A colloquio con il vescovo di Kyiv-Zhytomyr

«Sentiamo che il mondo
ci è vicino»

A believer attends a liturgy at the Ukrainian Catholic Cathedral of the Resurrection of Christ in ...
01 marzo 2022

Monsignor Vitalii Kryvytskyi è il giovane vescovo della diocesi di Kyiv-Zhytomyr, che copre le regioni di Kyiv (la capitale), Chernighiv, Chercassy e Zhytomyr. Una diocesi che ha circa ottocento anni di storia e conta 160 preti, 140 suore e più di 200.000 fedeli.

Qual è la situazione in questo momento a Kiev?

La situazione nel centro della città è tesa ma stabile. Un coprifuoco è attualmente in vigore. La città è praticamente paralizzata per mantenere i residenti al sicuro, mentre si svolgono combattimenti contro i gruppi di sabotatori che si erano infiltrati già prima dell’invasione e che operano nella capitale. È ovvio che le persone rimaste nella città soffrono. Tanto. Molte di esse rimangono tutto il giorno in scantinati, rifugi antiaerei o stazioni della metropolitana, dormendo a volte sui pavimenti. Tutti i negozi e le banche sono chiusi. Quindi cominciano a esserci problemi anche con gli approvvigionamenti alimentari. Nelle periferie della città invece continuano feroci combattimenti. Alcuni ponti sono stati distrutti agli ingressi della città, per ostacolare la penetrazione delle truppe russe.

Sembrerebbe che i russi abbiano sottovalutato la resistenza del popolo e dell’esercito ucraino.

Penso proprio di sì, ma Dio lo sa meglio di noi. Proprio a Lui, alle forze armate ucraine e alla comunità internazionale siamo grati per le difficoltà che l’aggressore russo sta incontrando.

Le persone come stanno affrontando la situazione?

È chiaro che ognuno sta cercando il proprio modo per sopravvivere e per salvare i propri cari. Alcuni hanno scelto di fuggire da Kiev e si sono trasferiti da parenti e conoscenti, in altre regioni più a ovest dell’Ucraina o anche all’estero, soprattutto verso la Polonia. Altri invece affrontano la realtà della guerra nel loro proprio luogo. Questa è una grande sfida. Le autorità cittadine, le organizzazioni di volontariato stanno cercando di stabilire canali di assistenza umanitaria per le persone più bisognose o per coloro che si trovano in luoghi di residenza temporanei (rifugi antiaerei). La mobilitazione generale continua. Molte persone sono arruolate in unità di difesa territoriale e si preparano a difendere la loro città con tutti i mezzi disponibili. I rappresentanti delle imprese e i singoli cittadini aiutano volentieri i difensori della patria.

È percepita nella popolazione la vicinanza del Santo Padre?

Sì. Certo. E non solo in questi ultimi giorni. L’Ucraina ricorda bene l’azione di carità «Il Papa per l’Ucraina». Anche i media civili e laici riportano le parole del Pontefice a sostegno del nostro popolo e le sue iniziative di preghiera per noi. Siamo stati molto colpiti dal gesto del Santo Padre che, indifferente ai protocolli formali, è andato all’ambasciata russa presso la Santa Sede a intercedere per l’Ucraina. Non sorprende che Papa Francesco sia oggi una delle figure religiose con il più alto livello di fiducia in Ucraina.

E la vicinanza della comunità mondiale?

Abbiamo visto come un mondo spesso diviso in questa occasione si sia riunito in uno straordinario afflato di solidarietà con la lotta per la libertà del popolo ucraino. Non solo hanno ben compreso la nostra tragica situazione ma sono stati anche capaci di aiuti concreti e significativi. Lo abbiamo sperimentato in molte aree: spirituale, politica e umanitaria. Ogni giorno ricevo molti messaggi e telefonate dall’estero in cui persone premurose esprimono il loro sostegno, intercedono in preghiera per noi e ci propongono varie forme di aiuto. Credetemi, molte volte ci sono lacrime nei miei occhi quando sento un amore e un’umanità così grandi.

State cooperando con le altre confessioni cristiane in questo momento difficile?

In Ucraina abbiamo una forte organizzazione interreligiosa, che non ha analogie con nessun altro paese del mondo. Il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose comprende non solo tutte le principali denominazioni cristiane ma anche musulmani ed ebrei. È attraverso questa organizzazione che si svolge il dialogo e una fruttuosa interazione per il bene del popolo ucraino. Il Consiglio fa dichiarazioni congiunte e partecipa al dialogo con le autorità per superare le sfide del tempo. Così, alla vigilia dell’inizio della guerra, questa organizzazione ha lanciato un appello al presidente Putin per prevenire il pericolo di un fratricidio.

Di quali aiuti avete ora bisogno?

Continuate a pregare per noi, perché senza Dio non possiamo resistere all’incombenza del male. Abbiamo qualche danno anche alle infrastrutture della Chiesa. Così a Vorzel, vicino a Kiev, sono stati causati dai bombardamenti gravi danni all’edificio del nostro seminario e anche al vicino orfanotrofio gestito dalle suore. È difficile valutare l’entità dei danni dal momento che il bombardamento non si è ancora placato. La guerra è in corso ed è impossibile prevedere adesso cosa dovrà essere fatto per riportare le cose al loro stato precedente. Oggi, piuttosto, ci troviamo di fronte innanzitutto la sfida di fornire agli sfollati tutto il necessario. La Chiesa cerca di raccogliere le esigenze attraverso i suoi social network e di allestire centri e campi per l’alloggio delle persone, ma non siamo in grado di fornire tutto il necessario che ci viene richiesto. Presto saremo contattati anche da persone che sono state già toccate dall’orrore della guerra e che si trovano in circostanze estreme di vita.

Quali sono le vostre speranze e che cosa volete trasmettere alla comunità mondiale?

Voglio innanzitutto ringraziarvi per la vostra vicinanza e unità in questo impervio cammino comune verso la pace, pur sapendo che implica passi difficili. Sono convinto che la sfortuna capitata al nostro popolo apra comunque un grande potenziale di consapevolezza e crescita in tutte le società verso un mondo di giustizia e di pace. Viviamo oggi in un mondo dove i processi politici sono molto complessi; la vicenda di questa guerra russo-ucraina è un esempio di come un conflitto possa iniziare con pretesti inverosimili, e anche tra popoli da sempre fratelli. La guerra finirà e saremo chiamati a costruire nuove relazioni diplomatiche con la Russia. Spero che sia un nuovo rapporto costruito sulla verità, la giustizia e il rispetto reciproco. Allora Dio ci benedirà per rendere possibile ciò che oggi sembra impossibile.

di Roberto Cetera
e Pavlo Basysty