Una lettura delle relazioni con le Chiese ortodosse di tradizione bizantina

Attraverso i santi e i poveri riscopriamo la comunione fraterna

 Attraverso i santi e i poveri riscopriamo la comunione fraterna  QUO-016
21 gennaio 2022

Ripercorrere gli eventi più significativi di un anno appena trascorso diventa sempre — soprattutto per un credente — anche l’occasione per cercare il “filo conduttore” che lega gli eventi, la “parola” di Dio in essi racchiusa. Questa è una necessità particolarmente avvertita in un anno così straordinario come quello conclusosi da poco, segnato da una pandemia che ha costretto e che costringe a “ripensare” il mondo in cui viviamo, a guardare le cose da un’altra prospettiva. Ho provato così a leggere anche gli eventi che hanno caratterizzato le relazioni del nostro dicastero con le Chiese ortodosse di tradizione bizantina nel 2021, anno che si è aperto sullo sfondo del 40° anniversario della proclamazione dei santi fratelli Cirillo e Metodio come co-patroni d’Europa da parte di Papa san Giovanni Paolo ii con la lettera apostolica Egregiae virtutis (31 dicembre 1980).

Nel febbraio 2021 si è tenuta online la conferenza «Chiesa e pandemia: sfide e prospettive», in occasione del quinto anniversario dell’incontro a L’Avana tra Papa Francesco e sua santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia. Da parte della Santa Sede, hanno preso parte alla riunione il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, alcuni officiali del dicastero, e monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. I partecipanti della Chiesa ortodossa russa erano il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, alcuni officiali del dipartimento, e il vescovo Panteleimon, presidente del Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale della Chiesa. Tutti hanno confermato che la pandemia ha rivelato una serie di squilibri internazionali e sociali acuti, per il superamento dei quali sono essenziali, oltre alla testimonianza comune, le azioni congiunte dei cristiani.

Nello stesso mese si è riunito in via telematica il Gruppo misto di coordinamento dei progetti culturali tra la Santa Sede e la Chiesa ortodossa russa. I partecipanti hanno riflettuto sul lavoro intrapreso, constatando in particolare che, a causa della pandemia, non è stato possibile attuare alcuni progetti promettenti. Per quest’anno, con la speranza che la situazione sanitaria permetta di realizzarli, sono stati lanciati nuovi e interessanti progetti nel campo della comunicazione, del sociale, della pastorale e dell’arte. Sempre a febbraio, i vescovi della Chiesa ortodossa serba, riuniti in assemblea nella cattedrale San Sava di Belgrado, hanno eletto il nuovo Patriarca della Chiesa serba, il metropolita di Zagabria e Ljubljana Porfirije (Perić). In una lettera indirizzata al nuovo Patriarca, il cardinale Koch ha espresso le sue felicitazioni e la speranza di «portare avanti la collaborazione, già proficua con i precedenti Patriarchi, e di cementare il nostro impegno a favore delle relazioni tra le nostre Chiese». Il suo augurio è stato anche quello di «continuare a lavorare insieme in diversi campi della vita ecclesiale e culturale, consci che lo scopo ultimo del dialogo è la realizzazione del desiderio principale di Gesù Cristo, nostro Signore, ovvero la piena comunione di tutti i suoi discepoli».

Nel mese di maggio, in occasione della festa dei santi Cirillo e Metodio nel calendario giuliano, Antonij (Mihalev), metropolita per l’Europa centrale e occidentale della Chiesa ortodossa bulgara, ha presieduto la divina liturgia presso la basilica di San Clemente a Roma, dove sono custodite le reliquie di san Cirillo. Il cardinale Koch, nel suo saluto al termine della divina liturgia, ha ricordato che i santi apostoli degli slavi sono un ponte spirituale tra la tradizione orientale e occidentale e possono aiutarci a ritrovare, mediante il dialogo e la preghiera, l’unità visibile nella comunione perfetta. Dopo la celebrazione, il cardinale ha salutato il presidente della Repubblica bulgara, Rumen Radev, e la comunità ortodossa bulgara di Roma con il suo nuovo pastore, il reverendo Ivan Ivanov.

A settembre, durante la sua visita in Ungheria per il Congresso eucaristico, Papa Francesco ha incontrato i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese riunitisi a Budapest. Il Santo Padre ha iniziato il suo discorso affermando: «Le vostre parole […] e la vostra presenza l’uno accanto all’altro esprimono un grande desiderio di unità […] e benedico il percorso di comunione che portate avanti». Papa Francesco ha anche incontrato altri rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese in Slovacchia. Ricordando lo zelo evangelizzatore dei santi Cirillo e Metodio, noti come gli “apostoli degli slavi”, egli ha osservato che i santi potrebbero aiutare i cristiani a riscoprire la comunione fraterna e ha pregato con queste parole: «Ci aiutino i santi Cirillo e Metodio, “precursori dell’ecumenismo”, a prodigarci per una riconciliazione delle diversità nello Spirito Santo […]. Il dono di Dio sia presente sulle tavole di ciascuno perché, mentre ancora non siamo in grado di condividere la stessa mensa eucaristica, possiamo ospitare insieme Gesù servendolo nei poveri. Sarà un segno più evocativo di molte parole».

Nel mese di ottobre, il metropolita Hilarion, in occasione dell’incontro «Fede e scienza: verso la Cop26» e della firma del documento Global Compact on Education, è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco. Alla fine dell’incontro, il metropolita ha offerto in dono al Santo Padre la traduzione russa del libro del Santo Padre La preghiera, con la prefazione del Patriarca Kirill (Lev, 2019). Commentando il libro, nella sua intervista a Vatican News, il metropolita Hilarion ha affermato: «L’esperienza della preghiera è qualcosa che unisce tutti i cristiani. E le lezioni che Papa Francesco dà al suo gregge sono di valore per i lettori russi». Nel novembre 2021, il Santo Padre ha ricevuto in udienza privata Antonij (Mihalev), metropolita dell’Europa occidentale e centrale della Chiesa ortodossa bulgara, accompagnato dal reverendo Ivan Ivanov, parroco della Comunità ortodossa bulgara a Roma e a Milano. Essi hanno portato i saluti di sua santità Neofit, il patriarca di Bulgaria, insieme ai suoi ringraziamenti per le reliquie di san Clemente e san Potit, regalate dal Santo Padre, e per l’ultima visita effettuata da Papa Francesco in Bulgaria. In occasione dell’85° genetliaco di Papa Francesco, il metropolita Hilarion, durante un’udienza privata con il Santo Padre, ha espresso i suoi auguri e consegnato al Pontefice come regalo, a nome del Patriarca Kirill, un’icona della Vergine “del segno”. Il Papa ha offerto al Patriarca per il suo 75° onomastico un mosaico della Vergine “synkatabasis di Dio” insieme al Messaggio della pace per il 2022 e al Documento sulla fratellanza umana. Il Santo Padre ha sottolineato «lo spirito di fraternità» e il comune impegno a «cercare concrete risposte umane e spirituali».

Ci piace pensare che proprio i doni che si sono scambiati il Patriarca Kirill e Papa Francesco suggeriscono quella parola che il Signore ha disseminato negli eventi. C’è un “segno” che il mondo attende da noi cristiani e che il Signore stesso vuole dare: l’Emmanuele, il Dio con noi, l’infinita misericordia di Dio che raggiunge ogni uomo. Questo “segno” è già “dato”, in Cristo l’unità divino-umana è compiuta. A noi il compito di manifestarla, rimanendo nell’unico Corpo di Cristo, verso cui i santi e i poveri ci aiutano a convergere. Il santo, infatti, esprime non se stesso, ma il Corpo di Cristo. Quando supplichiamo i santi, noi preghiamo Cristo presente in loro, e ci rivolgiamo a quella potenza di amore di Cristo che fa di tutti il suo Corpo. Su questa terra, possiamo ancora essere soggetti al peccato.

Ma se i santi appartengono al Cristo glorificato, allora non possono più essere “oggetto” delle nostre separazioni. Cristo non è diviso (cfr. 1 Corinzi, 1, 1-17) e dunque non lo possono essere neanche i santi che sono l’espressione del suo Corpo di Gloria. La venerazione comune dei santi ci apre alla speranza di una unità piena e visibile che è segno e prova della vittoria di Dio sulle forze del male che dividono l’umanità, nella certezza che il Signore della storia saprà superare gli ostacoli ereditati dal passato e ricondurre al bene, dove Egli vuole: alla koinōnia visibile che è al tempo stesso lode della sua gloria e servizio al suo disegno di salvezza. E se, come ha detto il Papa, «ancora non siamo in grado di condividere la stessa mensa eucaristica, possiamo ospitare insieme Gesù servendolo nei poveri».

Dio manifesta la sua santità attraverso colui che gli appartiene, ossia il suo popolo. «Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo» (Levitico, 19, 2). La storia del popolo che egli ama è il racconto della santità del suo Dio, ne è una manifestazione. Perciò possiamo dire nel Padre nostro «Sia santificato il tuo nome». Se il vero nome di Dio è Padre, la nostra santificazione è la figliolanza. La santità è la libera adesione dell’uomo al dono dello Spirito santo che ci unisce al Figlio, in cui scopriamo che siamo figli amati del Padre Celeste, camminando insieme, percorrendo la via della fraternità nell’amore, nel servizio, nell’accoglienza reciproca. Le relazioni nate nel comune servizio ai poveri tra le diverse Chiese e confessioni durante il tempo della pandemia sono allora benedette proprio perché ci immergono nella nostra verità più profonda: persone che in Cristo vivono la vita filiale come comunione fraterna. È esperienza dell’unità, dove gli eventi, la storia, la materia del mondo, i gesti della persona diventano luogo di comunione.

Auguriamoci di lasciarci condurre dai santi e dai poveri nell’opera dello Spirito santo, che fa di noi un’umanità glorificata perché resa filiale e dunque unita.

di Jaromír Zádrapa
Reverendo officiale per le Chiese ortodosse di tradizione bizantina del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani