L’eterno messaggio biblico della fratellanza universale

28 dicembre 2021

Il capitolo 5 del libro della Genesi inizia con le parole: «Questo è il libro della genealogia di Adamo». Mentre tutti gli esegeti concordano che queste parole servono a introdurre i nomi e le storie dei discendenti di Adamo ed Eva narrati nei capitoli successivi, il rabbino Nachmanide (1194-1270) ha suggerito, per mezzo di un’analisi linguistica, che l’intera Torah può essere intesa anche come descrizione della vita di Adamo e dell’umanità in generale. Il lettore attento può constatare la saggezza dell’intuizione di Nachmanide in tutta la Bibbia. Per esempio, i racconti biblici descrivono l’intera gamma delle emozioni umane e i conflitti che queste possono creare in ogni persona, con i suoi parenti, con i vicini e con Dio. Rabbeinu Bahye ben Asher ibn Halawa (Spagna 1255-1340) amplia l’osservazione di Nachmanide, affermando che in quel versetto la parola “libro” non si riferisce solo alla vita di tutti gli esseri umani, ma anche alla saggezza che si può acquisire attraverso lo studio delle narrative bibliche sulla natura umana, narrative che giungono da una sapienza celeste che ci è stata rivelata.

Uno dei temi centrali della Genesi è quanto sia difficile per gli uomini costruire una realtà di armonia e comprensione con i propri parenti e i propri vicini. Caino ha ucciso suo fratello Abele, la generazione di Noè ha suscitato l’ira di Dio con la sua malvagità e la civiltà di Babele non è riuscita a costruire la città che avrebbe unito tutti a causa dei suoi spregevoli valori etici. Abramo, il primo patriarca, non ha potuto vivere nello stesso territorio di suo nipote Lot, e anche i suoi figli, Ismaele e Isacco, si sono stabiliti in luoghi diversi. I figli di Isacco, Esau e Giacobbe, hanno attraversato un drammatico processo di odio e riconciliazione, arrivando a vivere in pace, ma non insieme. Solo i figli di Giacobbe, avendo vissuto numerosi conflitti, specialmente con Giuseppe, finiscono col diventare un’unica famiglia. È ciò che ha consentito il successivo dialogo tra Dio e i discendenti di quei fratelli, che avevano imparato come condividere insieme la vita.

L’analisi dei libri dei profeti, seguendo la traiettoria iniziata nella Genesi, insegna che il fine dell’umanità deve essere la costruzione di una realtà in cui la coesistenza all’interno delle famiglie, delle nazioni e dell’umanità nel suo insieme sia caratterizzata da armonia, comprensione e affetto (p. es. Isaia 2, 1-4; Michea 4, 1-4).

Questa visione dei profeti d’Israele, condivisa dalle tre religioni abramitiche, nel nostro tempo tormentato è stata espressa nuovamente nell’enciclica Fratelli tutti. È una visione che anno dopo anno, nelle rispettive feste, esige sia dagli ebrei sia dai cristiani di riconciliarsi e riunirsi con parenti e conoscenti, nonché di superare i conflitti. Pertanto, Rosh Ha Shanah, il capodanno ebraico, richiede a ogni ebreo di risolvere le proprie dispute con i suoi prossimi. Non è possibile iniziare un nuovo ciclo di vita annuale rimanendo aggrappati alle dispute divisive del passato. È il tempo riconciliatorio trascorso con la famiglia e i conoscenti.

Qualcosa di analogo lo si trova a Natale nel mondo cristiano, quando vengono narrate tante storie che esaltano la riconciliazione e la solidarietà. Tra le più famose c’è il Canto di Natale (1843) di Dickens, che rispecchia il sentimento che la notte di Natale dovrebbe riunire le famiglie e la gente in generale.

Oggi la pandemia del coronavirus ha messo in evidenza l’indifferenza che le persone e gli Stati tendono ad adottare dinanzi al dolore e alla sofferenza altrui. È un tempo in cui l’individualismo egoistico abbonda ovunque, diventando la misura del successo. Tuttavia, le nostre rispettive feste sono pietre miliari sul calendario, che possono servire a risvegliare le nostre coscienze e a riorientarci verso le sfide che la Bibbia pone dinanzi a ogni essere umano.

Malgrado gli enormi sviluppi tecnologici, la frammentazione che attualmente divide le persone è travolgente. Il futuro ultimo previsto dal profeta Sofonia, secondo cui tutte le persone staranno l’una accanto all’altra a invocare Dio con una sola voce (cfr. Sofonia 3, 9) è ancora assai lontano dalle labbra di molti.

Secondo i saggi del Midrash (Bereshit Rabba 11, 6) l’opera creatrice di Dio non è terminata il settimo giorno; ha bisogno degli sforzi dell’uomo per essere completata. Gli esseri umani devono esercitare il loro libero arbitrio per scegliere ciò che è buono e misericordioso. È così che la creazione di Dio verrà ultimata. Secondo la Bibbia è questo l’impegno che Dio si aspetta dall’umanità. Ciò consentirà a coloro che Dio ha creato di ottenere la redenzione che il Redentore vuole offrire loro.

Possano queste riflessioni essere gradite a Dio (cfr. Salmi 19, 15) e fornire alcuni spunti di riflessione mentre i nostri fratelli e sorelle cristiani celebrano la nascita di Gesù. Buon Natale!

di Abraham Skorka