Potenzialità e confini dei rapporti interpersonali
È molto difficile parlare della famiglia perché, guardando alla storia ed alla contemporaneità, ci si trova di fronte a realtà estremamente diverse tra loro.
Si va, infatti, dalle attuali famiglie nucleari dell’occidente e del nord del pianeta alle gentes dell’antichità classica ed alle famiglie allargate, o clan, delle popolazioni tradizionali, ancora oggi ampiamente diffuse.
Questo per citare i modelli più conosciuti, ma ne esistono anche altri caratterizzati in modo differente.
Il primo chiarimento da effettuare è che non ci si intende collocare su di un piano sociologico, volto a studiare e ad analizzare le varie forme di famiglia ed i loro tratti distintivi, ma su di un piano antropologico-riflessivo mirante a comprendere che cosa, rigorosamente, distingua la famiglia da altre modalità di rapporti interpersonali.
Ci si chiede, cioè, perché in presenza di realtà così distanti tra loro si possa usare, per designarle, un identico termine, ovvero quello di famiglia, o se, invece, non sia meglio rinunciare ad utilizzare uno stesso concetto e prendere ciascuna in considerazione nella sua singolarità.
L’obiettivo che qui si persegue è proprio quello di riuscire a mostrare perché il concetto di famiglia, senza alcuna forzatura, possa essere applicato a situazioni così profondamente differenti tra loro.
La categoria centrale in tutta questa riflessione è quella del “Noi” ed ora si tratta di vedere che cosa essa propriamente significhi, che cosa implichi e quale guadagno ci sia ad utilizzarla.
«Qui non si tratta più tanto di vivere l’uno per l’altro quanto di vivere l’uno e l’altro per il Noi» (Joseph de Finance, A tu per tu con l’altro. Saggio sull’alterità, Roma 2004): questa brevissima citazione può servire ad indirizzare la riflessione nella direzione che si vuole percorrere.
In effetti, la questione, invece di essere risolta, sembra ora divenire più complessa perché ci si deve chiedere che cosa sia questo “Noi” nel quale si vuole individuare l’essenza della famiglia, ma la soluzione consiste nel cogliere come il “Noi” sia il superamento degli individualismi e degli egoismi, per il quale nel rapporto i soggetti non guardano più soltanto l’uno verso l’altro, ma, insieme, verso questa nuova realtà che li supera mentre dà loro un inatteso valore.
Nel “Noi”, nella famiglia nel nostro caso, l’alterità dell’altro rimane tale e non può essere fagocitata in un vano tentativo di simbiosi che priverebbe ciascun soggetto della sua irripetibile peculiarità, ma essi vivono una nuova forma di esistenza che non è riducibile alla loro semplice somma.
Nella famiglia le differenze, di genere e di generazione, permangono e sono, anzi, quelle che le conferiscono la sua ricchezza e la sua fecondità, ma vi è in essa un’unità nella quale convergono le singole intenzionalità, anche quando, come nel caso dei figli piccoli, di ciò non vi sia consapevolezza esplicita.
Tuttavia, la sopravvivenza del “Noi” è sempre condizionata e messa in pericolo dal peso della libertà che può sempre ingenerare stanchezza nei confronti del legame a cui ci si è vincolati ed infedeltà nel mantenere le promesse iniziali.
Volendo scendere a considerazioni concrete, si può cogliere la differenza tra la famiglia e le cosiddette “unioni di fatto”: nella famiglia l’amore è il collante principale, ma non è l’unico fondamento della sua esistenza, perché essa ha bisogno di fondarsi anche al di là di se stessa, in qualcosa che le dia consistenza e stabilità.
Si inseriscono, a questo riguardo, il ruolo e la funzione dell’istituzione che, in ogni società, ha sempre riconosciuto la famiglia, dando ad essa consistenza e stabilità davanti a tutti i membri che la compongono.
L’istituzione, cioè, non è quella che costituisce la famiglia, fondata sul “Noi” dei soggetti, ma è quella che ne garantisce e tutela la permanenza, al di là della debolezza e della precarietà dei sentimenti. Il legame, in tal modo, non è più un fatto solo privato, ma esso è confermato davanti a tutti i componenti del gruppo sociale che si assume la responsabilità della sua salvaguardia e della sua promozione, come cellula essenziale del vivere insieme.
Come si può agevolmente vedere, le considerazioni adesso svolte possono essere applicate a tutte le realtà familiari che la storia e la geografia ci consegnano, mentre un discorso a parte deve essere riservato a quelle unioni che traggono la loro forza dal vincolo del sacramento del matrimonio cristiano. In questo caso, infatti, la coppia non è più l’unico nucleo sul quale la famiglia si fonda, ma il legame è essenzialmente a tre: la coppia, come prima cellula della famiglia, e Dio davanti al quale al quale è stabilito il patto coniugale, da Lui benedetto.
In questo caso, la labilità degli impegni personali trova sostegno in una volontà superiore che la sostiene e che, con la cooperazione dei coniugi, consente la sopravvivenza della famiglia oltre tutte le debolezze e le infedeltà agli impegni assunti.
di Giorgia Salatiello