Il cardinale Semeraro a Molfetta e ad Alessano per la lettura del decreto sulle virtù eroiche di don Tonino Bello

Annunciatore di giustizia

 Annunciatore di giustizia  QUO-012
17 gennaio 2022

«Affabilità e generosità, assoluto disinteresse per se stesso, stile sobrio e povero, totale dedizione e infaticabilità». È il profilo episcopale del venerabile Tonino Bello descritto nel decreto sulle sue virtù eroiche, firmato il 21 novembre scorso dal cardinale Marcello Semeraro e dall’arcivescovo Fabio Fabene, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione delle cause dei canti.

È stato lo stesso porporato a darne lettura all’assemblea riunita per la messa celebrata nella cattedrale di Molfetta sabato pomeriggio, 15 gennaio. Lo stesso ha fatto la mattina successiva, nella collegiata del Santissimo Salvatore di Alessano, nel cui cimitero riposano le spoglie mortali del vescovo Bello. Con queste due celebrazioni, le diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e di Ugento - Santa Maria di Leuca hanno voluto ringraziare il Signore e ricordare il presule scomparso nel 1993.

Con il decreto, ha detto il cardinale citando le parole del testo, Papa Francesco — «accogliendo e confermando i voti della Congregazione» — ha attestato che «sono provate le virtù teologali fede, speranza e carità verso Dio e verso il prossimo, nonché le cardinali prudenza, giustizia, fortezza e temperanza ed annesse in grado eroico del servo di Dio».

Egli, si legge ancora, «aveva un’attenzione speciale per i problemi dei lavoratori e per il dilagare della povertà nelle famiglie. La nomina a presidente del movimento Pax Christi nel 1985 quasi lo consacrò annunciatore di giustizia ed operatore di pace, anche in teatri di flagrante guerra». Predicava «con un linguaggio originale, ricco di immagini e denso di contenuti, talvolta poetico, e così parimenti scriveva». Nello stesso tempo, emergeva il suo profilo spirituale, con al centro l’ascolto della Parola di Dio, la celebrazione dell’Eucaristia e la devozione alla Madre di Dio.

La carità, si sottolinea, fu «l’ideale supremo del servo di Dio ed egli la rendeva concreta e tangibile tanto personalmente, quanto nel contesto ecclesiale, sociale e politico». Infatti, nutriva «un amore pieno per Dio ed amava la Chiesa, serbando sempre perfetta fedeltà alla retta dottrina ed obbedienza totale al magistero del Sommo Pontefice». Il decreto evidenzia anche che «con pazienza e senza rancore alcuno sopportò le difficoltà e le accuse di quanti disapprovavano sue affermazioni od iniziative».