Il racconto

Quando il circo è più di uno spettacolo

 Quando il circo è più di uno spettacolo  QUO-003
05 gennaio 2022

«Ore e ore e ore di allenamento» per comunicare «la bellezza che ci fa andare oltre», dando senso e speranza alla vita nonostante difficoltà e paure: è proprio questo, secondo Papa Francesco, il “segreto” degli artisti del circo che stamani, durante l’udienza generale in Aula Paolo vi , hanno presentato alcuni numeri.

E un altro “segreto” è il senso stesso dell’essere “famiglia”, del sostegno reciproco, dell’inclusione di ogni persona, qualunque siano la sua storia e la sua cultura: lo confidano i rappresentanti del Rony Roller circus — diretto dalla famiglia Vassallo, con la supervisione artistica di Stefano Orfei — che ha voluto “abbracciare” Francesco attraverso un vero e proprio spettacolo.

Giocolieri, equilibristi e clown — in particolare i clown musicali Saly — si sono così esibiti «davanti al Papa, con particolare emozione, anche se non è stata la prima volta, per dare un segno di speranza a chi sta vivendo un tempo difficile, per strappare un sorriso, per aiutare a “evadere” dai pensieri per forza negativi che la pandemia sta diffondendo» raccontano i circensi.

Il Rony Roller circus, poi, ha una particolare attenzione alla dimensione solidale. Il 17 gennaio 2020, subito prima dell’esplosione della pandemia, ha portato lo spettacolo tra le corsie dell’ospedale Bambino Gesù e il 14 gennaio 2016 ha anche accolto, nel tendone in via di Torrevecchia a Roma, duemila persone — poveri, migranti, carcerati — assistite dall’Elemosineria apostolica. Inoltre sono intensi i rapporti con il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Un “grazie” del tutto particolare il Papa ha poi rivolto a Sergio Angeretti, Marco Gialli e Rosella Giorgietti, infermieri dell’ospedale Giovanni xxiii di Bergamo, fin dall’inizio in prima linea nella lotta contro il Covid-19.

«“La tempesta perfetta non chiede permesso a nessuno, arriva quando meno te lo aspetti anche se è primavera...”. Con queste parole ho iniziato il mio “diario di bordo” dove annotavo ogni giorno gli eventi salienti dei quaranta giorni come coordinatore infermieristico in un reparto Covid». Sono le parole di Angeretti che al Papa ha voluto dire “grazie” per le tante testimonianze di vicinanza agli infermieri “di frontiera”.

«All’inizio della pandemia, che sembrava una vera guerra, ero capitano di un equipaggio di poche persone e con poche risorse. Tutto è successo così all’improvviso, in modo inatteso, travolgente, con il reparto messo sottosopra... Ricordo molto nitidamente l’arrivo dei primi pazienti affetti da Covid»: è quanto Angeretti ha scritto nel “diario di bordo”. «Tutta la squadra di infermieri al completo, unita come non mai, coinvolta in un lavoro frenetico e senza sosta, senza alcun lamento», racconta ancora. «Resistere — spiega — era diventato il nuovo imperativo. Ricordo lo smisurato impiego di macchine e supporti respiratori, lo sconcerto di noi infermieri e dei nostri medici per lo spropositato numero di malati che arrivavano, si aggravavano, morivano anche improvvisamente, nonostante le attente cure prestate... Malati che morivano soli, senza nessun affetto accanto, con noi che cercavamo di accudirli e accompagnarli al meglio delle nostre possibilità, sia sul piano dell’assistenza sanitaria che del supporto psicologico, cercando di intercettare i loro bisogni. Ricordo i pazienti che mi guardavano dal casco e imploravano aiuto e, con nel cuore un senso di impotenza, cercavo di sostenerli».

Angeretti rievoca storie di donne e uomini con un nome e un cognome e una dignità che non è stata smarrita neppure nelle emergenze più estreme. In questo esercizio di memoria non trattiene le lacrime: alcuni sono morti, altri ce l’hanno fatta. «Ricordo i primi guariti», i primi segnali di speranza. «La “guerra” contro il Covid non è ancora finita» conclude l’infermiere, certo che si potrà vincere, ripete, «solo con un lavoro di squadra, tutti insieme».

Infine, con un incoraggiamento a rilanciare i propri carismi nella Chiesa, il Pontefice ha accolto le religiose di quattro congregazioni che stanno dando vita ai loro capitoli generali. E con calore ha salutato i diversi gruppi di giovani, venuti in particolare da Bergamo e Brescia.

di Giampaolo Mattei