Le relazioni con le Antiche Chiese dell’Oriente nel 2021

Quando i cristiani
aprono i loro scrigni

 Quando i cristiani  aprono i loro scrigni  QUO-015
20 gennaio 2022

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2022 si ispira alla visita dei Magi a Gesù Bambino (Matteo, 2, 1-12). Il sussidio della Settimana di preghiera, preparato quest’anno in collaborazione con il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, invita i cristiani delle diverse tradizioni a seguire anch’essi l’esempio dei Magi: «quando i cristiani adorano Cristo insieme e aprono i loro scrigni in uno scambio di doni, diventano segno dell’unità che Dio desidera per tutto il creato».

Il tema ecumenico dello «scambio di doni» è strettamente legato al mistero dell’Epifania. Giovanni Paolo ii lo menzionò per la prima volta commentando l’adorazione dei Magi durante l’udienza generale del 24 gennaio 1979. Si riferiva alla Lumen gentium che descrive la cattolicità della Chiesa come un processo secondo il quale «le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per uno sforzo comune verso la pienezza nell’unità» (Lumen gentium, 13).

Dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha fatto suo quest’approccio dell’unità dei cristiani, affermando nell’Evangelii gaudium che «attraverso uno scambio di doni, lo Spirito può condurci sempre di più alla verità e al bene» (Evangelii gaudium, 246). Lo scambio di doni per lui si realizza non solo tramite il dialogo teologico, ma in ogni incontro fraterno: «Una visita è sempre uno scambio di doni», affermava davanti a una delegazione di giovani sacerdoti delle Chiese ortodosse orientali il 21 febbraio 2020, riferendosi alla visita di Maria ad Elisabetta.

Nel 2021, nonostante la pandemia, non sono mancate le opportunità di incontri e di tali «scambi di doni» con rappresentanti delle Antiche Chiese dell’Oriente, sia della famiglia delle Chiese ortodosse orientali (di tradizione armena, siriaca e copta), sia di tradizione assira. Si può menzionare il primo viaggio pontificio in Iraq, dove Papa Francesco ha incontrato il 7 marzo a Erbil il Catholicos-Patriarca della Chiesa assira, Mar Gewargis iii . Nella stessa città, il 13 settembre, il cardinale Koch rappresentava il Santo Padre all’intronizzazione del suo successore, Mar Awa iii — viaggio che è stato anche occasione di numerose visite ecumeniche nella Piana di Ninive e a Baghdad. L’anno 2021 è stato segnato da numerose visite in Vaticano di capi di Chiese ortodosse orientali: il Patriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem ii e il Catholicos Aram i della Chiesa armena apostolica di Cilicia, ospiti del Santo Padre per la Giornata di riflessione e di preghiera per il Libano organizzata il 1° luglio; il Catholicos Patriarca di tutti gli Armeni Karekin ii , come pure il Patriarca armeno di Costantinopoli Sahak ii , giunti a Roma in occasione dell’incontro internazionale per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio l’8 ottobre.

Se l’incontro fraterno è sempre uno scambio di doni, quali doni la Chiesa cattolica può ricevere dagli altri cristiani, e in particolare dalle Antiche Chiese dell’Oriente? Nell’Evangelii gaudium, l’unico esempio menzionato è quello della sinodalità: «nel dialogo con i fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza della sinodalità» (Evangelii gaudium, 246). Se la prassi sinodale delle Chiese ortodosse di tradizione bizantina è ben nota, è meno conosciuta la ricca esperienza delle Antiche Chiese dell’Oriente. Il processo sinodale della Chiesa cattolica avviato nel 2021 potrebbe essere un’opportunità per consultare queste Chiese sulle loro diverse istituzioni e procedure sinodali a tutti i livelli, in particolare per quanto riguarda la partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa. Tra numerose iniziative, una consultazione pre-sinodale «All’ascolto dell’Oriente» sarà organizzata a Roma nel novembre 2022 dalla Fondazione Pro Oriente e dall’Istituto di Studi Ecumenici dell’Angelicum, con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Lo scopo del convegno sarà precisamente ascoltare e apprendere dalle Chiese ortodosse orientali le loro diverse concezioni ed esperienze di sinodalità, nella convinzione che «non si tratta solamente di ricevere informazioni sugli altri per conoscerli meglio, ma di raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come un dono anche per noi» (Evangelii gaudium, 246).

Un altro dono che la Chiesa cattolica può ricevere dalle Antiche Chiese d’Oriente è senz’altro quello delle loro diverse espressioni di santità. L’anno 2021 è stato particolarmente ricco di eventi che hanno testimoniato che, come afferma Ut unum sint, «in una visione teocentrica, noi cristiani già abbiamo un Martirologio comune» (84). In un videomessaggio del 15 febbraio 2021 per la memoria dei martiri copti uccisi in Libia nel 2015, Papa Francesco ha dichiarato: «Sono i nostri Santi, Santi di tutti i cristiani, Santi di tutte le confessioni e tradizioni cristiane». Pochi giorni dopo, il 7 marzo a Erbil, il Santo Padre ricordava il martirio dei cristiani iracheni delle varie confessioni: «in tanti qui hanno versato il sangue sullo stesso suolo! Ma i nostri martiri risplendono insieme, stelle nello stesso cielo! Da lassù ci chiedono di camminare insieme, senza esitare, verso la pienezza dell’unità».

Il 25 aprile 2021 presso la basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina si è tenuta una celebrazione ecumenica in occasione dell’anniversario del Metz Yegern, il «Grande Male» che ha colpito il popolo armeno nel 1915, e della canonizzazione da parte della Chiesa apostolica armena di seicento martiri, il 23 aprile 2015 a Etchmiadzin. In tale occasione nella sua omelia il cardinale Koch ha affermato che «il martirio oggi è ecumenico, e si deve parlare di un vero e proprio ecumenismo dei martiri».

Se la santità delle Antiche Chiese d’Oriente si manifesta innanzitutto nell’effusione del sangue dei loro numerosi martiri, la sapienza dei loro dottori ne è anche una testimonianza. Da questo punto di vista, la prima memoria liturgica di san Gregorio di Narek come dottore della Chiesa secondo il Calendario Romano Generale ha testimoniato i frutti del riconoscimento dei dottori delle altre Chiese per la promozione dell’unità dei cristiani. In occasione di questa prima occorrenza, una preghiera ecumenica presso la statua di san Gregorio di Narek nei Giardini Vaticani è stata copresieduta il 27 febbraio 2021 dal cardinale Koch e dall’arcivescovo Khajag Barsamian, rappresentante della Chiesa apostolica presso la Santa Sede.

Nello spirito dello scambio di doni, si potrebbe valutare l’opportunità di altri possibili riconoscimenti della santità fiorita in Chiese non in piena comunione con la Chiesa cattolica, e particolarmente nelle Antiche Chiese d’Oriente. Per la sola tradizione siriaca si può pensare ad Afraate il Saggio, al quale Papa Benedetto dedicò nel 2007 un’intera catechesi durante un’udienza generale; oppure a Narsai, uno dei più grandi dottori e poeti della Chiesa assira, chiamato «la lingua dell’Oriente»; o ancora a Isacco di Ninive, tra i più famosi teologi della tradizione assiro-caldea, venerato anche nel mondo bizantino. Nella tradizione armena andrebbe ricordato il catholicos Nerses il Grazioso che, lodato da Papa Francesco per il suo impegno a favore dell’unità dei cristiani, sarà onorato dall’Unesco in occasione dell’anniversario della sua morte nel 2022-2023. Il riconoscimento e la valorizzazione di tale santità, fiorita in altre Chiese, sarebbero senz’altro un segno eloquente, come dichiarò Giovanni Paolo ii : «la communio sanctorum parla con voce più alta dei fattori di divisione» (Tertio millennio adveniente, 37).

Il riconoscimento della sapienza va di pari passo con quello di una certa tradizione teologica — e questo sarebbe un terzo dono dalle Antiche Chiese dell’Oriente. Molto significativo, da questo punto di vista, è l’attuale dialogo teologico internazionale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell’Oriente, che dal 2017 verte sulla costituzione della Chiesa. Diversamente dagli altri dialoghi ecumenici, questo dialogo si incentra non sulle diverse note o sulle istituzioni della Chiesa, ma sulle sue immagini. Infatti, l’ecclesiologia dei Padri siriaci, espressa per mezzo di inni e di omelie, è formulata in un linguaggio tipologico e simbolico piuttosto che in presentazioni concettuali e sistematiche, procedendo non per dimostrazione, ma per inclusione. Fedele alle categorie bibliche e alle tradizioni della prima Chiesa giudeo-cristiana, intende il mistero della Chiesa a partire dalle immagini dell’Antico Testamento. Il dialogo teologico con la Chiesa assira si propone pertanto di riflettere sulle immagini e sui simboli presenti nelle Scritture e sviluppate dai Padri siriaci e latini dei primi quattro secoli. Lo scopo è mostrare che queste immagini, spesso comuni alla tradizione latina e a quella assira, anche se talvolta espresse e comprese in modo diverso, possono aiutarci a trovare insieme i fondamenti di una comune ecclesiologia, e ad esprimerla in un modo che possa maggiormente parlare ai nostri contemporanei rispetto al linguaggio concettuale.

Esperienze caratteristiche di sinodalità, testimonianze di santità, espressioni teologiche originali di una stessa fede apostolica sono alcuni esempi dei doni che le Antiche Chiese dell’Oriente possono offrire alla Chiesa cattolica. Spetta probabilmente a loro stesse riconoscere quali doni possono ricevere dalla Chiesa cattolica. Come spiega l’Introduzione teologico-pastorale della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2022, la diversità dei doni dei Magi «ci dà un’immagine della percezione particolare che le varie tradizioni cristiane hanno della persona e dell’operato di Gesù». Infatti, «quando i cristiani si riuniscono e aprono i loro tesori e i loro cuori in omaggio a Cristo, si arricchiscono condividendo i doni di queste diverse prospettive».

di Hyacinthe Destivelle
Assistente per la Sezione orientale del Pontificio consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani