In un volume del reggente della Prefettura della Casa pontificia

Opere e giorni di Paolo VI

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14 gennaio 2022

Opere e giorni di Paolo VI (Edizioni VivereIn, Monopoli, 2021, pagine 1010) è il titolo dell’ultima fatica editoriale del reggente della Prefettura della Casa pontificia. Del volume — che riporta in ordine cronologico tutti gli incontri del pontificato montiniano — pubblichiamo in questa pagina ampi stralci della presentazione scritta dall’autore.

«Le opere e i giorni»: è il titolo che i posteri diedero al poema con cui Esiodo (vii secolo a.C.) voleva trasmettere i valori più elevati della vita, e guidare gli uomini dall’errore sulla retta via.

Opere e giorni di Paolo vi vuole, invece, rievocare tutti gli incontri del suo pontificato.

Avremmo voluto arricchire questo volume, già di per sé corposo, con molte note autografe di Paolo vi ; ma sarebbe diventato ancor più voluminoso! Per questo ci ripromettiamo, a Dio piacendo, una successiva raccolta di autografi e note.

Il 2 giugno 1967, parlando ai fedeli, domandava: «Il Papa che cosa fa? Cerimonie? Decreti? Discorsi? O che altro?».

Gli incontri, le udienze, private o pubbliche, gli procuravano una esperienza di comunione, una fusione di animi e di destini, che riteneva tra le più belle ed esaltanti.

Diceva: «Visitare il Papa è come salire all’altezza dalla quale egli vede e osserva il mondo» (2 settembre 1964). Per questo poteva dire a chi incontrava: «Entrando qua dentro incontrate braccia distese, cuore aperto, amore per tutti» (1 luglio 1964).

Come si può constatare dagli impegni quotidiani di tutti gli anni del pontificato, Paolo vi non ha mai attenuato la sua attività e vitalità: lo confermano il suo intenso programma giornaliero di lavoro; le sue iniziative coraggiose.

È singolare che, nonostante tanti impegni e la salute non molto forte, abbia continuato a guardare in avanti, guidando la Chiesa con tanta decisione, serenità ed entusiasmo.

Paolo vi si alzava ogni mattina alle 6.00 chiamato dalla vecchia sveglia regalatagli dalla mamma; sveglia che, inspiegabilmente, suonò nel momento in cui morì a Castel Gandolfo.

Trovava subito ad attenderlo, appena si muoveva, il consueto dolore di artrosi al ginocchio destro, che era vivissimo nelle prime ore del giorno, e solo più tardi si attenuava lievemente per l’assuefazione.

Il primo spazio della giornata era dedicato all’«udienza con Dio». Egli sentiva il bisogno di trovarsi solo con Lui, di ascoltarlo lungamente, prima di parlarne agli uomini.

Celebrava la Messa, assistito solo dai due segretari; la domenica, la piccola comunità si accresceva con la presenza delle cinque Suore di Maria Bambina addette all’appartamento pontificio. Dopo la Messa, si concentrava sul ringraziamento personale, e recitava la Liturgia delle Ore.

Mentre consumava la prima colazione, dava una veloce scorsa ai giornali; alle 8.45 raggiungeva lo Studio privato per prepararsi agli incontri.

Alle 10.00 scendeva nella Biblioteca, alla seconda Loggia del Palazzo Apostolico, pronto a ricevere Cardinali, capi di Dicasteri, Vescovi, autorità politiche, ambasciatori, personalità della cultura, Responsabili di Movimenti sociali ed ecclesiali, gruppi di visitatori. Questo volume riporta tutte le udienze ufficiali, come appaiono nei “fogli di udienza” preparati ogni giorno dalla Prefettura della Casa Pontificia.

Ma ogni giorno si aggiungevano incontri privati, sotto il nome di “udienze speciali” o “baciamano”: il Papa incontrava diverse persone nelle varie Sale dell’Appartamento. Trattandosi di brevi incontri, non è sembrato opportuno inserire i nomi. Come anche non vengono riportati gli incontri di “baciamano” al termine delle udienze generali.

A prima vista potrebbe apparire solo un freddo elenco di date, nomi e orari. Ma dietro ogni nome si può scorgere la vita della Chiesa e della società di quegli anni turbolenti.

Basta solo ricordare alcuni personaggi: Monsignor Romero, Cardinale Mindszenty, John Kennedy, Martin Luther King, Patriarca Atenagora, Cardinale Lercaro, Monsignor Lefebvre, Aldo Moro...

Il martedì era sempre libero da udienze — abitudine seguita dai Successori — per preparare la catechesi per l’udienza generale del mercoledì. Questi discorsi erano tutti preparati personalmente, scritti a mano con rarissime correzioni.

Le udienze potevano terminare per le 13.00, ma facilmente si protraevano fino alle 13.30, l’ora di pranzo, durante il quale seguiva le notizie del telegiornale o della radio.

Paolo vi si nutriva in modo semplice o frugale: se talvolta, oltre ai segretari, invitava a pranzo un amico di passaggio o un collaboratore, il menù era più completo per rispetto verso l’ospite. Dopo il pranzo, il Papa si recava nella cappella privata, quindi si ritirava nella sua camera per un breve riposo, a cui seguiva un tempo per la lettura personale.

Alle 17.30 ritornava nella cappella per recitare l’Ora Nona e i Vespri con i segretari; quindi si ritirava nello Studio privato, dove lavorava fino all’ora di cena. L’ultima ora era riservata alle cosiddette “udienze di tabella” con i collaboratori più stretti: il Cardinale Segretario di Stato al lunedì e venerdì; il Sostituto della Segreteria di Stato al martedì; il Segretario per i Rapporti con gli Stati al giovedì; il Prefetto della Congregazione per i Vescovi, e della Dottrina della Fede al sabato. Non era raro che tali colloqui facessero posticipare anche l’orario della cena, che era sempre leggerissima.

Alle 21.30, dopo la recita del Rosario, Paolo vi ritornava a lavorare nello Studio privato fino alle 23.00; ancora una sosta in Cappella per recitare la Compieta e per trattenersi alcuni minuti in preghiera, poi congedava i segretari («buona notte. Dio vi benedica. Grazie di tutto»); e ritornava nel suo Studio; in quelle ore prendeva visione personalmente di tutte le questioni trattate nella giornata dalla Segreteria di Stato e dai Dicasteri e Uffici della Santa Sede.

Ogni sera arrivavano nel suo Appartamento borse colme di documenti: lettere, riassunti di pratiche, rassegne stampa da ogni parte del mondo, rapporti dalle Nunziature Apostoliche, lettere ufficiali.

Paolo vi leggeva tutto con cura, sottolineava, commentava a margine con la matita, o aggiungeva cartelline a parte; esprimeva la sua “mente”, il suo pensiero, e impartiva le disposizioni.

Seguiva con speciale attenzione i casi di sacerdoti in crisi.

Confessava di piangere e soffrire nel leggere documenti così delicati; e non di rado scriveva personalmente o telefonava a quanti erano vittime di particolari tragedie e sofferenze.

Di tutto si rendeva conto con meticolosità e acume, spesso avvertendo particolari sfuggiti al “Minutante”, e talvolta non lasciando correre neppure gli errori di scrittura e punteggiatura. Il tutto con grafia limpida, in inchiostro o a matita. Quanto durava questo lavoro notturno e solitario? Spesso fino verso le 2.00 del nuovo giorno, quando passava nella Cappella per un ultimo saluto al Signore, e andava a riposare le poche ore che rimanevano fino alle 6.00.

È stata la sua vita di ogni giorno, sempre uguale, per quindici anni. Non nascondeva il peso della solitudine.

Era la prospettiva che più lo angosciava fin dall’inizio del pontificato. Ai suoi amici, quando li incontrava per motivi di collaborazione, chiedeva di farsi vedere più spesso. E proprio perché credeva nell’amicizia, e nella gratitudine verso i collaboratori, spesso usciva in privato per andare a visitarli quando erano ammalati, nelle proprie abitazioni o nelle Cliniche e Ospedali di Roma.

Papa Montini ha voluto l’atmosfera della semplicità. Appena eletto, dispose che «L’Osservatore Romano» elimasse lo stile elogiativo fino allora adottato nel parlare della persona del Papa, nel riportare i suoi discorsi, nel descrivere le celebrazioni da lui presiedute. Ha abolito la triplice genuflessione che dovevano fare prima di avvicinarsi coloro che erano ammessi in udienza.

Ha fatto arredare il suo appartamento in stile semplice e senza sfarzo. Il suo Studio, la sua Biblioteca, le sale di ricevimento sono rivestite come richiesto dal buon gusto e dal significato della sua missione.

Aveva una capacità illimitata di accoglienza e di apertura. Nulla lo trovava estraneo o impreparato. Acconsentì volentieri che il Presidente sovietico Podgorny fumasse nella Biblioteca durante l’udienza del 30 gennaio 1967; sorvolava spesso su ogni formalità per rendere più cordiali i suoi incontri, soprattutto con i bambini e gli ammalati.

Sfogliando queste pagine si può davvero ripercorrere quindici anni di storia. Opere e giorni di un pontificato: non successi facili, trionfali, definitivi; ma un cammino lento, faticoso.

Altri ne raccoglieranno i frutti: Paolo vi ha avuto il compito di seminare. Solo il tempo potrà dire se egli sia riuscito, nonostante o magari proprio grazie a esitazioni e contraddizioni, ad avviare quel rinnovamento che era di vitale importanza per la Chiesa del suo tempo.

di Leonardo Sapienza