Trent’anni di Giornate mondiali del malato

Toccare il nodo
del dramma umano

 Toccare il nodo del dramma umano  QUO-039
17 febbraio 2022

Sono passati trent’anni da quando san Giovanni Paolo ii istituì la Giornata mondiale del malato, da celebrarsi annualmente l’11 febbraio, memoria della Vergine di Lourdes: «Insieme con Maria, Madre di Cristo che stava sotto la croce — scrisse il Papa nella lettera di Istituzione — ci fermiamo accanto a tutte le croci dell’uomo di oggi. E Lourdes, santuario mariano tra i più cari al popolo cristiano, è luogo e insieme simbolo di speranza e di grazia». Il santo Pontefice ricordava anche che la Chiesa «sull’esempio di Cristo, ha sempre avvertito nel corso dei secoli il dovere del servizio ai malati e ai sofferenti come parte integrante della sua missione».

Il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata di quest’anno e il tema scelto — «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 36). Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità — hanno fatto da filo conduttore anche al convegno-webinar organizzato dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale lo scorso 10 febbraio. Durante l’incontro si sono poste in evidenza alcune sfide che la comunità civile ed ecclesiale è chiamata ad affrontare nello scenario attuale, particolarmente segnato dal perdurare della pandemia e dall’approfondirsi delle diseguaglianze, anche nell’assistenza e nell’accesso alle cure. Infatti, è abitando i luoghi del dolore e ascoltando il grido dell’abbandono e del non senso che la malattia fa emergere senza pudore che la Chiesa testimonia in modo più credibile l’amore misericordioso di Dio verso chi soffre. Papa Francesco, sin dall’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, ha dato nuovo accento a tale questione di credibilità. Lo ha fatto ponendo teologicamente al cuore della verità la dimensione della cura: «A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente e viviamo l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un popolo» (Eg, 270).

Le ragioni per cui trent’anni fa veniva istituita la Giornata mondiale del malato, sono così rilette e quanto mai attuali. Lo hanno confermato nel webinar le testimonianze che la modalità online ha reso possibile ricevere da diversi luoghi del pianeta. È stata l’occasione per una riflessione puntuale e provocatoria sui bisogni emergenti e spesso disattesi di malati e sofferenti, con uno sguardo attento alle popolazioni più povere del pianeta. Sovente, infatti, le cure sanitarie anche più semplici sono un lusso riservato a pochi. Scorrendo il contenuto dei trenta messaggi dei Papi che hanno accompagnato la celebrazione delle Giornate, si constata il ripetuto invito alle comunità cristiane a essere profeticamente presenti nella cura integrale degli infermi, sanando le ferite del corpo e non di meno consolando quelle dello spirito.

«Cari operatori sanitari, il vostro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza, trascende i limiti della professione per diventare una missione». Così ha scritto Papa Francesco quest’anno, cosicché è parso necessario riservare uno spazio particolare all’ascolto delle loro esperienze, al racconto delle notevoli fatiche vissute in due anni di pandemia, ma anche al loro riconoscimento di un privilegio e di una responsabilità insiti nella loro professione: essere in prima linea a «toccare le carni sofferenti di Cristo». D’altra parte, «un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza se non attraverso un dono sincero di sé» (Fratelli tutti, 87).

Era consuetudine, prima del Covid-19, che ogni tre anni la Giornata si celebrasse in forma solenne in un noto santuario del mondo. Ma l’appuntamento previsto per il 2022 in Perú, proprio a causa della pandemia è stato rimandato di tre anni (al prossimo 2025), come annunciato al termine della celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Peter K.A. Turkson, prefetto emerito del Dicastero, nella Basilica di San Pietro. Durante la santa messa, il momento dell’Unzione degli infermi per alcuni fedeli, tra i quali anche due vescovi, è stato motivo di commozione e di grande significato. Non sempre, infatti, è possibile guarire, ma sempre è possibile curare: abbiamo bisogno della grazia del Signore per attraversare passaggi di esistenza difficili come quelli segnati dalla malattia. La Giornata Mondiale del Malato, così, non rappresenta un evento isolato, ma l’annuale celebrazione dell’impegno quotidiano di innumerevoli donne e uomini di buona volontà, nonché della stessa comunità cristiana a favore delle sue membra più fragili: «Lì sta la vera guarigione, dal momento che il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana, invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano» (Eg, 92).

di Alessandra Smerilli, fma
Segretario “ad interim” del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale