Lettere dal Direttore

Doc: il racconto
in aiuto della memoria

 Doc: il racconto  in aiuto della memoria   QUO-041
19 febbraio 2022

C’è questa serie televisiva che in questi giorni va molto forte, Doc, della Lux Vide, che in effetti è interessante. A parte gli aspetti formali, buono il ritmo narrativo e la tecnica televisiva, bravi gli interpreti (soprattutto Luca Argentero e Giovanni Scifoni), il punto fondamentale è che grazie a questa serie la televisione, nel suo modo, che è quello della finzione, della narrazione, ci ha proiettato nei terribili giorni del marzo 2020, con il loro carico di dolore. Un conto è sentire il racconto dei telegiornali, altro vedere la rappresentazione, quanto mai realistica, di quanto accaduto nei reparti covid degli ospedali italiani. Ma soprattutto il merito della serie è di aver riportato al centro dell’attenzione l’aspetto tragico della pandemia: 150 mila vite spezzate, la morte accadutagli repentinamente e nella più desolante solitudine, la disperazione e il pianto di 150 mila famiglie. Perché, tra un piano economico di ricovero e una polemica sui vaccini, si è smarrita la memoria della sofferenza maggiore. La memoria infatti tende a smarrirsi, soprattutto in un mondo come quello contemporaneo talmente “inzeppato” di informazioni, messaggi, immagini che il rischio della saturazione e la tentazione della rimozione e dell’oblio sono dietro l’angolo. Siamo così immersi in un presente smemorato che finiamo per vivere fuori dalla realtà. È come se ci fosse “troppa” realtà che ci butta fuori dal fare i conti con essa. Per paradosso allora è una fiction a farci vedere e ricordare la realtà. Come scriveva Daniel Pennac, un racconto ci permette di astrarci dal mondo per poi rientrarci e darne un senso. I temi che Doc tocca, la vita, la malattia, la sofferenza, il dolore, la solitudine, la morte, stanno sempre lì, presenti e ingombranti davanti a noi, se ne parla in questi giorni anche nelle aule parlamentari, ma forse solo per definirne legislativamente i contorni, anestetizzandone il piano emozionale che discende dall’incomprensibilità del mistero. La sola ragione pratica di fatto esorcizza e rimuove il pensiero della morte. Meno male allora che c’è il racconto, la ragione poetica. Del resto il male non si può spiegare, come insegnava Ricoeur, anzi, è l’assenza della spiegazione. Non si può spiegare ma si può raccontare. Anche con una semplice e serie televisiva (molto) popolare.