Al Corpo diplomatico

 Al Corpo diplomatico  QUO-009
13 gennaio 2022

Percorrere la strada della «diplomazia multilaterale» e impegnarsi affinché tutti possano «accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini»: è il duplice appello rivolto lunedì 10 gennaio dal Papa durante il tradizionale incontro di inizio anno in Vaticano con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Ecco alcuni punti nodali del suo discorso che ha toccato le principali questioni aperte sullo scacchiere internazionale:

Lo scopo della diplomazia è aiutare a mettere da parte i dissapori, favorire la concordia e sperimentare come, quando superiamo le sabbie mobili della conflittualità, possiamo riscoprire l’unità.

La vostra presenza è un segno dell’attenzione che i vostri Paesi hanno per la Santa Sede e il suo ruolo nella comunità internazionale.

Vediamo come la lotta alla pandemia richieda ancora un notevole sforzo. Il coronavirus continua a creare isolamento e mietere vittime.

Dove si è svolta una campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito. Proseguire lo sforzo per immunizzare più possibile la popolazione.

A livello personale abbiamo la responsabilità di aver cura della nostra salute, che si traduce nel rispetto per la salute di chi è vicino.

Rappresenta un obbligo morale. Purtroppo, constatiamo sempre più forti contrasti. Ci si lascia determinare dall’ideologia, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati.

Ogni affermazione ideologica recide i legami della ragione con la realtà.

La pandemia impone, una “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema e adottare i rimedi per risolverlo.

I vaccini non sono strumenti magici, ma rappresentano in aggiunta alle cure la soluzione più ragionevole per la prevenzione.

Vi deve essere l’impegno della politica a perseguire il bene della popolazione attraverso decisioni di prevenzione e immunizzazione.

La carenza di fermezza decisionale e chiarezza crea sfiducia. Si instaura un “relativismo sociale”.

Che tutta la popolazione possa accedere in egual misura alle cure essenziali e ai vaccini.

Purtroppo per vaste aree del mondo l’accesso all’assistenza sanitaria rimane ancora un miraggio.

I Governi e gli enti privati mostrino responsabilità, elaborando una risposta coordinata a tutti i livelli per rafforzare le capacità dei Paesi più bisognosi.

Adottare una politica di condivisione disinteressata, quale principio-chiave per garantire a tutti l’accesso a strumenti diagnostici, vaccini e farmaci.

Al caro popolo libanese, stretto dalla morsa di una crisi economica e politica, desidero rinnovare la mia vicinanza.

Ho avuto la gioia di recarmi in Iraq... come segno di speranza dopo anni di guerra e terrorismo. Il popolo iracheno ha diritto a ritrovare la dignità e di vivere in pace.

Nell’isola di Lesbo ho potuto constatare la generosità di quanti offrono aiuto ai migranti, ma soprattutto ho visto i volti dei bambini e ospiti dei centri di accoglienza.

Nei loro occhi c’è la fatica del viaggio, la paura di un futuro incerto, il dolore per i propri cari rimasti indietro.

Non possiamo rimanere indifferenti e non ci si può trincerare dietro muri e fili spinati con il pretesto di difendere la sicurezza.

Rigettare il pensiero che i migranti siano un problema di altri.

I migranti sono spesso trasformati in arma di ricatto politico, “merce di contrattazione”.

Desidero rinnovare la gratitudine alle Autorità italiane, grazie alle quali alcune persone sono potute venire con me da Cipro e Grecia.

Reputo fondamentale che l’Unione Europea trovi la sua coesione interna nella gestione delle migrazioni, come l’ha saputa trovare per far fronte alla pandemia.

Le migrazioni non riguardano solo l’Europa, anche se essa è particolarmente interessata da flussi provenienti dall’Africa e dall’Asia.

Abbiamo assistito all’esodo dei siriani, a cui si sono aggiunti quanti sono fuggiti dall’Afghanistan.

Non dimenticare gli esodi massicci che interessano il continente americano e premono sul confine fra Messico e Stati Uniti. Molti sono haitiani in fuga dalle tragedie che hanno colpito il loro Paese.

La diplomazia multilaterale attraversa una crisi di fiducia, dovuta a una ridotta credibilità dei sistemi sociali, governativi e intergovernativi.

Richiamare il diritto alla vita, dal concepimento alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa.

Affrontare la cura della nostra casa comune, che sta soffrendo.

Penso alle Filippine, colpite da un devastante tifone, come ad altre nazioni del Pacifico.

Trovare soluzioni a scontri interminabili, che assumono il volto di guerre per procura (proxy wars).

Penso alla Siria, dove ancora non si vede un orizzonte per la rinascita.

Non dimenticare il conflitto in Yemen, che si sta consumando in silenzio, lontano dai riflettori.

Non si sono fatti passi in avanti nel processo di pace tra Israele e Palestina.

Preoccupazione destano le tensioni istituzionali in Libia; come pure gli episodi di violenza ad opera del terrorismo nel Sahel e i conflitti interni in Sudan, Sud Sudan ed Etiopia.

Trovare soluzioni accettabili e durature in Ucraina e nel Caucaso meridionale, ed evitare nuove crisi nei Balcani, in primo luogo in Bosnia ed Erzegovina.

Affrontare la crisi che colpisce il Myanmar.

La Santa Sede rimane ferma nel sostenere che le armi nucleari sono strumenti inadeguati e inappropriati e che il loro possesso è immorale.

La loro fabbricazione distoglie risorse alle prospettive di sviluppo umano e il loro utilizzo produce conseguenze umanitarie e ambientali catastrofiche.

È motivo di dolore constatare come in diversi luoghi educativi — parrocchie e scuole — si siano consumati abusi sui minori.

Si tratta di crimini, sui quali vi deve essere la ferma volontà di fare chiarezza, per accertare le responsabilità e rendere giustizia alle vittime.

Il numero delle persone annoverate nella categoria della povertà estrema è in sensibile aumento.

La crisi sanitaria ha indotto molti lavoratori a cambiare tipo di mansioni, e talvolta li ha obbligati a entrare nell’ambito dell’economia sommersa, privandoli di protezione sociale.