La prospettiva di Papa Francesco

Un atto di amore
che genera vita

 Un atto di amore che genera vita   QUO-051
03 marzo 2022

L’educazione «è il vettore primario dello sviluppo umano integrale, poiché rende la persona libera e responsabile. Il processo educativo è lento e laborioso, talvolta può indurre allo scoraggiamento, ma mai vi si può rinunciare. Esso è espressione eminente del dialogo, perché non vi è vera educazione che non sia per sua struttura dialogica. L’educazione genera poi cultura e crea ponti d’incontro tra i popoli». Con queste parole, nel Discorso ai membri del corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede, Papa Francesco sottolineava la centralità dell’educazione e dell’istruzione nel mondo di oggi, in quanto — affermava il Pontefice — strumento essenziale «per la crescita spirituale, morale e sociale delle nuove generazioni». In quello stesso discorso, Francesco sottolineava tuttavia la carenza di fondi e di attenzione a questo tema da parte del potere politico. «Duole constatare, invece, come spesso, nei bilanci statali, poche risorse vengano destinate all’educazione. Essa viene vista prevalentemente come un costo, mentre si tratta del miglior investimento possibile» affermava il Papa.

Già nell’ottobre 2020 Francesco aveva evocato con forza il pericolo di una «catastrofe educativa». Davanti a questa realtà drammatica — aveva osservato — «sappiamo che le necessarie misure sanitarie saranno insufficienti se non verranno accompagnate da un nuovo modello culturale. Questa situazione ha fatto crescere la consapevolezza che si deve imprimere una svolta al modello di sviluppo. Affinché rispetti e tuteli la dignità della persona  umana, esso dovrà partire dalle opportunità che l’interdipendenza  planetaria offre alla comunità e ai popoli, curando la nostra casa comune e proteggendo la pace». In questo quadro, «l’educazione è una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia».

Per mettere in luce i diversi aspetti di questa emergenza abbiamo deciso di dedicare questo primo piano al tema dell’educazione e dell’istruzione in un momento così delicato per la storia dell’umanità, alle prese con la pandemia e con il riesplodere della guerra in Europa. 


Pubblichiamo un ampio stralcio da un articolo che apparirà nel prossimo numero della rivista «La Civiltà Cattolica» sul tema dell’educazione nell’insegnamento di Papa Francesco.

Francesco guarda alla scuola al di là dei limiti geografici e dei muri. La definisce «una piattaforma per avvicinarsi ai bambini e ai giovani» (Esortazione apostolica Christus vivit, 221). Infatti, non è fine a se stessa: è una pedana, un’area di appoggio che fa da base ad altre operazioni. È anche «luogo privilegiato di promozione della persona» (ivi).

La scuola non è racchiusa entro confini e orari: li oltrepassa. Rivolta alla realtà circostante e al mondo, offre una proposta educativa per tutta la vita. Papa Francesco ha illustrato di recente una visione più ampia della scuola nel videomessaggio per i 20 anni di fondazione della Federazione latinoamericana dei Collegi della Compagnia di Gesù (Flacsi). In esso ha elencato otto desideri: che le scuole dei gesuiti formino cuori convinti della missione per la quale sono state create; siano «scuole accoglienti», in cui si possano ricomporre ferite proprie e altrui; siano scuole dalle porte aperte realmente e non solo a parole, dove i poveri possano entrare e dove si possa andare incontro ai poveri; non si ripieghino in un elitarismo egoista, ma imparino a convivere con tutti, dove si viva la fratellanza; insegnino a discernere, a leggere i segni dei tempi, a leggere la propria vita come un dono di cui essere grati e da condividere; abbiano un atteggiamento critico sul modello di sviluppo, produzione e consumo che spingono vertiginosamente verso l’iniquità vergognosa; abbiano coscienza e creino coscienza; siano scuole di discepoli e missionari.

Francesco considera l’educazione sotto un triplice aspetto. Essa è anzitutto un atto di amore, perché genera vita nella sua pluridimensionalità, sottrae le persone alla chiusura in sé, le aiuta a entrare in confidenza con la loro interiorità, a mettere in atto il potenziale, ad aprirsi alla trascendenza, ad aiutare gli scartati della società globalizzante. Per il Papa, «l’educazione è una realtà dinamica, è un movimento, che porta alla luce le persone . Sono convinto — dice Francesco nella Laudato si’ — che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo» (15).

L’educazione è anche un atto di speranza, che aiuta a spezzare il circolo vizioso dello scetticismo, dell’incredulità, della cristallizzazione entro concezioni e atteggiamenti contrari alla dignità dell’essere umano. Francesco non si stanca di esortare a non perdere la speranza. Rivolge questo appello a svariate categorie di persone, perché «una globalizzazione senza speranza e senza visione è esposta al condizionamento degli interessi economici, spesso distanti da una retta concezione del bene comune, e produce facilmente tensioni sociali, conflitti economici, abusi di potere» (Discorso ai membri della fondazione «Gravissimum educationis», 25 giugno 2018).

Infine, l’educazione è un fattore che umanizza il mondo perché aiuta a uscire dall’individualismo, ad apprezzare le differenze, a scoprire la fraternità, a rendersi responsabili nei confronti dell’ambiente. Essa è «il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell’io e nel primato dell’indifferenza» (Videomessaggio in occasione dell’incontro «Global compact on education», 15 ottobre 2020).

Il Papa condanna le concezioni del processo educativo che sono incompatibili con il mondo contemporaneo; respinge quell’egemonia nei contenuti che purtroppo è ancora presente in molte scuole, e afferma: «Educare non è solo trasmettere concetti, questa sarebbe un’eredità dell’illuminismo che bisogna superare» (Discorso ai partecipanti al convegno sul tema «Education: the global compact», 7 febbraio 2020). L’educazione non può essere nominalistica, non può limitarsi a trasmettere all’alunno soltanto i «contenuti delle nozioni, in un modo che non completa tutta la dimensione umana, perché la persona, per sentirsi persona, deve sentire, deve pensare, deve integrare questi tre linguaggi così semplici: il linguaggio della mente, del cuore e delle mani» (Messaggio al 24° Congresso interamericano di Educazione cattolica, 13-15 gennaio 2016). La mera trasmissione dei contenuti come concezione educativa è sorpassata, fa notare il Papa, perché «l’educazione formale si è impoverita a causa dell’eredità del positivismo. Concepisce soltanto un tecnicismo intellettualista e il linguaggio della testa. E per questo, si è impoverita» (Discorso ai partecipanti al congresso mondiale promosso dalla Congregazione per l’educazione cattolica, 21 novembre 2015).

Il Pontefice inoltre si schiera contro qualsiasi tentativo di separare la formazione spirituale da quella culturale, sotto il pretesto che lo studio non serve se non riguarda una realtà concreta. Egli afferma: «No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita» (Esortazione apostolica Christus vivit, 223). Sarà inefficace, e si limiterà a riproporre lo schema di una vita consumistica, ogni scuola che non si sforzi di «diffondere un nuovo modello riguardo all’essere umano, alla vita, alla società e alla relazione con la natura» (Laudato si’, 215).

La lettura dei tempi moderni conduce il Pontefice a enumerare cinque fattori che minacciano l’educazione. Anzitutto, è in atto una iniquità educativa, una «catastrofe educativa», che vede 260 milioni di bambini privati di qualsiasi istruzione, per mancanza di risorse, per le guerre e per le migrazioni. Il patrimonio delle cinquanta persone più ricche del mondo basterebbe a garantire l’assistenza medica e l’istruzione di ogni bambino povero.

In secondo luogo, i progressi che i governi oggi progettano di compiere per migliorare l’educazione, presentati nell’Agenda 2030 e nei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu, sono noti, ma insufficienti. Si è verificata una frattura tra le forze che dovrebbero assumersene congiuntamente il compito: Stato, famiglia e società.

In terzo luogo, il Papa ritiene che una delle principali difficoltà con cui oggi l’educazione deve confrontarsi sia la «decostruzione dell’umanesimo», dovuta all’individualismo, all’indifferenza, alla dittatura dei risultati, all’elitarismo educativo, alla «rapidazione». Un neologismo, quest’ultimo, che Francesco conia per denunciare l’esistenza di un «vortice della velocità», che sta «cambiando continuamente i punti di riferimento» (Videomessaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dell’Oiec, 5-8 giugno 2019).

Il quarto fattore che minaccia l’educazione è l’ambiguità dell’era tecnologica. L’uso incontrollato e acritico delle risorse digitali e l’abbondanza di stimoli e di immagini attraenti alterano le relazioni tra gli esseri umani, provocando disintegrazione della persona, perdita identitaria, un’interiorità povera e una chiusura alla trascendenza. Afferma il Papa: «Oggi c’è la tendenza ad un neopositivismo, cioè educare nelle cose immanenti, al valore delle cose immanenti, e questo sia nei Paesi di tradizione cristiana sia nei Paesi di tradizione pagana. E questo non è introdurre i ragazzi, i bambini nella realtà totale: manca la trascendenza. Per me, la crisi più grande dell’educazione, nella prospettiva cristiana, è questa chiusura alla trascendenza» (Discorso ai partecipanti al congresso mondiale promosso dalla Congregazione per l’educazione cattolica, cit.).

Infine, un altro elemento che destabilizza l’educazione è la rottura del patto educativo tra scuola, famiglia, istituzioni e società. Papa Francesco l’ha deplorata con forza in varie occasioni. Dal momento che quanti dovrebbero assumersi insieme la responsabilità educativa vengono meno a tale compito e lo delegano al docente, di conseguenza l’educazione diventa selettiva, elitaria, discriminante. «Sembra — dice il Papa — che abbiano diritto all’educazione soltanto i popoli o le persone che hanno un certo livello o una certa capacità; ma certamente non hanno diritto all’educazione tutti i bambini, tutti i giovani. Questa è una realtà mondiale che ci fa vergognare. È una realtà che ci porta verso una selettività umana, e che invece di avvicinare i popoli, li allontana; allontana anche i ricchi dai poveri; allontana una cultura dall’altra» (Discorso ai partecipanti al congresso mondiale promosso dalla Congregazione per l’educazione cattolica, cit.).

Nelle encicliche e nelle esortazioni apostoliche di papa Francesco si contano un’ottantina di brevi riferimenti all’educazione. Vi prevalgono quattro temi che il Pontefice sviluppa più ampiamente: educazione ai valori, educazione alla fede, educazione alla sessualità, educazione ecologica.

Nell’esortazione Amoris laetitia, oltre a vari riferimenti nel testo, il Papa dedica all’educazione un capitolo specifico, «Rafforzare l’educazione dei figli» (nn. 259-290). In esso affronta vari aspetti: educazione della volontà; sviluppo di buone abitudini e inclinazioni affettive a favore del bene; formazione etica; graduale appropriazione di valori; educazione equilibrata alla disciplina e all’autocontrollo; vita familiare come contesto educativo; educazione sessuale positiva e prudente; educazione alla fede.

Per Francesco, l’educazione ai valori deve presentare il fine, desiderato come buono, attraente e conveniente, piuttosto che sottolineare gli aspetti più impositivi dello sforzo e delle rinunce (cfr. Amoris laetitia, 265). L’apprendimento e il processo perseverante di appropriazione dei valori portano l’alunno, in relazione alla propria età, a maturare abitudini che sono il fondamento dei comportamenti esterni. La libertà va incoraggiata e trasformata in un principio interiore e stabile dell’«agire bene». In questo modo, dice il Papa, «la vita virtuosa costruisce la libertà, la fortifica e la educa, evitando che la persona diventi schiava di inclinazioni compulsive disumanizzanti e antisociali» (Amoris laetitia, 267).

di Luiz Fernando Klein s.i.