DONNE CHIESA MONDO

Patrone

Santa Zita
la serva non servile

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02 aprile 2022

Il 27 di aprile a Lucca tutta la piazza dell'Anfiteatro e quella davanti a san Frediano si riempiono di fiori, un'inebriante mescolanza di colori e di profumi che avvolge il ricordo di Zita, la santa patrona della città, il cui corpo è custodito e venerato nella stupenda chiesa antistante da oltre 900 anni e il cui nome viene utilizzato nella Divina Commedia nel Canto xxi per identificare come lucchese "uno de li anziani di Santa Zita".

La città non è mai venuta meno alla celebrazione di questa santa, emblema di una santità popolare, accessibile a tutte e tutti, anche alle donne, alle contadine, alle povere, alle laiche, alle claudicanti e persino alle serve!

Zita è vissuta tra 1218 e il 1278, nel periodo dei movimenti popolani medioevali che in Toscana diedero vita a forme di governo "repubblicano", così che fu facile affiancare spontaneamente al culto del tanto amato Volto Santo, espressione della aristocrazia cittadina, una devozione semplice, emozionale e commovente per la Santa serva!

Zita arriva dalla campagna, come tante piccole povere contadine, a servizio dai Faitinelli, una famiglia nobiliare con un palazzo ancora esistente nei pressi di san Frediano.

La sua storia potrebbe essere quella di tante bambine di sempre: fatica, soprusi, vessazioni, violenze, abusi sessuali, rischio di rapimento da parte dei ladri di serve con destinazione prostituzione a bordelli anche pubblici.

Lei invece riesce a cambiare il suo destino. Grazie alla sua forza, alla sua fede, alle sue notti di preghiera, al digiuno per portare il suo cibo ai poveri, al suo coraggio nello sfidare le regole, i suoi padroni diventano i suoi...patroni! Non solo dopo la sua morte come alacri fautori del suo culto, ma anche in vita, tanto che quando scoprirono il tentativo di violenza sessuale da parte di un altro domestico, credettero a lei e lo licenziarono.

Certo questa conversione avvenne anche attraverso alcuni segni celestiali: il pane che non brucia pur se abbandonato nel forno per soccorrere un povero, l'acqua trasformata in vino per lenire le ferite, un mantello del padrone regalato a un mendicante che viene miracolosamente restituito e, infine, il prodigio più diffuso della santità femminile: un grembiule pieno di cibo portato di nascosto ai mendicanti, che si apre ricolmo di fiori, in questo caso di "fronde e giunchiglie", sotto lo sguardo ancora irato del padrone, altre volte del marito o uomo di turno. Una santità ancillare fuori dagli stereotipi, una santità femminile domestica ma non rinchiusa, una santità di una serva, ma non servile, "fatta di deroghe ai doveri imposti dallo specifico statuto professionale, sante omissioni compensate dall'intervento riparatore del prodigio" (Gabriella Zarri. Dizionario dei Santi).

Zita, la piccola serva lucchese può essere considerata allora a pieno titolo protettrice delle domestiche e oggi patrona delle badanti, le donne forti e determinate che abitano le nostre case, con i loro piccoli miracoli di cura di ogni giorno.

di Grazia Villa
Avvocata per i diritti della persona