Putin incita al golpe per un cambio al vertice

Kiev resiste agli attacchi
Zelensky chiede di trattare

People take cover as an air-raid siren sounds, near an apartment building damaged by recent shelling ...
26 febbraio 2022

Terza notte di guerra in Ucraina, dove si combatte strada per strada, con l’esercito russo che bersaglia la capitale, Kiev, da più direzioni. La città, dove vivono circa tre milioni di persone, è sotto assedio e i suoi abitanti si rifugiano nelle cantine e nella metropolitana per sfuggire ai bombardamenti. Si susseguono esplosioni e ripetuti colpi di arma da fuoco.

Il presidente, Volodymyr Zelensky, personalmente alla guida dell’esercito, ha respinto l’ipotesi di una fuga, proposta dagli Stati Uniti, chiedendo invece «munizioni» per respingere i militari inviati da Vladimir Putin.

Le forze russe hanno tentato nella notte, secondo quanto riferito dai media ucraini, di entrare a Kiev in ogni modo, anche con aerei e droni. Scontri a fuoco sono stati segnalati nel quartiere di Shulyavka, vicino allo Zoo di Kiev e vicino alla stazione della metropolitana Beresteiska, non lontana da una struttura militare. Le forze armate ucraine hanno dichiarato di avere, almeno per il momento, respinto gli attacchi. Diversi aerei russi, carichi di paracadutisti pronti a lanciarsi sulla capitale ucraina, sono stati abbattuti e la difesa aerea di Kiev ha fatto sapere di avere avuto la meglio anche nel secondo tentativo di attacco russo a una importante centrale elettrica, al porto di Mykolaiv e alla base navale di Ochakov, vicino al Mar Nero.

Il ministro della Sanità ucraino, Viktor Lyashko, ha dichiarato oggi che 198 persone sono morte — tra cui tre bambini — dall’inizio dell’invasione russa del Paese. Giornalisti sul posto raccontano di bambini terrorizzati dai raid e dalle sirene, come quelli di un orfanotrofio di Leopoli gestito dai salesiani.

Combattimenti sempre più intensi sono segnalati dall’alba anche sulla via della Vittoria, una delle principali arterie della città. Su Facebook, l’esercito ha detto di aver distrutto una colonna di cinque mezzi militari russi compreso un carro armato, proprio sulla via della Vittoria.

Mentre prosegue la campagna militare, dal Cremlino ieri il presidente Putin ha chiesto all’esercito ucraino di prendere il potere a Kiev, definendo le autorità ucraine «una banda di drogati e neonazisti». «Prendete il potere nelle vostre mani. Sarà più facile per noi negoziare con voi che con questa banda di tossicodipendenti e neonazisti che si è stabilita a Kiev e ha preso l’intero popolo ucraino in ostaggio», ha aggiunto Putin nel corso di un intervento pronunciato a una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale russo.

Da una parte, dunque, l’incitamento a un colpo di stato, dall’altro l’apertura al dialogo. Mosca aveva in precedenza fatto sapere di aver proposto Minsk come sede di eventuali colloqui, ma Kiev ha invece proposto Varsavia. Ieri Zelensky aveva esortato Putin a sedersi al tavolo dei negoziati per porre fine al conflitto. Al momento su questo punto non ci sono passi avanti.

All’Onu, intanto, la Russia ha posto il veto sulla bozza di risoluzione che chiedeva il ritiro delle truppe: 11 i voti a favore e tre astensioni, tra cui quella della Cina, che ha attivato il piano di evacuazione dei suoi connazionali ed esortato al dialogo tra Mosca e Kiev. «Rispetto e salvaguardia di sovranità e integrità territoriale valgono anche per l’Ucraina»: è uno dei punti della posizione cinese sull'invasione russa esposta dalla Cina all’Onu. Tra gli altri punti di Pechino ci sono «le legittime richieste di sicurezza della Russia» e la necessità di una soluzione diplomatica.

Essendo membro permanente, il voto russo costituisce un veto alla mozione, che, quindi, non è stata approvata. Gli Stati Uniti hanno annunciato che trasferiranno la risoluzione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove la Russia non ha diritto di veto.

Nel frattempo, l’occidente aggiunge altre sanzioni a quelle già decise contro Mosca. E così vengono congelati anche gli asset di Putin e del ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov, che finiscono nella lista nera di Europa, Stati Uniti e Gran Bretagna. Una misura dall’alto valore simbolico, più che economico.

A Bruxelles l’ipotesi inizialmente era di puntare al bersaglio più alto in un terzo pacchetto di sanzioni, ma con Kiev sotto assedio l’Ue ha deciso di accelerare. «E non ci fermiamo», ha assicurato l’Alto Rappresentante per la politica estera, Josep Borrell. All’orizzonte cresce infatti l’ipotesi di una sanzione di esclusione Mosca dal sistema Swift, anche se non tutti sono d’accordo. «L’esclusione dal sistema Swift significa, in linea di principio, azzerare gli scambi con la Russia. E se sei dipendente dal gas, ci vuole cautela», spiegava infatti poco prima del Consiglio Affari Esteri un alto funzionario Ue.

L’ipotesi continua a dividere e, per dirla con Borrell, «al momento manca ancora l’unanimità». Ma il fronte dei Paesi perplessi, capitanato da Germania e Italia, ha cominciato ad ammorbidirsi.