Il magistero di Papa Francesco

 Il magistero di Papa Francesco  QUO-021
27 gennaio 2022

Venerdì 21

Vorrei condividere alcune riflessioni su tre parole: dignità, discernimento e fede.

Dignità

Se la fraternità è la destinazione che il Creatore ha disegnato per l’umanità, la strada principale resta il riconoscimento della dignità di ogni persona.

Nella nostra epoca segnata da tensioni sociali, politiche e sanitarie, cresce la tentazione di considerare l’altro come estraneo.

Siamo chiamati a richiamare, seguendo un bimillenario insegnamento, che la dignità di ogni essere umano vale dal concepimento fino alla morte naturale.

L’affermazione di una tale dignità è il presupposto irrinunciabile.

La Chiesa ha sempre promosso il valore intangibile della dignità umana.

Discernimento

Sempre di più oggi ai credenti è chiesta l’arte del discernimento.

Mentre si trovano davanti a questioni inedite e complesse, aumenta un bisogno di spiritualità che non sempre trova nel Vangelo il suo riferimento. Accade che si abbia a che fare con presunti fenomeni soprannaturali, per i quali il popolo di Dio deve ricevere indicazioni sicure e solide.

Il discernimento trova un ambito di applicazione nella lotta contro gli abusi.

La Chiesa sta portando avanti con ferma decisione l’impegno di rendere giustizia alle vittime degli abusi operati dai suoi membri, applicando con rigore la legislazione canonica prevista.

In questa luce ho proceduto all’aggiornamento delle Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, con il desiderio di rendere più incisiva l’azione giudiziaria.

Questa da sola non può bastare, ma costituisce un passo necessario per ristabilire la giustizia, riparare lo scandalo ed emendare il reo. Un simile impegno si esprime anche in un altro campo: lo scioglimento del vincolo matrimoniale in favorem fidei.

Quando, in virtù della potestà petrina, la Chiesa concede lo scioglimento di un vincolo matrimoniale non-sacramentale, non si tratta solo di porre fine canonica a un matrimonio, comunque già fallito di fatto, ma tramite questo atto eminentemente pastorale intendo sempre favorire la fede cattolica — in favorem fidei! — nella nuova unione e nella famiglia, di cui tale nuovo matrimonio sarà il nucleo.

Vorrei soffermarmi anche sul discernimento nel percorso sinodale.

Qualcuno può pensare che il percorso sinodale è ascoltare tutti, fare un’inchiesta e dare risultati.

No. Un percorso sinodale senza discernimento non è un percorso sinodale.

Occorre discernere continuamente le opinioni, i punti di vista, le riflessioni.

Questo discernimento è quello che farà del Sinodo un vero Sinodo, di cui il personaggio più importante è lo Spirito Santo, e non un parlamento o un’inchiesta di opinioni che possono fare i media.

Fede

La vostra Congregazione è chiamata a difendere ma anche a promuovere la fede.

Senza la fede, la presenza dei credenti nel mondo si ridurrebbe a quella di un’agenzia umanitaria.

La fede dev’essere il cuore della vita e dell’azione di ogni battezzato. E non una fede generica o vaga, come vino annacquato; ma genuina, schietta. Non accontentiamoci di una fede tiepida, abitudinaria.

(Discorso ai partecipanti alla plenaria
della Congregazione per la dottrina della fede
)

Domenica 23

Nella Liturgia odierna Gesù si reca a Nazaret nella sinagoga. Si alza e legge nel rotolo del profeta Isaia il passo sul Messia. Finito, dice: «Oggi si è compiuta questa Scrittura».

La prima
predica
di Gesù

Soffermiamoci su questo oggi... che attraversa ogni epoca e rimane sempre valido. Quando leggi la Parola, nella tua anima incomincia un “oggi”.

La profezia di Isaia risaliva a secoli prima, ma Gesù la rende attuale. Non come una storia antica: oggi parla al tuo cuore.

I compaesani di Gesù anche se, annebbiati dai pregiudizi, intuiscono che in Lui c’è di più: l’unzione dello Spirito Santo.

A volte le nostre prediche e i nostri insegnamenti rimangono astratti... perché mancano della forza di questo oggi.

Gesù “riempie di senso” con la potenza dello Spirito l’oggi.

A volte si ascoltano conferenze impeccabili, discorsi ben costruiti, che però non smuovono il cuore.

Anche tante omelie — lo dico con rispetto ma con dolore — invece di svegliare l’anima l’addormentano.

Quando i fedeli incominciano a guardare l’orologio — “quando finirà questo?” — la predicazione corre questo rischio: senza l’unzione dello Spirito impoverisce la Parola di Dio, scade nel moralismo o in concetti astratti; presenta il Vangelo come fosse fuori dal tempo, lontano dalla realtà.

Una Parola in cui non pulsa la forza dell’oggi non aiuta. Chi predica è il primo a dover sperimentare l’oggi di Gesù, così da poterlo comunicare nell’oggi degli altri.

E se vuole fare lezioni, conferenze, che lo faccia, ma non al momento dell’omelia, dove deve dare la Parola.

In questa Domenica della Parola di Dio vorrei ringraziare i predicatori e gli annunciatori del Vangelo che rimangono fedeli alla Parola che scuote, fedeli all’“oggi”.

La Parola di Dio è efficace, ci cambia, entra nelle nostre vicende, illumina il nostro quotidiano, consola e mette ordine.

Essa trasforma una giornata qualsiasi nell’oggi in cui Dio ci parla.

Prendiamo in mano il Vangelo, ogni giorno un piccolo brano.

Portate in tasca il Vangelo o nella borsa, per leggerlo in qualsiasi momento.

Scopriremo che quelle parole sono fatte apposta per la nostra vita.

Ci aiuteranno ad accogliere ogni giornata con uno sguardo più sereno, perché, quando il Vangelo entra nell’oggi, lo riempie di Dio.

Vorrei farvi una proposta. Nelle domeniche di quest’anno liturgico viene proclamato il Vangelo di Luca, il Vangelo della misericordia. Perché non leggerlo anche personalmente, tutto quanto, un piccolo passo ogni giorno?

La Parola di Dio è anche il faro che guida il percorso sinodale in tutta la Chiesa.

Mentre ci impegniamo ad ascoltarci a vicenda, con attenzione e discernimento, ascoltiamo insieme la Parola di Dio e lo Spirito Santo.

Sant’Ireneo dottore
della Chiesa

Nel contesto della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, ho accolto la proposta giunta da più parti e ho proclamato Sant’Ireneo di Lione Dottore della Chiesa Universale.

La dottrina di questo Santo pastore e maestro è come un ponte fra Oriente e Occidente: per questo lo indichiamo come Dottore dell’Unità, Doctor Unitatis.

(Angelus in piazza San Pietro)

Lunedì 24

Vicine
ai giovani
in crisi
a causa della pandemia

Rendo grazie al Signore per il vostro carisma educativo. Nella fedeltà alle intuizioni dei fondatori san Pierre Fourrier e beata Alix Le Clerc, vi siete impegnate per un’educazione popolare, alla fede, alla giustizia e una vicinanza ai poveri.

Vi incoraggio a essere discepole missionarie e comunità di speranza.

Il tema scelto per il capitolo, “Patto educativo della Congregazione Notre-Dame”, invita a riflettere sulle nuove vie per raggiungere i giovani nella realtà quotidiana.

Davanti alle sfide e ai pericoli che insidiano i giovani, auspico che il vostro impegno ed entusiasmo, forgiati nel Vangelo, restituiscano ad essi il gusto della vita.

Con le vostre parole, azioni e testimonianza, mandate un messaggio al mondo che rifiuta le categorie vulnerabili.

Possiate abbeverarvi, con la preghiera e l’adorazione, alla sorgente della bontà e della verità, e trovare la forza di posare uno sguardo di tenerezza sul mondo, facendo particolare attenzione agli svantaggiati.

In questo momento, nel quale la pandemia di Covid-19 ha prodotto una crisi dai molteplici aspetti, in particolare sull’educazione e sui giovani, vi invito a farvi più vicine alle persone che vivono isolamento, tristezza e scoraggiamento.

(Discorso alle Canonichesse di Sant’Agostino della congregazione di Nostra Signora)

Martedì 25

Il coraggio
di invertire
la rotta

Accogliamo l’accorato desiderio di Gesù, che ci vuole «una sola cosa» e camminiamo verso la piena unità! Ci aiutano i Magi. Il loro itinerario ha tre tappe: comincia da oriente, passa attraverso Gerusalemme e raggiunge Betlemme.

Partono «da oriente», perché da lì vedono spuntare la stella. Non si accontentano delle loro conoscenze e tradizioni, desiderano di più.

Seguiamo anche noi la stella! Non lasciamoci distogliere dai bagliori del mondo, stelle luccicanti ma cadenti.

Non seguiamo le mode del momento; la tentazione di brillare di luce propria, chiuderci nel nostro gruppo e autoconservarci.

Non dimentichiamo che, guardando la luce, la nostra Chiesa, nel cammino dell’unità, continua a essere il “mysterium lunae”. Camminiamo insieme, sostenendoci a vicenda, come i Magi.

In cammino con i Magi

La tradizione li ha spesso raffigurati con abiti variegati, a rappresentare popolazioni differenti. In loro possiamo vedere le nostre diversità, tradizioni ed esperienze cristiane, ma anche la nostra unità.

L’oriente ci fa pensare anche ai cristiani che abitano diverse regioni falcidiate da guerra e violenza.

Proprio il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente ha preparato i sussidi per questa Settimana di preghiera. Hanno sfide difficili da affrontare, eppure con la loro testimonianza ci danno speranza.

Attorno a Cristo, in Cielo, brillano insieme, senza distinzioni di confessione, moltissimi martiri: essi indicano una via precisa, quella dell’unità!

Arrivano a Gerusalemme, ma nella città santa i Magi sperimentano la resistenza delle forze oscure del mondo.

Non c’è solo Erode che si sente minacciato da una regalità diversa da quella corrotta dal potere mondano; tutta Gerusalemme si turba.

Anche lungo il nostro cammino verso l’unità può accadere di arrestarci per lo stesso motivo: la paura.

È il timore della novità, che scuote le abitudini e le sicurezze acquisite.

Non temiamo di anteporre il fratello alle nostre paure! Il Signore desidera che ci fidiamo gli uni degli altri e camminiamo insieme nonostante debolezze, peccati, gli sbagli del passato e le ferite reciproche.

A Gerusalemme, luogo di delusione e opposizione, dove la via indicata dal Cielo sembra infrangersi contro i muri eretti dall’uomo, i Magi scoprono la via per Betlemme. Sono i sacerdoti e gli scribi a fornire l’indicazione, scrutando le Scritture.

Trovano Gesù non solo grazie alla stella, nel frattempo scomparsa; hanno bisogno della Parola di Dio.

Anche noi cristiani non possiamo arrivare al Signore senza la sua Parola.

Essa è stata data all’intero Popolo di Dio, perché sia accolta, pregata, meditata.

Avviciniamoci a Gesù attraverso la sua Parola, ma anche ai fratelli.

L’ultima tappa Betlemme. Lì entrano nella casa si prostrano e adorano il Bambino. Così si conclude il loro viaggio: insieme, in adorazione.

I Magi anticipano i discepoli di Gesù, i quali, diversi ma uniti, alla fine del Vangelo si prostrano davanti al Risorto sul monte della Galilea.

Diventano segno di profezia per noi, desiderosi del Signore, compagni di viaggio lungo le strade del mondo, cercatori attraverso la Sacra Scrittura dei segni di Dio.

Anche per noi l’unità piena può giungere attraverso l’adorazione.

La tappa decisiva del cammino verso la piena comunione richiede una preghiera più intensa, richiede di adorare Dio.

I Magi ricordano che per adorare occorre prima prostrarsi... piegarci verso il basso, mettere da parte le pretese.

Quante volte l’orgoglio è stato il vero ostacolo alla comunione! I Magi hanno avuto il coraggio di lasciare prestigio e reputazione, per abbassarsi nella povera casetta di Betlemme.

Il coraggio
dell’umiltà

Abbassarsi, lasciare, semplificare: chiediamo questo coraggio dell’umiltà, unica via per arrivare ad adorare Dio nella stessa casa, attorno allo stesso altare.

Solo dopo aver pregato insieme ci rendiamo conto dei tesori che ciascuno possiede. Tesori che appartengono a tutti, che vanno offerti e condivisi.

Sono doni che lo Spirito destina al bene comune, all’edificazione e all’unità del suo popolo. E di questo ci accorgiamo anche servendo: quando doniamo a chi è nel bisogno offriamo a Gesù, che si identifica con chi è ai margini; e ci unisce tra noi.

I doni dei Magi simboleggiano quello che il Signore desidera.

L’oro, l’elemento più prezioso, perché Dio è al primo posto.

È a Lui che occorre guardare, non a noi; alla sua volontà, non alla nostra; alle sue vie, non alle nostre.

Se il Signore è davvero al primo posto, le nostre scelte, anche ecclesiastiche, non possono più basarsi sulle politiche del mondo, ma sui desideri di Dio.

L’incenso richiama l’importanza della preghiera, che sale a Dio come profumo.

Non stanchiamoci di pregare gli uni per gli altri e gli uni con gli altri.

Infine la mirra, usata per onorare il corpo di Gesù deposto dalla croce, rimanda alla cura per la carne sofferente del Signore, straziata nelle membra dei poveri. Serviamo i bisognosi, serviamo insieme Gesù che soffre!

Come Saulo prima dell’incontro con Cristo, abbiamo bisogno di cambiare strada, di invertire la rotta delle abitudini e delle convenienze per trovare la via.

Donaci, Signore, il coraggio di cambiare strada, di seguire la tua volontà e non le nostre opportunità; di andare avanti insieme, verso di Te, che con il tuo Spirito vuoi fare di noi una sola cosa.

(Omelia per la conclusione della lv Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani,
basilica di San Paolo fuori le Mura
)

Mercoledì 26

Essere padri
e madri
con il coraggio di Giuseppe

Oggi vorrei soffermarmi sulla figura di San Giuseppe come uomo che sogna. Nella Bibbia e nelle culture dei popoli antichi, i sogni erano considerati un mezzo attraverso cui Dio si rivelava.

Il sogno simboleggia la vita spirituale, quello spazio interiore, che ognuno è chiamato a coltivare, dove Dio si manifesta.

Ma dentro di noi ci sono tante altre voci: le voci delle nostre paure, delle esperienze passate, delle speranze; la voce del maligno che vuole ingannarci.

È importante riuscire a riconoscere la voce di Dio in mezzo alle altre.

Giuseppe dimostra di saper coltivare il silenzio necessario e, soprattutto, prendere le giuste decisioni.

Fa bene riprendere i quattro sogni riportati nel Vangelo e che hanno lui come protagonista. Nel primo l’angelo aiuta Giuseppe quando viene a conoscenza della gravidanza di Maria.

Molte volte la vita ci mette davanti a situazioni che non comprendiamo e sembrano senza soluzione. Pregare, in quei momenti, significa lasciare che il Signore indichi la cosa giusta da fare.

Spesso è la preghiera che fa nascere l’intuizione della via d’uscita. Il Signore non permette mai un problema senza darci l’aiuto per affrontarlo.

Non ci butta nel forno da soli. Non ci butta fra le bestie.

Il secondo sogno arriva quando la vita di Gesù è in pericolo. Giuseppe «si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto».

Tutti facciamo esperienza di pericoli che minacciano la nostra esistenza o quella di chi amiamo. In queste situazioni, pregare vuol dire ascoltare la voce che può far nascere lo stesso coraggio di Giuseppe.

In Egitto, egli attende da Dio il segno per poter tornare a casa; questo il contenuto del terzo sogno.

L’angelo gli rivela che sono morti quelli che volevano uccidere il bambino e gli ordina di ritornare in patria.

Ma durante il viaggio, «quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura».

Ecco la quarta rivelazione: «Avvertito in sogno, si ritirò nella Galilea e andò ad abitare a Nazaret».

Anche la paura fa parte della vita e anch’essa ha bisogno della nostra preghiera.

Dio non ci promette che non avremo mai paura, ma che, con il suo aiuto, essa non sarà il criterio delle nostre decisioni.

Luce nelle
situazioni
di buio

Giuseppe prova paura, ma Dio lo guida. La potenza della preghiera fa entrare la luce nelle situazioni di buio.

Tante persone schiacciate dal peso della vita non riescono più a sperare né a pregare.

Giuseppe possa aiutarle ad aprirsi al dialogo con Dio, per ritrovare pace.

Penso ai genitori davanti ai problemi dei figli. Figli ammalati, anche con malattie permanenti: quanto dolore.

Genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli; come gestire questo e accompagnare i figli e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio.

Genitori che vedono i figli che se ne vanno, muoiono, per una malattia e anche in incidente con la macchina.

Genitori che vedono i figli che non vanno avanti nella scuola.

A questi genitori dico: non spaventatevi. Sì, c’è dolore. Tanto. Ma pensate come ha risolto i problemi Giuseppe e chiedete che vi aiuti. Mai condannare un figlio.

Le mamme
dei carcerati

A me fa tanta tenerezza — me lo faceva a Buenos Aires — quando andavo nel bus e passavo davanti al carcere: c’era la coda delle persone che dovevano entrare per visitare i carcerati.

E c’erano le mamme: davanti al problema di un figlio che ha sbagliato non lo lasciavano solo, ci mettevano la faccia.

Accompagnare i figli sempre

Questo coraggio di papà e di mamma che accompagnano i figli sempre: chiediamo al Signore di dare a tutti i papà e a tutte le mamme questo coraggio.

La preghiera non è un gesto astratto o intimistico, come vogliono fare i movimenti spiritualisti più gnostici che cristiani. Essa è sempre indissolubilmente legata alla carità.

Solo quando uniamo alla preghiera l’amore, riusciamo a comprendere il Signore.

Giuseppe pregava, lavorava e amava — tre cose belle per i genitori: pregare, lavorare e amare — e per questo ha ricevuto sempre il necessario per affrontare le prove della vita.

(Udienza generale nell’Aula Paolo vi )