Testimonianze dalla Moldavia e dalla Romania

L’ombra dei trafficanti
sui profughi

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15 marzo 2022

Sulla tragedia dell’Ucraina ora si allunga l’ombra della tratta di esseri umani. La maggior parte dei tre milioni di profughi è fatta da donne sole con bambini. Lo abbiamo visto a Palanca in Moldavia, a Sighet e a Siret in Romania, valichi di frontiera dove ogni giorno arrivano migliaia di persone in fuga dalla guerra. Le diocesi della zona stanno allestendo gruppi di lavoro per evitare che questo turpe traffico si sommi al conflitto scatenato dalla Russia. Mediamente, ogni giorno, in Moldavia e Romania entrano non meno di 12.000 persone e i trafficanti, purtroppo, si sono già fatti vivi.

Una donna di 20-25 anni da sola con bambino, disperata perché non sa quale è il suo futuro ma anche il suo presente, rischia di essere una facile preda per questi mercanti di vite umane. «Questa è una realtà che ormai non è all’orizzonte, ma è quotidiana — ci ha detto don Cesare Lodeserto, vicario episcopale a Chisinau in Moldavia —. A motivo di ciò abbiamo creato una struttura per le figure più fragili, per i minori, per le giovanissime con figli piccoli. Dobbiamo essere attenti a questo fenomeno per non rendere l’accoglienza sommaria e casuale. Serve un’accoglienza mirata, protetta per i rifugiati in tutte le loro necessità. La struttura che abbiamo allestito è guidata da due sacerdoti, di cui uno di madrelingua russa, per avere un approccio ancora più diretto, e conta sulla presenza di uno psicologo e di un mediatore. Queste sono persone che accompagnano i rifugiati in tutte le loro necessità, come documenti e viaggi».

Don Lodeserto dice che c’è evidenza di trafficanti sul posto, evidenza confermata da vari organismi internazionali. In tutta Europa nel 2018 le vittime di tratta sono state non meno di 26.000. «Quindi parliamo di un rischio di adescamento di donne e minori, di minori non accompagnati. Attualmente qui in Moldavia ci sono 120.000 rifugiati. Ci sono stati casi di donne che sono state avvicinate, ci sono soggetti italiani ed europei qui presenti e noi stiamo cercando di ostacolare tutto questo soprattutto attraverso l’informazione», sottolinea don Cesare Lodeserto. «Le autorità locali sono impegnate a contenere il numero di rifugiati in una terra, la Moldavia, molto povera e che teme di essere invasa da un momento all’altro», aggiunge.

Il pericolo del traffico di esseri umani è confermato anche dalle diocesi romene. «Proprio dall’inizio — dice don Iacib Iosif, direttore della Caritas di Iasi — abbiamo cercato di registrare le persone che sono arrivate nelle nostre strutture, penso alla parrocchia di Sighet La nostra rete delle Caritas sta monitorando la situazione per avere ben chiaro il cammino di chi decide di rimanere, o di lasciare la Romania per andare in altri Paesi europei. Comunque, da questo punto di vista c’è una collaborazione con le istituzioni e questo perché le emergenze sono tante, pensiamo solo a coloro che non hanno i documenti. Dobbiamo stare attenti a tutti coloro che vanno e vengono dalla dogana, a coloro che nella confusione di quei luoghi cercano di intercettare i soggetti più deboli. Comunque ci sono incontri costanti anche con le autorità statali. Il nostro personale partecipa a questi incontri per risolvere la situazione».

Oradea, nel nord della Romania, è un po’ più defilata rispetto al flusso principale dei rifugiati. Il vescovo monsignor Virgil Bercea dice però chiaramente che solo un’accoglienza diffusa può fugare il rischio dei trafficanti. «Certe famiglie che sono rimaste qua hanno già partecipato la domenica alla celebrazione della messa. E questo è importante perché ho chiesto ai sacerdoti nelle messe giornaliere e della domenica di pregare per la fine della guerra, per la pace in Ucraina e nel mondo. Ho incontrato gente dall’Ucraina che piangeva e mi ringraziava perché ha sentito, nominata più volte durante la messa, la loro terra martoriata e allora mi rendo conto che la preghiera e l’avvicinamento spirituale sono fondamentali. Infatti non è sufficiente dare a questa gente soltanto un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua, ma è fondamentale dare lo anche la speranza».

da Chisinau
Alessandro Guarasci