci in questa difficile situazione, ma anche per invocare la fine di questa guerra». Il Papa, sottolinea ilpresule, «ha voluto essere presente con noi inviando qui il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio. È stato un gesto molto significativo per noi».

Quella che si sta vivendo è una guerra sanguinaria che distrugge, sottolinea l’arcivescovo di Leopoli: «La gente sta soffrendo, scappa da questa difficile situazione. Nessuno di noi si aspettava che, in tempi moderni, si potesse scatenare un conflitto simile perché, ormai, nel mondo si può vivere in pace. Invece, ora sperimentiamo sulla nostra pelle questa terribile guerra che toglie la vita, la libertà e crea tanta sofferenza».

Forte è la commozione nel vedere tanta gente che cerca di fuggire da questo trauma e di salvare tanti bambini attraversando la frontiera con la Polonia. «Cerchiamo di aprire non solo le nostre case, ma anche i nostri cuori — afferma monsignor Mokrzychi — perché c’è bisogno di un’accoglienza amorevole, calorosa. Nelle parrocchie, tentiamo di offrire ospitalità e supporto psicologico ai rifugiati. Alcuni restano per pochi giorni, altri vogliono rimanere qua a lungo. Noi continuiamo a pregare. La nostra speranza è che Dio ponga fine a questa situazione».

All’apparenza, Leopoli sembra una città normale: la vita scorre tranquilla, nonostante il bombardamento a poca distanza avvenuto domenica scorsa. Tanti giovani in giro, bar pieni, negozi aperti. Alla stazione, arrivano molti rifugiati dalle zone più interne dell’Ucraina, quelle più colpite dalla guerra. I treni viaggiano ancora in modo regolare. Più radi come frequenza oraria, ma da Kiev si arriva ancora a Leopoli e Cracovia. La città si prepara però a un temuto attacco dal cielo. Le statue della cattedrale vengono protette da squadre di operai con una sorta di imballaggio per evitare la loro distruzione, così come si elevano barriere di legno e ferro a protezione dei muri della chiesa.

Nella sede del comune di Leopoli, in pieno centro cittadino, ci riceve, con la delegazione delle Confraternite delle Misericordie d’Italia guidata dal presidente Domenico Giani, il sindaco Andriy Sadovyy. Ci ringrazia. Per lui, la presenza fisica delle Misericordie e dei media vaticani è un atto di solidarietà concreta per la pace e i bisogni della città. «Avete vinto la guerra con il vostro coraggio — dice —. Molti hanno testimoniato solidarietà collegandosi via web. La vostra presenza è un gesto concreto di vicinanza e condivisione dei nostri bisogni».

La popolazione di Leopoli, 120 mila abitanti, è raddoppiata per la presenza di rifugiati, racconta il sindaco: «Ogni giorno arrivano molte persone. Cerchiamo di dare il massimo supporto a tutti, garantendo il funzionamento dei servizi pubblici,, dell’elettricità, del gas». Ma c’è bisogno di cibo, medicinali, abbigliamento per donne e bambini, denaro. Ogni giorno, si spende un milione di dollari per i servizi essenziali e per l’accoglienza dei rifugiati che arrivano dall’intera nazione.

«Io credo nel mio Paese — conclude Sadovyy —. Quando la guerra sarà finita, ricostruiremo città e infrastrutture grazie alla collaborazione di tutti gli ucraini».

da Leopoli
Luca Collodi