I ragazzi salvati da suor Elvira Tutolo e dai volontari della Ong Kizito nella Repubblica Centrafricana

Un abbraccio di speranza

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01 febbraio 2022

Pacomio, 15 anni, è ospite del Centro Wotoro di Berberati, nella Repubblica Centrafricana, gestito dalla Ong Kizito, fondata da suor Elvira Tutolo, una missionaria delle Suore della carità santa Giovanna Antida Thouret, che si occupa del recupero di minori sottratti alla strada e alle bande armate che imperversano nel martoriato Paese. Con la terribile accusa di violenza sessuale su una ragazzina, figlia di vicini di casa, il quindicenne potrebbe finire in prigione. Non un carcere per minorenni, perché lì non ce ne sono, ma in una struttura penale insieme a detenuti adulti.

Lui si dichiara innocente. In attesa di accertare i fatti, il Tribunale locale ha deciso di affidarlo nel frattempo a Kizito, riconosciuta — unica nel Paese — come Ong nazionale per la protezione dei minori che hanno pendenze con la legge e come alternativa al carcere.

A rendere nota questa triste vicenda è proprio suor Elvira. Via Whatsapp ci invia un video in cui Pacomio, ancora visibilmente sconvolto, nella sua lingua, il sango, racconta un po’ della sua storia. Dice che le sue sofferenze sono cominciate con la morte del padre. Quando la sua famiglia, senza più quel fondamentale sostegno, è finita in miseria. Racconta del giorno in cui i vicini di casa lo hanno accusato di aver avuto un rapporto sessuale con la loro figlia e lo hanno portato con la forza in gendarmeria e da lì alla prigione. «Nessuno voleva credermi. Entrando in carcere — ricorda — ho avuto paura. Ero scioccato. C’era tanta sporcizia. Mia mamma è povera, ma non sporca, invece la prigione era impossibile. Ho pensato di andare verso la morte».

Ma poi è accaduto qualcosa di inatteso. «Sono arrivati i “papà Kizito” — racconta ancora Pacomio, che non sapeva nemmeno chi fossero —. Mi hanno parlato, mi hanno dato un asciugamano e un pezzo di sapone. Il giorno dopo sono tornati, mi hanno fatto uscire dalla prigione e su una moto mi hanno portato a Wotoro dicendo che avevano il permesso del tribunale».

Ma chi sono i “papà Kizito”? «Sono gli uomini che, con le loro mogli, hanno accolto all’inizio l’invito a svolgere un servizio per il recupero dei bambini di strada – spiega suor Elvira —. Un impegno che, dalla garanzia di un pasto caldo al giorno e di un po’ di lezioni per imparare a leggere a scrivere, si è trasformato in una vera e propria accoglienza in casa, per assicurare a ognuno di quei ragazzi l’affetto di un padre e di una madre. Abbiamo iniziato un cammino di formazione umana e spirituale di alcune giovani coppie, affinché maturassero la decisione e apprendessero le competenze necessarie per accogliere nelle loro case uno o due di questi ragazzi».

E così è stato. Le giovani coppie hanno risposto con generosità e molte famiglie, alcune già con figli propri, si sono arricchite di figli adottivi, “figli del cuore”, da crescere con amore pur tra mille difficoltà e da reinserire, dove possibile, nelle loro famiglie d’origine.

Grazie a loro, di storie di ragazzi salvati da suor Elvira, battagliera settantaduenne da 30 in Africa, prima in Ciad e Camerun, poi, dal 2001, nella Repubblica Centrafricana, ce ne sarebbero tante da raccontare. Alcune terribili, come quella di Samuel, che è ospite del centro da due anni in alternativa al carcere: «Ha ucciso il padre per una storia di diamanti», dice la religiosa, e non aggiunge altro.

Nel corso degli anni, per offrire opportunità di lavoro e di reinserimento ai ragazzi, a Wotoro è sorta una “fattoria pedagogica” dove, oltre alla coltivazione della terra, si insegnano tecniche edilizie e attività artigianali come la lavorazione del vimine, del legno e del pellame. Tra le iniziative più recenti, i corsi di formazione per sarte e parrucchiere, nonché corsi di alfabetizzazione per i detenuti al fine di aiutarli a reintegrarsi nella società. Un impegno che ha richiamato l’attenzione anche di diverse organizzazioni internazionali, come la forza di pace delle Nazioni Unite in Centrafrica, la Minusca, che ha affidato alcune opere sociali alla Ong, tra cui la realizzazione del mercato e la ristrutturazione dello stadio di Berberati.

Ma anche le famiglie adottive hanno bisogno di sostegno. E così alcuni genitori lavorano la terra affiancando i ragazzi e per loro è stata attrezzata anche un’officina per la riparazione di pneumatici e sempre a loro stata affidata la gestione di un punto di ristoro.

In questi anni l’Ong Kizito ha formato e reinserito nella società più di 500 ragazzi, di cui 200 ex soldati (50 erano bambine). Molti lavorano, altri studiano. Un impegno enorme che nel corso degli anni si è retto grazie al sostegno di alcuni finanziatori istituzionali internazionali ma anche di associazioni e di privati italiani. Ma ora suor Elvira è preoccupata per il futuro. I fondi cominciano a scarseggiare e lei, come sempre, si affida alla Provvidenza. Che spesso è passata attraverso la generosità di uomini e donne di buona volontà.

Le difficoltà quotidiane sono tante in un Paese povero, seppure ricco di preziose risorse naturali, profondamente segnato da una violenza che sembra non avere fine. Ma oggi l’abbraccio riconoscente dei bambini e dei ragazzi e il loro ritrovato sorriso ripagano la religiosa e i suoi volontari delle tante fatiche e dei pericoli quotidiani. E sono un segno di speranza per il futuro.

di Gaetano Vallini