Per il presidente della Repubblica italiana

L’istruzione, grande sfida del nostro tempo

03 gennaio 2022

«La pandemia in corso ha reso ancora più complesse le tre principali sfide sociali del nostro tempo: l’acuirsi della distanza tra le persone, la profonda crisi educativa e la crescente precarietà del mondo del lavoro». Lo scrive, riprendendo le parole del Papa, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, in un messaggio inviato a Francesco in occasione della Giornata mondiale della pace.

Il presidente sottolinea che il tema scelto quest’anno dal Pontefice — «Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura» — rappresenta per le istituzioni, i governanti e tutti coloro che rivestono responsabilità sociali e politiche «un rigoroso richiamo e, al tempo stesso, un appassionato spunto di riflessione sugli strumenti per affrontare con efficacia i problemi che affliggono un mondo multipolare e frammentato», quali quelli del «degrado ambientale, della recrudescenza delle malattie, dell’aggravarsi della fame, delle croniche carenze d’acqua e del continuo riprodursi di conflitti».

Un cammino che passa, come sottolineato nel messaggio, attraverso «un fecondo dialogo fra generazioni, una vera e propria alleanza tra gli anziani, custodi della memoria, e i giovani che portano avanti la storia». Mattarella condivide, quindi, l’esortazione «a incoraggiare tutti coloro, giovani in primis», che si stanno impegnando per un mondo che «abbia più a cuore la protezione dell’ambiente». Valorizzare il ruolo dei giovani è, d’altra parte, «uno degli obiettivi di fondo della politica estera dell’Italia».

Come ricordato dal Papa, l’istruzione «rappresenta una delle grandi sfide del nostro tempo». Da qui il rammarico nel dover constatare come, negli ultimi anni, «le risorse che al livello globale vengono dedicate a questa imprescindibile funzione siano diminuite». La pandemia, sottolinea Mattarella, «ha ulteriormente aggravato le problematiche inerenti al mercato del lavoro, rendendo le persone che vivono in condizioni di precarietà» ancora «più vulnerabili».