Grazie a loro migliaia di ebrei riuscirono a salvarsi

I tre angeli di Ponte Chiasso

 I tre angeli  di Ponte Chiasso  QUO-021
27 gennaio 2022

Il giardino di una casa, in un paese del Nord Italia, che durante la Seconda Guerra Mondiale diventa luogo magico di salvezza per migliaia di ebrei e persone in fuga dalla barbarie nazi-fasciste. È la storia incredibile e fino a poco tempo fa inedita dei tre angeli del comune lombardo di Ponte Chiasso, in provincia di Como. Sollevando nottetempo la rete metallica che segnava il confine con la Svizzera permisero a ebrei, perseguitati politici e partigiani di mettersi in salvo e scampare alle deportazioni nei campi di concentramento. Gli angeli sono una giovane madre di famiglia di origini siciliane, Giuseppina Panzica e due militari della Guardia di Finanza, il finanziere Tolis e il Maresciallo Boetti, che collaborarono con le organizzazioni antifasciste perché i perseguitati fossero fatti espatriare clandestinamente.

Quel giardino a Ponte Chiasso era una via di salvezza a portata di mano, facilmente raggiungibile da Milano, meno rischiosa degli impervi sentieri di montagna. Giuseppina, mamma quarantenne, originaria di Caltanissetta, con il marito Salvatore Luca, ex finanziere, abitava proprio nella casa con giardino confinante con il territorio elvetico e la collaborazione con i militari, inviati sul confine per evitare il contrabbando, scattò subito e diventò una possibilità di vita per molti, oltre che un canale per far arrivare documenti destinati ai partigiani.

Una scelta coraggiosa presa nella consapevolezza dei rischi che correva tutta la famiglia. Scoperti dalla Gestapo nel 1944, grazie a una delazione anonima, i tre furono infatti arrestati e deportati. Il finanziere Giovanni Gavino Tolis morì nel campo di Mauthausen, mentre la Panzica e il Boetti scamparono all’eccidio e fecero ritorno in Italia. Ma come tanti altri sopravvissuti ai lager nazisti non pensarono di dover raccontare la loro storia, restando a lungo eroi sconosciuti e forse inconsapevoli. Oggi hanno ricevuto la Medaglia d’Oro al Merito civile e — nella Giornata della Memoria — alla Panzica viene dedicata una via nella sua città natale.

La vicenda è riproposta nel libro Sopravvissuta a Ravensbrück. Giuseppina Panzica, una mamma che aiutò gli ebrei (Trapani, Il Pozzo di Giacobbe 2021, pagine 192), firmato dal Colonnello Gerardo Severino — direttore del Museo della Guardia di Finanza — e dal giornalista Vincenzo Grienti, testo fa emergere dall’oblio una fra le tante storie capaci di accendere delle piccole luci nel buio della Shoah. Scrive nella prefazione la senatrice Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz: «Giuseppina Panzica è un esempio di quelle italiane e italiani, il più delle volte persone semplici, che ascoltarono il richiamo della coscienza». Una donna credente — ricorda la Segre — che seppe seguire «il comandamento cristiano della carità senza secondi fini». «Essi non furono indifferenti. Fossero stati di più i nostri concittadini così in quei frangenti!».

Se l’obbiettivo della Giornata internazionale della Memoria è — come ha ricordato Papa Francesco — favorire nelle nuove generazioni «la consapevolezza dell’orrore di questa pagina nera della storia», ricordare oggi le azioni coraggiose e disinteressate di angeli come quelli di Ponte Chiasso è un monito a non disperare mai e a impegnarsi contro l’antisemitismo, l’odio razziale e contro ogni guerra. Nella fiducia che l’amore disinteressato e la fratellanza non soccombono anche nei frangenti più tragici.

Merito del recupero di questa preziosa memoria va soprattutto al Nucleo di Ricerca della Guardia di Finanza che da almeno quindici anni esamina gli archivi per scrivere la storia degli aiuti agli ebrei e ai perseguitati dati dai militari del Corpo tra il 1943 e il 1945.

«Sono vicende — spiega il Colonnello Severino — che nascono dalla volontà del Corpo di reagire all’occupazione nazi—fascista. Potrei raccontare centinaia di casi di aiuto sia singoli che collettivi». Nella stessa Roma, alla Stazione Tiburtina, alcuni finanzieri spiombarono i vagoni piombati e fecero fuggire i prigionieri che stavano per essere deportati nei lager. Sempre nella Capitale e in altre città del Centro-Nord, i finanzieri ospitarono degli ebrei in alcune abitazioni private. «Abbiamo pubblicato molti libri e articoli — spiega ancora Severino — per ricordare questa pagina straordinaria della nostra storia, purtroppo poco conosciuta e divulgata. Siamo anche riusciti a far insignire dal Governo di Israele cinque nostri militari con la Medaglia di Giusti tra le Nazioni. Una decina sono le Medaglie d’Oro al Merito civile, concesse alla memoria dei nostri militari che sono deceduti nei lager nazisti per aver salvato la vita altrui. Abbiamo avuto più di cinquemila deportati e internati nei lager nazisti e quasi trecento non sono tornati».

Come nel caso dei tre angeli di Ponte Chiasso, molti dei militari della Guardia di Finanza sopravvissuti alla Shoah, quando sono tornati dai campi o dalla guerra non hanno raccontato le vicende di cui erano stati protagonisti. «La cosa più bella – conclude il Colonnello — è che siamo riusciti a dare un po’ di luce a questi eroi e a farli conoscere all’opinione pubblica».

di Fabio Colagrande