La catechesi dedicata a san Giuseppe

Una comunità di santi
unita sulla terra
e nel Cielo

 Una comunità di santi  unita sulla terra e nel Cielo  QUO-026
02 febbraio 2022

«San Giuseppe e la comunione dei santi»: è il tema della catechesi pronunciata da Papa Francesco all’udienza generale di questa mattina, mercoledì 2 febbraio, nell’Aula Paolo vi . Proseguendo il ciclo di riflessioni dedicate allo sposo di Maria, il Pontefice ha confidato di recitare ogni giorno da più di 40 anni una preghiera al santo, trovata in un libro delle Suore di Gesù e Maria, del 1700.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In queste settimane abbiamo potuto approfondire la figura di San Giuseppe lasciandoci guidare dalle poche ma importanti notizie che danno i Vangeli, e anche dagli aspetti della sua personalità che la Chiesa lungo i secoli ha potuto evidenziare attraverso la preghiera e la devozione. A partire proprio da questo “sentire comune” che nella storia della Chiesa ha accompagnato la figura di San Giuseppe, oggi vorrei soffermarmi su un importante articolo di fede che può arricchire la nostra vita cristiana e può anche impostare nel migliore dei modi la nostra relazione con i santi e con i nostri cari defunti: parlo della comunione dei santi. Tante volte noi diciamo, nel Credo, “credo la comunione dei santi”. Ma se si domanda cosa è la comunione dei santi, io ricordo che da bambino rispondevo subito: “Ah, i santi fanno la comunione”. È una cosa che ... non capiamo cosa diciamo. Cosa è la comunione dei santi? Non è che i Santi facciano la comunione, non è questo: è un’altra cosa.

A volte anche il cristianesimo può cadere in forme di devozione che sembrano riflettere una mentalità più pagana che cristiana. La differenza fondamentale sta nel fatto che la nostra preghiera e la nostra devozione del popolo fedele non si basa, in quei casi, sulla fiducia in un essere umano, o in un’immagine o in un oggetto, anche quando sappiamo che essi sono sacri. Ci ricorda il profeta Geremia: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, [...] benedetto l’uomo che confida nel Signore» (17, 5-7). Persino quando ci affidiamo pienamente all’intercessione di un santo, o ancora di più della Vergine Maria, la nostra fiducia ha valore soltanto in rapporto a Cristo. Come se la strada verso questo santo o la Madonna non finisce lì: no. Va lì, ma in rapporto a Cristo. Cristo è il legame che ci unisce a Lui e tra di noi che ha un nome specifico: questo legame che ci unisce tutti, fra noi e noi con Cristo, è la “comunione dei santi”. Non sono i santi a operare i miracoli, no! “Questo santo è tanto miracoloso...”: no, fermati: i santi non operano miracoli, ma soltanto la grazia di Dio che agisce attraverso di loro. I miracoli sono stati fatti da Dio, dalla grazia di Dio che agisce tramite una persona santa, una persona giusta. Questo bisogna averlo chiaro. C’è gente che dice: “Io non credo a Dio, ma credo a questo santo”. No, è sbagliato. Il santo è un intercessore, uno che prega per noi e noi lo preghiamo, e prega per noi e il Signore ci dà la grazia: il Signore agisce tramite il santo.

Che cos’è, dunque, la “comunione dei santi”? Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: «La comunione dei santi è precisamente la Chiesa» (n. 946). Ma guarda che bella definizione! “La comunione dei santi è precisamente la Chiesa”. Che cosa significa questo? Che la Chiesa è riservata ai perfetti? No. Significa che è la comunità dei peccatori salvati. La Chiesa è la comunità dei peccatori salvati. È bella, questa definizione. Nessuno può escludersi dalla Chiesa, tutti siamo peccatori salvati. La nostra santità è il frutto dell’amore di Dio che si è manifestato in Cristo, il quale ci santifica amandoci nella nostra miseria e salvandoci da essa. Sempre grazie a Lui noi formiamo un solo corpo, dice San Paolo, in cui Gesù è il capo e noi le membra (cfr. 1 Cor 12, 12). Questa immagine del corpo di Cristo e l’immagine del corpo ci fa capire subito che cosa significa essere legati gli uni agli altri in comunione. «Se un membro soffre — scrive San Paolo — tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (1 Cor 12, 26-27). Questo dice Paolo: siamo tutti un corpo, tutti uniti per la fede, per il battesimo, tutti in comunione: uniti in comunione con Gesù Cristo. E questa è la comunione dei santi.

Cari fratelli e care sorelle, la gioia e il dolore che toccano la mia vita riguarda tutti, così come la gioia e il dolore che toccano la vita del fratello e della sorella accanto a noi riguardano anche me. Io non posso essere indifferente agli altri, perché siamo tutti parte di un corpo, in comunione. In questo senso, anche il peccato di una singola persona riguarda sempre tutti, e l’amore di ogni singola persona riguarda tutti. In virtù della comunione dei santi, di questa unione, ogni membro della Chiesa è legato a me in maniera profonda — ma non dico a me perché sono il Papa — siamo legati reciprocamente e in maniera profonda, e questo legame è talmente forte che non può essere rotto neppure dalla morte. Infatti, la comunione dei santi non riguarda solo i fratelli e le sorelle che sono accanto a me in questo momento storico, ma riguarda anche quelli che hanno concluso il pellegrinaggio terreno e hanno varcato la soglia della morte. Anche loro sono in comunione con noi. Pensiamo, cari fratelli e sorelle: in Cristo nessuno può mai veramente separarci da coloro che amiamo perché il legame è un legame esistenziale, un legame forte che è nella nostra stessa natura; cambia solo il modo di essere insieme a ognuno di loro, ma niente e nessuno può rompere questo legame. “Padre, pensiamo a coloro che hanno rinnegato la fede, che sono degli apostati, che sono i persecutori della Chiesa, che hanno rinnegato il loro battesimo: anche questi sono a casa?”. Sì, anche questi, anche i bestemmiatori, tutti. Siamo fratelli: questa è la comunione dei santi. La comunione dei santi tiene insieme la comunità dei credenti sulla terra e nel Cielo.

In questo senso, la relazione di amicizia che posso costruire con un fratello o una sorella accanto a me, posso stabilirla anche con un fratello o una sorella che sono in Cielo. I santi sono amici con cui molto spesso intessiamo rapporti di amicizia. Ciò che noi chiamiamo devozione a un santo — io sono molto devoto a questo santo, a questa santa — questa che noi chiamiamo devozione è in realtà un modo di esprimere l’amore a partire proprio da questo legame che ci unisce. Anche, nella vita di tutti i giorni si può dire: “Ma, questa persona ha tanta devozione per i suoi vecchi genitori”: no, è un modo di amore, un’espressione di amore. E tutti noi sappiamo che a un amico possiamo rivolgerci sempre, soprattutto quando siamo in difficoltà e abbiamo bisogno di aiuto. E noi abbiamo degli amici in cielo. Tutti abbiamo bisogno di amici; tutti abbiamo bisogno di relazioni significative che ci aiutino ad affrontare la vita. Anche Gesù aveva i suoi amici, e ad essi si è rivolto nei momenti più decisivi della sua esperienza umana. Nella storia della Chiesa ci sono delle costanti che accompagnano la comunità credente: anzitutto il grande affetto e il legame fortissimo che la Chiesa ha sempre sentito nei confronti di Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Ma anche lo speciale onore e affetto che ha tributato a San Giuseppe. In fondo, Dio affida a lui le cose più preziose che ha: suo Figlio Gesù e la Vergine Maria. È sempre grazie alla comunione dei santi che sentiamo vicini a noi i Santi e le Sante che sono nostri patroni, per il nome che portiamo, per esempio, per la Chiesa a cui apparteniamo, per il luogo dove abitiamo, e così via, anche per una devozione personale. Ed è questa la fiducia che deve sempre animarci nel rivolgerci a loro nei momenti decisivi della nostra vita. Non è una cosa magica, non è una superstizione, la devozione ai santi; è semplicemente parlare con un fratello, una sorella che è davanti a Dio, che ha percorso una vita giusta, una vita santa, una vita esemplare, e adesso è davanti a Dio. E io parlo con questo fratello, con questa sorella e chiedo la sua intercessione per i miei bisogni.

Proprio per questo mi piace concludere questa catechesi con una preghiera a San Giuseppe alla quale sono particolarmente legato e che recito ogni giorno da più di 40 anni. È una preghiera che ho trovato in un libro di preghiere delle Suore di Gesù e Maria, del 1700, fine del Settecento. È molto bella, ma più che una preghiera è una sfida a questo amico, a questo padre, a questo custode nostro che è San Giuseppe. Sarebbe bello che voi imparaste questa preghiera e possiate ripeterla. La leggerò: “Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”. E finisce con una sfida, questo è sfidare San Giuseppe: “Poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”. Io mi affido tutti i giorni a San Giuseppe, con questa preghiera, da più di 40 anni: è una vecchia preghiera.

Avanti, coraggio, in questa comunione di tutti i santi che abbiamo in cielo e in terra: il Signore non ci abbandona.