Il racconto
Tre storie in Aula Paolo VI

All’anagrafe dello spirito
gli anni non contano

 All’anagrafe dello spirito gli anni non contano  QUO-044
23 febbraio 2022

Lucrezia Di Pinto e Pantaleo Mario Galantino, con i loro 62 anni di matrimonio, accanto a suor Rina Dal Lago e padre Tommaso Campagnuolo che, insieme, di anni ne fanno 187 di età.

Una laica, un laico, una religiosa e un religioso. Stamani, nell’Aula Paolo vi , sono proprio loro a rilanciare — con una freschezza da ragazzini (e non è una “frase fatta”...) — la prima appassionata catechesi del ciclo che Papa Francesco ha scelto di dedicare, ogni mercoledì all’udienza generale, al senso e al valore della vecchiaia.

Il Papa ha abbracciato queste tre storie... fisicamente. Incoraggiandone i protagonisti. Ringraziandoli. Ma facendo loro presente, con un sorriso, che hanno ancora... tanto da fare. E loro sono lì, a progettare il futuro.

Sono persone anziane, sì. Ma solo per la carta d’identità. Per l’anagrafe dello spirito, in realtà, sono giovanissime. E loro ci scherzano su, con lo spirito dei ragazzini, appunto.

«Per il nostro viaggio di nozze, nel febbraio 1960, abbiamo avuto la benedizione di san Giovanni xxiii . E oggi a 62 anni di distanza dal nostro matrimonio — celebrato il 22 febbraio — siamo di nuovo qui per un incontro indimenticabile con Papa Francesco». Lucrezia Di Pinto e Pantaleo Mario Galantino, 88 e 91 anni, raccontano con passione la propria testimonianza di vita insieme. Vengono da Cerignola, in Puglia. Sono a Roma insieme con i loro tre figli — Pietro, Nando e Annalisa — e hanno lasciato, però, a casa i sei nipoti, «tutti studenti universitari». Il dono più grande, dicono, che abbiamo portato oggi al Papa è «la nostra famiglia unita».

Suor Rina (Teresa) Dal Lago non si fa certo fermare dai suoi 92 anni: «Bisogna essere attivi, darci da fare». Consacrata nelle religiose di Nazareth da 67 anni, oggi vive a Roma, nell’Istituto Nazareth a via Cola di Rienzo, e serve i poveri dopo aver lavorato come insegnante in Spagna ma soprattutto a Milano. «Per la mia vocazione per la scuola — confida con la forza di un “torrente in piena” — mi hanno profondamente scosso le parole del Papa, nella catechesi, sul rapporto che noi anziani possiamo avere con i giovani. Sì, sento bisogno della tenerezza dei giovani!».

Oblato di Maria Immacolata, è stato ordinato sacerdote il 17 febbraio 1952, cioè settant’anni fa. Uomo schivo, sempre sereno, padre Tommaso ha dedicato tutta la vita alla missione tra la gente, «celebrando l’Eucaristia, battezzando, confessando, benedicendo matrimoni e amministrando la sacra unzione agli ammalati». Vita da prete-prete, insomma, A Roma, in Sicilia e in Piemonte.

Ancora oggi padre Tommaso collabora con la parrocchia romana del Santissimo Crocifisso. «Faccio quello che posso» dice. Sempre con allegria. «Non mi arrendo, neppure a 95 anni. Ha ragione il Papa, noi anziani siamo un po’ messi da parte, ma non mi lascio vincere» dice il religioso. «Proprio ora un confratello filippino mi ha chiesto qual è il segreto per avere, a 95 anni, questo entusiasmo: lavorare per il Signore, ho risposto. È tutto qui».

Le storie delle persone anziane s’intrecciano, in Aula Paolo vi , con quelle dei bambini.

E proprio le famiglie ormai diventano sempre più protagoniste degli incontri diretti con Papa Francesco, ogni mercoledì mattina. Accanto al gruppo degli sposi novelli, infatti, i bambini e i loro genitori “animano” uno spazio trasformandolo in una festosa “ludoteca” nella quale ci si “contagia” con sorrisi. E non mancano certo i pelouche: stamani un orsacchiotto, con tanto di fiocco, è stato donato al Papa con una particolare dedica, “a nome di tutti i bambini che soffrono”.

Un appartamento a disposizione per le famiglie dei bimbi ricoverati all’ospedale Bambino Gesù: ecco l’offerta che la famiglia Acone ha consegnato stamani, durante l’udienza generale, a Papa Francesco. Un’idea nata nei corridoi dell’Istituto nazionale dei tumori a Milano, dove Vincenzo Acone è in cura. «Siamo una famiglia comunque fortunata» dice la moglie Manuela Vicari. Rimarcando quel “comunque” con un tono più alto della voce. Con i figli Edoardo e Martina hanno deciso di dare una mano a un’altra famiglia offrendo, appunto, «gratuitamente un appartamento nel tempo del ricovero in ospedale del figlio».

«Il nostro gesto — dicono insieme — è solo una piccola goccia nel mare di solidarietà di cui queste famiglie hanno bisogno, è solo un’umile risposta all’appello del Papa che, in numerose occasioni, ha parlato dei bambini come “una ricchezza per l’umanità e per la Chiesa”».

Un gesto che non nasce “a caso”. Da vent’anni Manuela e Vincenzo sostengono l’associazione milanese Prometeo — acronimo che sta per PROgetto Malattie Epatiche Trapianti Ed Oncologia — «per non lasciare mai sole le persone ricoverate e consentire ai loro familiari, in particolare a coloro che non hanno possibilità economiche, di trovare un alloggio a Milano nel tempo della ospedalizzazione».

Un pallone e una maglietta, infine, sono stati il dono della Divisione “calcio a 5” della Lega nazionale dilettanti, impegnata da anni in attività sociali, in collaborazione con la Federazione sordi e con la Federazione non vedenti proprio «per dare, tutti insieme, un calcio all’esclusione».

di Giampaolo Mattei
e Fabrizio Peloni