Nei lavori del convegno liturgico a 25 anni dall’Istruzione «Il Padre incomprensibile»

Il pericolo della perdita di identità

18 febbraio 2022

Pastori e fedeli delle Chiese latina ed orientali «portano sull’altare insieme al pane e al vino la quotidiana fatica delle rispettive aree di provenienza geografica», dal tormentato Medio Oriente, dall’Europa centrale ed Orientale, con speciale pensiero all’Ucraina, dall’India, dal corso del Nilo in Africa, con tutte le vicende dei fedeli sparsi nel mondo. Così il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, durante la messa celebrata, venerdì mattina, 18 febbraio, nella basilica vaticana, alla presenza dei partecipanti alla sessione plenaria del Dicastero. In coincidenza con i lavori della plenaria, si svolge anche, dal 16 al 18 febbraio, il convegno liturgico sul xxv anniversario dell’Istruzione Il Padre incomprensibile per l’applicazione delle prescrizioni liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese orientali. Aprendo i lavori dell’incontro, mercoledì 16, il porporato aveva rilanciato un allarme sull’esistenza del pericolo della perdita dell’identità orientale soprattutto in questo tempo caratterizzato da grandi migrazioni. Si assiste, infatti, a un flusso continuo di persone che dai Paesi situati nelle zone del Levante del mondo si sposta verso l’Occidente, in Paesi considerati più ospitali, di prevalente tradizione latina.

Il pericolo della perdita di identità è ancora più attuale, aveva fatto notare il prefetto, dopo la seconda guerra del Golfo, le cosiddette primavere arabe, la guerra in Siria, il sorgere del Daesh, la situazione di Eritrea e di Etiopia ora aggravate dal conflitto nel Tigray, oltre a quanto accaduto e ancora oggetto di preoccupazione nell’Europa dell’Est. Si tratta, aveva sottolineato il cardinale, «di una responsabilità anche liturgica dei pastori latini, che di fronte ai numerosi migranti nei loro Paesi», in particolare del Medio Oriente, non possono limitarsi a garantire una «generica messa in lingua araba». C’è anche una responsabilità dei «capi e dei padri delle Chiese orientali, che non possono e non devono inseguire una assuefazione ad una forma celebrativa come quella latina, come se essa pur maggioritaria fosse l’unico modello di riduzione cui tendere».

Il prefetto aveva evidenziato che la relazione di apertura del convegno era stata affidata all’arcivescovo Job di Telmessos, rappresentante del Patriarca ecumenico Bartolomeo, al fine di far sentire «la celebrazione dei divini misteri nel suo respiro più ampio». Il porporato aveva fatto notare che ancora è aperta “la ferita” di non poter «sedere all’unica mensa eucaristica».

di Nicola Gori