Realizzati con sughero, polistirolo e materiali di riciclo

Presepi in Vaticano tra arte, tradizione e innovazione

 Presepi  in Vaticano tra arte, tradizione e innovazione  QUO-295
29 dicembre 2021

Profuma non solo di muschio, ma anche di sughero, il presepe realizzato quest’anno a Casa Santa Marta. È il materiale che Alessandro Di Placidi, il manutentore della Domus che da anni allestisce la Natività, ha scelto per costruirne gli edifici e il paesaggio.

Oltre all’immancabile polistirolo e a scarti di cartone o di altro genere, tutti riciclati, il sughero si presta bene a essere modellato e a realizzare strutture paesaggistiche. Per questo, la grande grotta su cui converge l’attenzione dello spettatore che si avvicina al presepe, è fatta di polistirolo. Ospita la Sacra Famiglia, la scena centrale di tutta la rappresentazione. Un angelo e la stella indicano che è proprio lì il cuore di tutta la Natività. È lì che si trova quella culla in cui è adagiato il Bambino Gesù. Maria è in ginocchio, in atteggiamento di adorazione verso il piccolo, mentre Giuseppe è in piedi, dietro di loro, e osserva la scena, quasi a esprimere lo stupore e la meraviglia di ogni uomo davanti a un mistero più grande di lui. In quella “piccolezza” c’è una “grandezza” che lascia senza parole.

Davanti a loro due pastori richiamati dall’angelo si inchinano per rendere omaggio al Bambino. Quella grotta diventa così il luogo in cui si esprime la fede più genuina: Maria ha creduto all’arcangelo Gabriele e con il suo “sì” ha permesso l’incarnazione del Figlio di Dio; Giuseppe ha creduto alle parole dell’angelo e non ha ripudiato la sua sposa; i pastori credono a quanto ha detto loro un altro messaggero celeste. Tutti si ritrovano lì a rendere omaggio a un mistero che solo la fede può spiegare.

Sulla sinistra della grotta, un altro pastore si avvicina con una pecora sulle spalle. Forse è rimasto indietro, visto il peso che porta, ma la meta è anche per lui quella culla che ospita il Bambino. Una donna sta davanti all’ingresso di casa e osserva stupita il via vai di pastori che si dirigono verso la grotta, quasi a chiedersi cosa stia succedendo in quella notte santa. Di fianco all’abitazione, un grande ceppo di albero sul cui tronco è appoggiata una scala, simbolo della salita al cielo che il Bambino permetterà agli uomini di compiere con la sua venuta sulla terra, ma anche ricordo della scala vista in sogno da Giacobbe, con gli angeli andavano su e giù dalla terra al cielo e dal cielo alla terra. In fondo, anche gli angeli sono i protagonisti di questo presepe.

Poco dietro il pastore con la pecora sulle spalle, si vede arrivare un giovane musico che attraversa un arco in pietra. Anche la musica partecipa alla gioia della natività e ne caratterizza l’atmosfera. Accanto al giovane, un fuoco che riscalda un paiolo e, poco più in là, un covone di grano appoggiato alla parete: simboli, per Di Placidi, del lavoro dell’uomo e della fecondità della terra. Nei pressi del fuoco, un’altra scala è appoggiata all’arco in pietra. L’uomo da sempre ha cercato di andare verso il cielo, ma con la scala più vicina alla grotta quel viaggio è reso più sicuro. Un’anfora collocata davanti alla donna che sosta sull’ingresso dell’abitazione vuole simboleggiare il mondo antico e pagano che rimane immobile davanti alla nascita del Figlio di Dio.

È ancora il sughero il materiale principale utilizzato per realizzare i tre presepi che si trovano in spazi all’aperto del Vaticano: in piazza Santa Marta, davanti alla chiesa di Santo Stefano degli Abissini; all’ingresso del palazzo del Governatorato; nel cortile di San Damaso. Tutti realizzati da una squadra di tre persone: Augusto Minosse, Andrea Carlino e Vincenzo Caputo, dipendenti della Direzione delle infrastrutture e servizi del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

Le tre Natività hanno in comune i materiali impiegati: non solo polistirolo e sughero, ma soprattutto, scarti di cartoni, imballi, contenitori che provengono spesso dall’Annona e che si trovano nell’isola ecologica all’interno dei Giardini vaticani. Con questi semplici elementi i tre hanno dato vita a delle vere e proprie opere d’arte.

Il presepe allestito davanti alla chiesa di Santo Stefano degli Abissini è collocato su una bobina di cavi del telefono. Il tetto è interamente fatto da legname riciclato proveniente da scarti di palchi utilizzati in edilizia. Il fulcro della rappresentazione è ricavato da un tronco del bosco dei Giardini vaticani, sotto rami di potatura: un particolare importante, perché non si è ricorsi al taglio di alberi per creare le scene, ma è stato usato solo legname già scartato, modellato con la motosega senza altri strumenti. La Sacra Famiglia è ben riparata sotto un tetto di legno a capriate, sovrastato da tegole e coppi.

Il presepe all’ingresso del palazzo del Governatorato è ricavato da una radice di tronco di olivo proveniente sempre dai Giardini vaticani, per il resto è composto da cartoni. Quello che si trova invece nel Cortile di San Damaso, allestito intorno alla fontana, ospita le statue della Floreria e della Prefettura della Casa pontificia.

È all’insegna dell’eleganza e dello stile rinascimentale il presepe realizzato nella Cappella Sistina. Una rappresentazione fuori dagli schemi tradizionali, nata per commemorare il 500° anniversario della morte di Raffaello Sanzio — ricorrenza caduta nel 2020 — ma la cui esposizione è stata rimandata a quest’anno a causa della pandemia. Ideato, progettato ed eseguito dagli artisti Giuseppe Passeri ed Eva Antulov, ospita la riproduzione di architetture e stili presenti in alcune località italiane. In particolare, sulla parte destra si scorgono edifici e un pozzo che rimandano a San Gimignano, mentre in quella sinistra si vogliono ricordare Spoleto e San Gemini. In basso, i mercati rappresentano una porzione della seconda Loggia presente in Vaticano. Nella parte centrale è collocata la Natività, ospitata nel serapeo di Villa Adriana, come forse era ai tempi dell’imperatore Adriano, con all’interno degli affreschi simili a quelli che si trovano nella Villa romana di Moregine.

L’omaggio a Raffaello si percepisce un po’ ovunque nel presepe. Lo stesso artista è rappresentato mentre è seduto con tavolozza e pennello in mano nel suo studio a dipingere il suo autoritratto. E rimanda a lui anche l’affresco della Scuola di Atene, dipinto in piccolo dall’artista Antulov e collocato nel timpano del tempio, così come lo sfondo del presepe costituito da pannelli: il paesaggio è ispirato alla Disputa del Sacramento, tra gli affreschi principali di Raffaello presenti nella Stanza della Segnatura. Anche la Natività ha un riferimento all’artista, perché sia Maria, sia Giuseppe sono vestiti come nel celebre Sposalizio della Vergine.

Il presepe ha un colore di fondo ottenuto dal mallo delle noci, che è la base per tutte le altre miscele utilizzate per la tinta delle strutture delle case, dei templi, dei ruderi.

Grande attenzione è stata riservata ai materiali utilizzati: il legno, ricavato dall’albero di noce particolarmente pregiato, è stato adoperato anche per i listelli e le parti che costituiscono lo scheletro di quest’opera, mentre i mattoncini sono in sughero. Quest’ultimo materiale ha una particolarità: è stato raccolto dai rami secondari dalla sughera, che è una quercia, tenendo conto della sua specifica età. Questo ne determina una ridotta produzione di polvere nel taglio e un’elasticità e morbidezza che non si trova in altri esemplari simili.

Per la preparazione di colori si è ricorsi a procedimenti antichi. Per impreziosire il presepe, sono state inseriti dei minerali di pregio, come un raro diaspro rinvenuto nelle isole dell’arcipelago toscano e una bellissima serie di azzurriti che provengono dalla miniera di Alnif, a est di Bou-Azzer, in Marocco. Gli abiti dei personaggi sono stati realizzati dopo un accurato studio sui costumi dell’epoca rinascimentale, grazie anche alla collaborazione nella ricerca artistica di Jean Paul Troili.

di Nicola Gori