La rielezione di Sergio Mattarella e il primato delle istituzioni

Per il bene dell’Italia

epa09717166 A handout photo made available by Quirinale Palace Press Office shows re-elected Italian ...
31 gennaio 2022

«Non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati» che «devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti». Queste parole pronunciate da Sergio Mattarella sabato sera, subito dopo l’accettazione dell’incarico per un nuovo settennato al Quirinale, verranno ricordate a lungo dagli italiani. Con quello stile al tempo stesso sobrio ed empatico, che è la cifra umana e istituzionale che lo contraddistingue e che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare, il Presidente della Repubblica italiana ha indicato le ragioni di una scelta che — tutti ne sono consapevoli — gli è costata non poco. Raggiunti gli 80 anni di età, quaranta dei quali vissuti da protagonista nelle istituzioni repubblicane, Mattarella voleva dedicare l’ultimo tratto della sua vita agli affetti più cari. Se non è stato possibile rispettare questa volontà, espressa pubblicamente a parole e con gesti inequivocabili, è perché coerentemente con quanto testimoniato in questi sette anni da capo dello Stato, ha messo il bene dell’Italia davanti al suo. Appunto, i doveri istituzionali prima delle prospettive personali.

È una coerenza, questa, che viene da lontano, respirata in famiglia e ispirata da quelle figure — come De Gasperi, La Pira, Moro ma anche don Primo Mazzolari — che Mattarella ha potuto apprezzare fin dalla giovane età e che lo hanno guidato idealmente nel suo percorso lungo e a volte accidentato, sempre e comunque al servizio disinteressato del popolo italiano. La dimensione della responsabilità, il primato delle istituzioni, il senso dello Stato sono state le pietre miliari di questo cammino, che non si interrompe ma dopo il voto a larghissima maggioranza di sabato 29 gennaio prosegue rafforzando la sua caratura di statista. Nel telegramma di augurio per la rielezione, Papa Francesco ha voluto sottolineare lo «spirito di generosa disponibilità» con cui Sergio Mattarella ha accolto «l’alto incarico» per una seconda volta. Quindi, significativamente, ha osservato che in un momento così delicato a causa della pandemia, «il suo servizio è ancora più essenziale per consolidare l’unità e trasmettere serenità al Paese».

Sì, l’Italia ha bisogno di unità e serenità. La settimana che ha portato alla riconferma di Mattarella al Quirinale è stata difficile, a tratti drammatica, e ha messo a dura prova la credibilità del sistema politico di fronte ad un popolo italiano che seguiva con straordinario interesse (e a tratti con non meno stupore) le evoluzioni di candidature che duravano il tempo di un telegiornale, mentre le segreterie dei partiti sembravano sempre più avvitarsi su sé stesse. Per molti osservatori queste elezioni presidenziali hanno decretato (o ribadito in modo eclatante) la crisi dei partiti incapaci di trovare una soluzione valida nell’interesse nazionale che non fosse, appunto, la rielezione di un Presidente che si era detto indisponibile a rimanere al Colle. D’altro canto, non è stato affatto gradito il modo superficiale, poco convinto e poco convincente, con cui è stato posto il tema dell’elezione di una donna alla massima carica dello Stato. L’Italia ha bisogno del genio femminile ad ogni livello: la questione è quanto mai urgente e non consente ulteriori ritardi.

Queste le ombre. Non sono mancate tuttavia le luci in questo snodo così delicato a partire dalla tenuta delle istituzioni, in particolare del Parlamento che, al momento decisivo, ha saputo indicare anche oltre (se non contro) la volontà dei partiti la scelta migliore per il bene del Paese. Non è sfuggito ai cronisti più attenti che, sabato mattina, a chiedere la disponibilità di Mattarella sono saliti al Colle i capi-gruppo parlamentari, non i leader di partito. Altra nota positiva — salutata con favore dalle istituzioni europee, dalle cancellerie internazionali e dai mercati — è il rafforzamento che, dal Mattarella bis, trae sicuramente il governo di Mario Draghi. Il premier e il suo esecutivo dovranno, nei prossimi mesi, confrontarsi con numerose e urgenti sfide, dalla crisi pandemica alla ripresa dell’economia. Passaggi che si potranno affrontare senza troppi timori anche in ragione dell’autorevolezza conquistata, sia a livello nazionale che all’estero, dagli inquilini del Palazzo del Quirinale e di Palazzo Chigi. Gli italiani possono dunque guardare al futuro con rinnovata fiducia grazie alla disponibilità di un autentico servitore dello Stato, che non si è sottratto al cambio dei suoi programmi per il bene del Paese.

di Alessandro Gisotti

 

Gli auguri del Pontefice al presidente Mattarella

Una scelta di stabilità