La Madonna Odigitria
“parla” di speranza

 La Madonna Odigitria “parla” di speranza  QUO-053
05 marzo 2022

In questa icona ucraina ( xvii-xviii secolo) custodita ai Musei Vaticani, è raffigurato un noto tipo iconografico mariano che replica il celebre modello bizantino della Vergine Odigitria.

Il prototipo era custodito a Costantinopoli nel monastero Odigon e rappresentava la Madre di Dio con il Salvatore sul braccio sinistro, mentre con la mano destra lo mostrava ai fedeli. La parola Odigitria in greco significa, infatti, “colei che indica la via” (della Salvezza). Entrambe le figure erano rappresentate frontalmente: il Bambino benedicente nella mano sinistra recava un rotolo della Legge. Grazie alle numerosissime copie e repliche derivate dalla tavola originale costantinopolitana, l’icona dell’Odigitria diventò molto nota in tutto l’Oriente cristiano, incluse le terre ucraine.

Nell’antica Rus’ di Kyiv, le icone di questo tipo erano già conosciute nel xii-xiii secolo, anche se sembra che nessuna di queste repliche locali, giunte fino ai giorni nostri, possa essere datata prima del xiv secolo.

Sull’opera vaticana la Vergine è raffigurata a mezzo busto, veste una tunica blu con le maniche ornate ed è avvolta da un maphorion rosso con ampie pieghe e bordure dorate. Sulla fronte, e sicuramente anche sulle spalle di Maria oggi non più visibili, erano le tre tradizionali stelle, a simboleggiare la sua perpetua verginità. L’immagine del Bambino, che doveva essere raffigurato a piedi nudi, con chitone e himation, è quasi completamente perduta, restano soltanto parte del braccio e del nimbo; ai lati della Vergine si vedono due medaglioni tondi di colore blu e rosso, abitati dagli angeli. Inoltre, Madre e Figlio sono accompagnati dai loro tradizionali monogrammi.

Nel 2001 è stata realizzata anche una copia dell’opera originale, che ricostruisce in modo ideale la tavola originale semicancellata. Entrambe le icone furono donate a san Giovanni Paolo ii in occasione del viaggio apostolico in Ucraina (2001); in seguito il Pontefice le donò a sua volta alla Congregazione per le Chiese Orientali. Infine, il 17 aprile 2004 le opere sono giunte ai Musei Vaticani.

In questi giorni tragici, la tavola originale, molto danneggiata nel corso della sua storia, sembra rispecchiare la sua terra di origine e il suo popolo, colpiti da una guerra inaspettata.

L’icona ucraina semidistrutta ne diventa quasi un simbolo: alla Vergine e a suo Figlio gli uomini e le donne affidano con speranza il loro destino.

di Pietro Beresh