DONNE CHIESA MONDO

Donne di ieri e di oggi al pellegrinaggio dei pellegrinaggi

Al Santo Sepolcro
la meta è l’inizio

 Al  Santo Sepolcro la meta è l’inizio  DCM-003
05 marzo 2022

Donne di ieri e oggi al pellegrinaggio dei pellegrinaggi


È sabato mattina. il sole già alto nell’azzurro intenso del cielo di Gerusalemme si riflette sulla Basilica del Santo Sepolcro. La piazzetta è semideserta. Non ci sono ancora pellegrini in Terrasanta, a due anni dall’inizio della pandemia. L’antico portone di legno è spalancato. Sulla soglia ci sono solo due donne. Hanno un velo bianco, che copre loro il capo e il corpo e fa anche da marsupio per i due neonati che si portano sulle spalle. Si tolgono le scarpe, si inginocchiano e baciano lo stipite di pietra del portale di ingresso della Chiesa dell’Anastasis, del luogo santo più caro della cristianità. Il pellegrinaggio sulle orme della passione e resurrezione di Cristo prosegue, all’interno, a piedi scalzi. Un segno di povertà del cuore che per le cristiane etiopi della Città santa è anche povertà materiale. Vivono con poco o nulla, perché la loro comunità ha pochi mezzi per sostenersi, eppure il loro volti non esprimono tristezza. Sono divenute presenze familiari ai pochi fedeli che si raccolgono in preghiera nella Basilica avvolta dal silenzio. Una occasione quotidiana nel luogo in cui, fino al marzo del 2020, ci si scandalizzava per il chiasso e il disordine di frotte di turisti e pellegrini. Allora si faceva meno caso a quei corpi avvolti di bianco, in preghiera, in disparte. Le cristiane d’Etiopia hanno un pudore quasi istintivo, ma c’è qualcosa di profondamente commovente nel loro bisogno fisico di dialogo, di immedesimazione e di domanda di chi è certo di poter trovare consolazione nel luogo dove Cristo ha salvato definitivamente l’umanità. Nessuno escluso. Toccano e baciano ogni pietra, sussurrano per ore le litanie, per essere riammesse nell’intimità di amore del Signore, che tutto perdona. Un cammino di conversione che dura da 2000 anni. All’ingresso, sopra alla pietra dell’unzione, consumata dai fazzoletti dei pellegrini per raccogliere il profumo del nardo benedetto, riquadri in mosaico mostrano il gruppo di donne del Vangelo che non hanno mai abbandonato Gesù. Sono state ai piedi della croce sul Calvario, sono andate all’alba del sabato mattina, a piangerlo al Sepolcro, sono state le prime a contemplare il suo volto trasfigurato.

«Non si tratta solo di Maria Maddalena, ma di un gruppo di donne, che passano poi nella tradizione. Tanto che di questi gruppi si creano degli altri luoghi di memoria, non solo al Santo Sepolcro» ci spiega padre Eugenio Alliata, che di queste pietre conosce letteralmente ogni dettaglio. Presente e passato. Francescano, 71 anni, di cui 40 trascorsi come archeologo in Terrasanta, docente e direttore delle collezioni archeologiche dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme.

«Nel Vangelo è detto anche che Gesù appare alle donne sulla strada, mentre ritornavamo dal Sepolcro. Per questo tra la Basilica e il Monte Sion c’era un luogo di memoria, in cui i pellegrini dell’epoca un po’ più moderna parlano spesso. Luoghi di memoria menzionati nei diari dei pellegrini dal 1500 fino al 1900. Oggi, non sappiamo più dove fossero.

Si tratta di un gruppo di donne, di cui Maria Maddalena è il personaggio più noto. Alcuni vedono in questo una prima forma di pellegrinaggio, andare al Sepolcro diventerà poi un termine tecnico per indicare il pellegrinaggio per eccellenza.

Queste donne furono le prime. È la prima notizia del Sepolcro di Gesù senza il corpo come luogo. Tutta la storia del pellegrinaggio si fonda in seguito sui Luoghi, sull’attrazione che hanno. Perché nel luogo non c’è più Gesù, a volte nemmeno qualcosa di preciso che leghi il luogo con l’insegnamento di Gesù. Sono magari diventati luoghi con un significato opposto a quello che avevano in principio, ma mantengono la loro forza attrattiva».

Nella Basilica del Santo Sepolcro i luoghi della memoria dell’incontro di Gesù con Maria Maddalena sono tre: ciascuna delle comunità che oggi la abitano e custodiscono ha il suo altare dedicato alla prima testimone del Risorto. I greci ortodossi le hanno dedicato la chiesa parrocchiale all’esterno della Basilica, dove si celebra la liturgia domenicale, gli Armeni hanno una piccola edicola con le candele sempre accese alla sinistra dell’Anastasis. Dall’altro lato c’è l’altare latino: due cerchi disegnati sul marmo, a breve distanza l’uno dall’altro, ricordano l’avvenimento decisivo della fede cristiana.

«Noli me tangere» , non mi trattenere. Perché quel mattino quando le donne – secondo i sinottici – quando Maria di Magdala – secondo il vangelo di Giovanni – vedono il Risorto, il loro prima istinto è quello di abbracciarlo, di abbracciare i suoi piedi, per non perdere questo Signore che erano convinte fosse stato consegnato alla morte e che invece apre a una nuova speranza.

In questo tempo di pandemia, la vigilanza all’Edicola del Santo Sepolcro è meno severa. I vigorosi monaci greco ortodossi non stazionano all’ingresso per controllare e redarguire i pellegrini. Buttano un occhio dalla sacrestia verso chi, quasi tutte donne in gran parte ortodosse, entra per inginocchiarsi in preghiera. Nell’anticamera, la Stanza dell’angelo secondo la tradizione, arde sempre una candela posta su una colonnina di pietra.

«Ad essere menzionata nel tempo è questa pietra rovesciata – spiega padre Alliata - Oggi nella stanza dell’Angelo c’è un frammento di pietra nell’edicola, che tradizionalmente si dice rappresenti la pietra che è rotolata via dal sepolcro. Si conosce nella storia in modo diverso, ma la memoria resta quella della pietra rovesciata. Nelle antiche ampolle conservate, per esempio, nel Duomo di Monza, c’è l’immagine dell’edicola come era ai tempi di Costantino. Davanti all’ingresso si vede una specie di quadrato storto. Quella è la pietra rovesciata. Sono un dono che il papa Gregorio Magno, morto nel 604, ha fatto alla regina longobarda Teodolinda. Buona parte del tesoro del duomo viene da lì, e ci sono anche queste 11 ampolle della Terrasanta contenenti olio delle lampade che ardevano al Santo Sepolcro.

Gli Armeni custodiscono una pietra molto più grossa nel Convento di San Salvatore al Monte Sion, detto prigione di Cristo: la venerano come parte della pietra rotolata via dal Sepolcro».

Bisogna bussare alla porta del sacrestano armeno per scendere in un luogo che conserva una delle rare memorie di pellegrini arrivati al Santo Sepolcro prima dell’ imperatore Costantino e di sua madre Elena. Proprio accanto alla cappella dedicata all’imperatrice, dove, secondo la tradizione, con una tenacia tutta femminile trovò “la vera croce di Cristo”, c’è una porticina chiusa a chiave. Solo guidati dal sacrestano armeno ci si può addentrare nella cava di pietra dei tempi di Gesù. Meno di 100 anni fa, qui fu scoperta una immagine di una barca a vela incisa sulla roccia con una iscrizione in latino, databile tra il primo e il quarto secolo. L’albero maestro è spezzato, forse a indicare i pericoli del mare o l’arrivo a destinazione. Dei mercanti o dei pellegrini. Secondo padre Bellarmino Bagatti, l’archeologo francescano protagonista degli scavi più importanti in Terrasanta, l’incisione latina significa Domine ivimus, Signore siamo giunti. È affidata, invece, a una lettera - trovata da padre Bagatti – la notizia della prima donna pellegrina in Terrasanta.

«È del terzo secolo la lettera mandata dall’Asia minore al vescovo Cipriano di Cartagine, in cui si parla di una donna che viaggiava a piedi scalzi e battezzava. Questo pone un problema per la prassi ecclesiastica. Di per sé una donna poteva battezzare, ma non era uso comune. Il testo dice che camminava a piedi nudi, come se venisse dalla Giudea e da Gerusalemme. Si presentava come una pellegrina, una profetessa. Un fatto decisamente insolito per quel tempo . Andava in giro in Asia minore a battezzare e probabilmente a predicare, dicendo che era stata in Giudea e a Gerusalemme. Conosciamo molto poco della vita quotidiana della chiesa primitiva, ma, secondo Bagatti, è la prima pellegrina di cui si ha notizia. Forse una prima apostola, di certo una testimonianza importante che indica l’interesse per i luoghi santi anche prima dell’arrivo di Costantino».

di Alessandra Buzzetti
Corrispondente per il Medio Oriente di Tv2000 e inBlu2000