Visita del sostituto della Segreteria di Stato alla diocesi di Porto

Quando la pandemia
fa saltare il tavolo

 Quando la pandemia fa saltare il tavolo  QUO-042
21 febbraio 2022

Relazioni, misericordia e preghiera. Proprio su queste tre sfide del Magistero di Papa Francesco, ha rimarcato la necessità di porre l’attenzione l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, durante la visita nella diocesi portoghese di Porto dal 18 al 20 febbraio 2022. Sono stati tre giorni intensi e pieni di impegni per il presule che, accompagnato dal Rappresentante Pontificio S.E. Mons. Ivo Scapolo, dai Vescovi Ausiliari e dal Vicario Generale della diocesi, ha incontrato varie realtà e partecipato a tre momenti significativi per la vita ecclesiale e sociale.

Conferenza su Chiesa e futuro del mondo dopo il covid


Appuntamento centrale, la conferenza sul tema «La Chiesa e il futuro del mondo nel post-pandemia», cui ha partecipato venerdì sera, 18 febbraio, nella Casa diocesana di Vilar gremita di persone. Il presule ha sottolineato come «Il tempo che stiamo vivendo è un tempo segnato» dal covid-19, un tempo che, nelle parole di Papa Francesco, “ha fatto saltare il tavolo”, cioè ha messo in discussione «i nostri programmi, le nostre analisi, le nostre priorità, e ci ha fatto capire che il modello di Chiesa e di annuncio a cui eravamo abituati va ripensato proprio sulla base di quanto è successo». Proprio per questo, si deve recuperare la «logica dell’ascolto».

Il sostituto della Segreteria di Stato ha fatto notare all’inizio della sua relazione che il cammino sinodale, che Papa Francesco ha voluto e promosso in questi mesi e che vedrà impegnata la Chiesa nei prossimi anni, si può definire come un’ampia educazione a mettersi in ascolto non solo degli altri e della realtà stessa, ma anche e soprattutto di Dio, che parla proprio attraverso il fratello, la sorella e gli eventi che viviamo. «La logica dell’ascolto — ha detto — è la logica di chi rinuncia al pregiudizio per permettere alla realtà, con le sue luci e le sue ombre, di sorprenderci ancora».

Guardando alla realtà attuale, il presule ha evidenziato come il primo grande contributo che i cristiani devono dare al mondo ferito dalla pandemia è quello di non lasciarsi trasportare da un pessimismo generalizzato che vede il male ovunque e guarda la realtà senza speranza: «Questo è l’unico modo per capire l’insistenza di Papa Francesco sul tema del dialogo». Non si tratta semplicemente «di una logica strategica di coesistenza, o di raggiungere un compromesso per porre fine al conflitto». Infatti, il dialogo è possibile solo «se si è convinti della presenza di Dio ovunque, della sua presenza in ogni esperienza autenticamente umana, anche se non sempre in modo tangibile». L’arcivescovo ha poi elencato tre sfide che la Chiesa deve prendere sul serio in questo momento storico: relazioni, misericordia e preghiera. «Ci saranno certamente molte altre sfide — ha sottolineato — ma ho scelto di condividere queste tre con voi perché credo che riassumano in modo significativo tutto il magistero di Papa Francesco». Riguardo alle relazioni, il presule ha fatto presente che Papa Francesco ha sempre ricordato come tutto il metodo del Vangelo sia racchiuso nelle relazioni umane. Riguardo alla misericordia, l’arcivescovo aveva fatto notare che l’esperienza della misericordia è “sempre rivoluzionaria”. Gesù ha trascorso gran parte della sua vita pubblica alla ricerca delle persone in difficoltà, annunciando loro la vicinanza del Regno. Pertanto, ha aggiunto, l’esperienza della misericordia «non si limita alla dimensione di lasciarsi amare e perdonare da Dio», ma richiede al tempo stesso «la componente di trasformare la nostra azione pastorale e la nostra azione evangelizzatrice secondo gli schemi della misericordia». Infine la preghiera è vista come «discernimento». Comprendere la preghiera significa «capire che anche essa, per essere cristiana, deve esprimere una relazione, e il rapporto con Dio mira sempre a farci discernere la sua volontà».

Il giorno successivo, ha incontrato settanta seminaristi della teologia nel Seminario maggiore di Porto — un momento particolarmente significativo — ai quali monsignor Peña Parra ha offerto una lettura realistica dei tempi in cui viviamo. «Siete figli di un Paese con un’antica tradizione cristiana — ha detto —, un passato in cui l’annuncio del Vangelo ha permeato il paesaggio culturale e ha cementato la società, plasmando i suoi valori e le sue prospettive fondamentali». Oggi, tuttavia, le società occidentali stanno subendo «profondi cambiamenti e sotto molti aspetti appaiono più indifferenti alla questione di Dio e più bisognose di una rinnovata evangelizzazione». A tale proposito, Papa Francesco «ha offerto una profonda lettura teologica del nostro tempo».

Allo stesso tempo, ha affermato il sostituto, ogni crisi «nella nostra vita personale ed ecclesiale, per quanto possa destabilizzarci e far vacillare le nostre certezze», è anche una grande “opportunità” e costituisce «un momento di riflessione, di cambiamento e di grazia», ed è quindi una realtà che «dobbiamo leggere con gli occhi della profezia e della speranza». Occorre prenderne coscienza, «senza aggrapparci con nostalgia a un passato che non c’è più, né irrigidirci di fronte alle sfide che ci attendono». Per questo, «l’identità del sacerdote e il suo ministero pastorale si collocano in un contesto nuovo», certamente più complesso, ma anche «ricco di sfide che dobbiamo abbracciare con passione», a cominciare da quella che il Papa «ha dato con tanto entusiasmo nella sua esortazione Evangelii gaudium».

Al termine dell’incontro carico di emozioni, ha poi visitato la Torre dos Clérigos e celebrato la messa nella casa sacerdotale con i presbiteri anziani della diocesi. Nel pomeriggio si è recato alla Casa do Gaiato a Paço de Sousa, dell’Obra da Rua fondata dal venerabile padre Américo Monteiro de Aguiar (1887-1956).

Messa domenicale nel santuario di Santa Rita da Cascia


Infine, domenica 20, il sostituto ha presieduto la celebrazione dell’Eucaristia nel santuario diocesano di Santa Rita da Cascia a Ermesinde. Fattosi portatore della benedizione di Papa Francesco ai fedeli, all’omelia ha commentato il brano evangelico di Luca, in cui Gesù chiede di amare i nemici. In proposito ha fatto notare che le parole di Cristo si collocano al di fuori di una condotta religiosa “prudente” e arrivano a sovvertire il senso comune: da quando l’uomo esiste sulla terra, si risponde al male con il male e al bene con il bene. Invece, Gesù «va oltre, molto oltre, fino all’assurdo, arrivando a chiedere l’amore per i propri nemici». Poi, il celebrante ha invitato a riflettere su come si possa mettere in pratica la richiesta di Gesù. Ha fatto riferimento al fatto che tra ciò che si dice nel Vangelo e la sua pratica esiste la stessa differenza che «c’è tra la musica scritta e la musica suonata». Continuando con la metafora musicale, il presule ha detto di ispirarsi al grande organo a canne del santuario, di cui si ricorda il ventesimo anniversario. «Come sappiamo — ha detto — l’organo, sebbene composto da raffinati meccanismi che vengono attivati dal tocco umano», è tra gli strumenti musicali in cui «il suono è dovuto principalmente alle modulazioni dell’aria e non tanto alla percussione umana». Perché la «partitura del Vangelo sia giocata nel mondo, non bastano i meccanismi pastorali collaudati che funzionano bene», ma occorre “un respiro”, un’aria «pura che viene da fuori e non può essere fabbricata». Per questo, lo Spirito Santo è necessario.