Messaggio delle Chiese cattolica, protestante e ortodossa in Italia per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Come piccole stelle che guardano ai martiri

24 gennaio 2022

«Illuminati dal comune battesimo, insieme siamo come piccole stelle che adornano in modo intellegibile il cielo spirituale della Chiesa di Cristo e l’intero universo. Un grande oikos capace di accogliere il prossimo non come straniero ma quale fratello e sorella che cerca una famiglia dove trovare sollievo, luce e speranza». Una similitudine significativa contenuta nel messaggio che la Chiesa cattolica e quelle protestanti e ortodosse in Italia hanno rivolto alle loro comunità per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà domani 25 gennaio, caratterizzata da incontri, momenti di raccoglimento, tavole rotonde e celebrazioni in tutto il territorio. A firmare il testo il vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, il pastore Luca Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, e Polykarpos Stavropoulos, arcivescovo metropolita ortodosso d’Italia ed esarca per l’Europa meridionale. «In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo», è il tema della Settimana scelto a livello internazionale dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, al quale è stato affidato anche il compito di preparare e proporre i testi per le veglie di preghiera.

Il Medio Oriente: una terra, scrivono i responsabili delle Chiese italiane, di «fascino e sapienza» ma che agli occhi dell’uomo di oggi è «divenuta sinonimo di luoghi martoriati, ormai teatro di sofferenze, conflitti e guerre»; una terra «così lontana dal nostro modo di vivere la quotidianità» da diventare oggi culla di «un altro tipo di ecumenismo, che possiamo definire “ecumenismo di martirio”». Ma anche una terra, aggiungono, «che produce martiri che illuminano con i loro bagliori di luce il cielo spirituale dell’intera Chiesa di Cristo» e che porta alla nostra attenzione «l’esempio di una fede viva che riesce a superare le differenze che dividono Cristo, unico fondamento della nostra fede».

Ai cristiani di quelle terre lontane, allora, le Chiese in Italia offrono «un omaggio di ringraziamento e un piccolo fiore che noi con devozione posiamo lì dove giacciono i nostri fratelli martirizzati per Cristo». Un ricordo sempre vivo che emerge in tutta la sua pienezza in eventi come la Settimana, in cui i cristiani pregano per «l’unità visibile della Chiesa», rinnovando ogni anno i momenti di raccoglimento. Quest’anno, sottolineano le Chiese italiane, la preghiera è ammantata dal desiderio di lenire le ferite della paura, dell’angoscia e della «mancanza di fiducia verso il prossimo, che potenzialmente rischia di diventare la causa della nostra sofferenza». Un desiderio animato dalla speranza di vedere quanto prima sbiadirsi e poi dissolversi quel quadro delineato nel messaggio: «L’umanità di oggi si richiude in se stessa, cerca di recidere i rapporti con il prossimo e vivere non soltanto in una separatezza fisica, ma in un isolamento spirituale che fa crescere a dismisura la sua solitudine e la sua sofferenza psicofisica. Arenandosi nella loro solitudine esistenziale, gli uomini e le donne di oggi gridano a se stessi e si chiedono: ma che valore può avere la nostra preghiera davanti alle tante divisioni che strappano l’unica tunica di Cristo? Che valore può avere la preghiera di fronte al dominio della morte?». Il fatalismo e la rassegnazione, viene ribadito, portano solo a un vicolo cieco e buio dove si fa sempre più fatica a scorgere la luce divina. Da qui pertanto il fermo invito «a pregare e a collaborare per la riconciliazione e il superamento delle nostre divisioni».

di Rosario Capomasi