Intervista al gesuita Francesco Occhetta, coordinatore di “Comunità di Connessioni”

I giovani e la ricerca
della buona politica

 Cosa pubblica, buona e giusta  QUO-010
14 gennaio 2022

I giovani sono davvero destinati a distanziarsi sempre più dalla politica oppure cambieranno il modo stesso di fare politica attraverso movimenti “dal basso” come quello sul cambiamento climatico?

Se è difficile tracciare una previsione di lungo periodo sulla questione, è certo che la politica – definita da San Paolo vi la «più alta forma di carità» – non può risultare indifferente a chi è ispirato nella vita da valori cristiani. Del resto, come ricordato anche nelle ultime encicliche sociali da Papa Francesco, la ricerca del bene comune, della “buona politica” è un compito imprescindibile per i cristiani.

Su questi temi, abbiamo chiesto una riflessione al padre gesuita Francesco Occhetta, docente alla facoltà di Scienze sociali della Pontificia Università Gregoriana e coordinatore dell’associazione “Comunità di Connessioni”, che è proprio dedicata all’impegno della formazione politica e civica dei giovani.

I sondaggi in Italia e non solo sembrano registrare una disaffezione dei giovani dalla politica tradizionale, quella per intenderci incarnata dai partiti. Perché secondo lei? È solo un effetto lungo della “fine delle ideologie” del secolo scorso o c’è dell’altro in questo trend?

Ci sono almeno due ragioni. La generazione dei padri non ha trasmesso ai figli che l’impegno in società e nella politica è importante come lo sport, la scuola o altre dimensioni necessarie del vivere. Poi la cultura liquida, nata dopo il fallimento di quella solida delle ideologie, promuove la costruzione del consenso attraverso gli influencer. Pesano di più le loro posizioni di quelle di molti leader politici. In Italia, per esempio, Aurora Ramazzotti, usando Instagram per raccontare dei commenti sessisti, ha rilanciato il dibattito sulla parità di genere; si è discusso del ddl sull’omotransfobia dopo la presa di posizione di Fedez su Facebook. La sfida rimane quella di riconoscere le posizioni dei creator non come alternativi alla politica, ma come una nuova componente creativa, capace di riunire una community online e di diffondere la propria posizione là dove la politica tradizionale non arriva più.

Un tempo i partiti puntavano sulle scuole di formazione. Oggi questa sembra una esperienza semi-archiviata. Al tempo stesso si rileva l’urgenza di una formazione civica dei giovani, che la scuola non sembra offrire in modo sufficiente. Come si può colmare questo vuoto?

È finito un certo modo di fare “scuola di politica”. Un tempo le scuole erano trasmissione di contenuti e selezione della classe dirigente. L’appartenenza e l’identità erano inscritte nel pensiero forte a cui si aderiva e che i partiti custodivano. Oggi i partiti sono diventati comitati elettorali, hanno interesse a occupare le istituzioni, non a formare e a riorganizzare e ispirare la società. Così la formazione è cambiata. Occorre puntare non solo sui contenuti ma sul metodo che si basa almeno su quattro elementi: un luogo; un pensiero con radici spirituali e antropologiche; la preparazione rigorosa dei temi complessi e la costruzione di una comunità.

Proprio sul fronte della formazione politica, lei sta vivendo da alcuni anni in prima persona l’esperienza-laboratorio dell’associazione “Comunità di Connessioni” di cui è coordinatore. Che cosa ne trae come insegnamento proprio rispetto al binomio giovani-politica?

“Comunità di Connessioni” è una Associazione apartitica, plurale, di persone che fanno del dialogo e del confronto i loro strumenti relazionali e di lavoro. Propone al Paese un nuovo modello di sviluppo umano che ha inizio dal ri-costruire se stessi e una comunità pensante. In concreto la formazione inizia da un’esperienza comunitaria che si basa su un modello che comprende:

a) percorsi di formazione politica chiamati “#formpol” che formano giovani e associazioni provenienti da diverse esperienze di associazionismo, ma non solo. Da questa esperienza sono passati circa 1000 giovani di tutto il Paese.

b) Il gruppo denominato “Dialoghi spirituali nel mondo” composto da una generazione intermedia che si ritrova per condividere le proprie competenze a livello multidisciplinare. Questa esperienza ha fatto nascere il volume Le politiche del popolo. Volti, competenze e metodo (San Paolo 2020) con la Prefazione di David Sassoli.

c) Abbiamo un magazine online www.comunitadiconnessioni.org una testata registrata con varie rubriche, il Podcast “Parole in connessione”, interviste a noti personaggi chiamata “5 domande a…” e incontri online.

d) Varie Commissioni che connettono le esperienze virtuose di amministratori locali, diocesi, associazioni e fondazioni.

e) Il ritiro spirituale annuale nel monastero della Madonna di Soviore.

f) L’offerta della formazione alle imprese e alle amministrazioni locali.

g) La collaborazione in testate giornalistiche e la scrittura di volumi come i due più recenti F. Occhetta, Fede e giustizia. La nuova politica dei cattolici e C. Cafiero, Il lavoro che cambia. Una nuova prospettiva solidale. Essere “comunità” significa per noi essere inclusivi, stabilire “connessioni” per collegare nel Paese i punti virtuosi e poli di esperienze locali di formazione alla politica e offrire ad associazioni e a imprese il nostro metodo e le nostre competenze.

Se è vero che la politica tradizionale registra un “esodo” dei giovani, sono gli stessi giovani a guidare alcuni dei movimenti più significativi di questi ultimi anni su temi come ambiente, educazione, giustizia sociale. Secondo lei, è un fenomeno temporaneo o i giovani in politica si esprimeranno sempre più attraverso queste forme “di base”?

Sì, per i giovani contano le policy, i temi, le community e le competenze; come fossero le “puntate” che compongono un’unica grande storia. Niente piazze, niente sezioni, niente scuole di partito… basta un’iniziativa sull’ambiente ed essere collegati e connessi con altre migliaia di persone, utilizzando linguaggi nuovi e i tempi rapidi della rete, mentre la classe politica continua a utilizzare i social solo come vetrine autoreferenziali. L’ho potuto toccare con mano con i 300 giovani che hanno partecipato alla Settimana sociale dei cattolici italiano a Taranto lo scorso ottobre.

A lungo i valori e i politici d’ispirazione cristiana sono stati una forza motrice nella politica italiana e di molti altri Paesi europei. Oggi qual è, a suo parere, il contributo più utile, più fecondo che i cristiani, soprattutto i giovani cristiani, possono dare sul terreno dell’impegno politico?

I giovani credenti possono fare nascere processi culturali e politici a partire da proposte concrete e da persone formate per un nuovo modello di umanesimo integrale che la Chiesa sta proponendo al mondo nella Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti. Questo Pontificato ci offre parole, visione e temi come l’ambiente e la fraternità per ricostruire “buona politica”. Per i giovani il desiderio di abbracciare “più-vita” nel campo politico non passa da un nuovo “rinascimento”, in cui si ri-nasce seppellendo ciò che è stato, ma da un “ri-sorgimento” sociale e spirituale in cui la vita, che porta i segni del dolore e della morte del tempo della pandemia, ci rialza dallo stato piegato in cui ci troviamo, rendendo tutti più umani e più vicini. Anche la nuova Fondazione vaticana “Fratelli tutti” presieduta dal cardinale Mauro Gambetti è nata su volere di Francesco per favorire il dialogo e la formazione dei giovani e aiutarli ad assumersi responsabilità nel mondo.

di Alessandro Gisotti