In un libro il racconto dell’arcivescovo Paolo Pezzi

Storia di una piccola Chiesa

 Storia  di una piccola Chiesa  QUO-057
10 marzo 2022

Tutto è iniziato da un piatto di brodo con una patata, le sole cose che un’anziana di un villaggio sperduto della Siberia mette in tavola come pranzo di Natale per don Paolo che le aveva portato la Comunione. Ma è lì che quel giovane sacerdote dall’impeto missionario, appena arrivato in Russia, capisce che quella è la sua Betlemme e che in quella terra avrebbe realizzato a pieno il suo sacerdozio. Un legame che dura oramai da trent’anni, tanto che talvolta le parole italiane escono fuori… in russo, e che Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, racconta adesso in La piccola Chiesa nella grande Russia (Milano, Edizioni Ares, 2022, pagine 192, euro 16) scritto con Riccardo Maccioni, responsabile delle pagine religiose di «Avvenire». Un racconto che è anche e soprattutto quello di una vita e di una missione, come recita il sottotitolo del libro. Così come di una affezione totale alla vocazione e a quella Fraternità sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo della quale è stato il primo seminarista, dopo l’incontro con alcuni amici che frequentavano un gruppo di Comunione e liberazione e poi con don Massimo Camisasca, fondatore della congregazione nata nell’alveo della spiritualità di don Giussani.

La vocazione arriva quando Paolo già lavora nella sua Romagna e dopo l’esperienza sentimentale con una ragazza morta in un incidente stradale. Quello che il giovane trova subito è l’abbraccio di un Padre. E di un padre: quando comunica ai suoi di voler diventare prete, il papà senza dir niente gli mette davanti un foglio con 15 domande che avrebbero fatto scappare qualsiasi aspirante seminarista, ma poi commosso lo stringe forte a sé. Ordinato nel 1990, tre anni dopo don Paolo viene destinato alla missione in Siberia: «Degli anni vissuti a Novosibirsk mi è rimasta innanzitutto la percezione chiara di non dover costruire da zero ma, come diceva von Balthasar, di essere “preso a servizio” verso un popolo che esiste già». Nel 2007 arriva la nomina di Papa Benedetto «inattesa, e devo dire che un po’ di sonno l’ho perso» a vescovo di una arcidiocesi grande sette volte l’Italia, con 56 milioni di abitanti, 180mila cattolici battezzati e 120-130 sacerdoti. Grazie al racconto messo giù da Maccioni con perizia professionale e capacità affabulatoria al contempo, si comprende perché Pezzi, in un territorio così esteso ma abitato da un gregge relativamente piccolo, decida di investire tutto il suo essere Pastore nel rapporto con i preti, nel coinvolgimento delle famiglie, dei giovani e dei laici.

L’ecumenismo e il cammino dell’unità — con una bussola data dall’incontro del 2016 di Papa Francesco con Kirill a Cuba — rimbalzano in tante parti del libro: «Incontro i vertici ortodossi con una certa regolarità. Due volte all’anno, a Natale e Pasqua, partecipo alle liturgie celebrate dal patriarca Kirill e in quelle occasioni ho sempre la possibilità di parlare con lui. Con le altre fedi maggiori (ebraismo, buddhismo e islam), le occasioni di incontro sono le feste civili al Cremlino. Recentemente, complice l’enciclica Fratelli tutti, abbiamo avviato un interessante dialogo con una espressione dell’islam russo. Alcuni accademici dell’università islamica hanno tradotto l’enciclica e ne abbiamo fatto una presentazione pubblica».

Ma c’è anche una sorta di “ecumenismo della vita quotidiana” che si realizza, ad esempio, a margine delle visite di Pezzi alle parrocchie. Certo, di ostacoli ve ne sono ma, argomenta il presule, «il maggiore ostacolo è nel nostro cuore. Occorre dirsi con sincerità il desiderio che ognuno di noi ha di mettere al primo posto la comunione rispetto ai propri particolarismi. E poi la prospettiva del camminare, cui Papa Francesco sta dando grande impulso. Occorre prendere coscienza che siamo in cammino e che se procediamo insieme, anche se divisi, siamo però sulla stessa strada».

Una via di incontro è senza dubbio quella della devozione popolare, alla Madonna nelle icone ma non solo. Ed ecco allora che nel 2017, in un mese, oltre due milioni di pellegrini tra Mosca e San Pietroburgo rendono omaggio al frammento della costola sinistra di san Nicola “prestata” dalla diocesi di Bari al Patriarcato di Mosca.

Il pensiero di Pezzi intanto è già rivolto ad un futuro da progettare, senza sprecare le indicazioni che arrivano dalla crisi pandemica: «Ho riscoperto l’attenzione alle altre persone o, per dirla in termini più generali ma non astratti, la radicalità della comunione e delle relazioni». In una Chiesa che intanto ha avviato un cammino sinodale che Pezzi invita a vivere «a vari livelli. La sinodalità è un dinamismo, non una staticità».

L’ulteriore preziosità di questo libro è data anche da alcuni capitoli solo apparentemente “leggeri”, come quello sul tempo libero, tra letture, natura, cucina russa e musica (Pezzi ha anche composto delle canzoni) e con il riuscito artifizio editoriale di una breve intervista messa alla fine, in cui don Paolo risponde ad una serie domande che riportano al bambino e al giovane che fu. E a quel piatto di brodo con una sola patata da cui tutto è iniziato.

di Igor Traboni