Trentacinque civili uccisi e bruciati

Strage in Myanmar nel giorno di Natale

27 dicembre 2021

Naypyidaw , 27. Sdegno e orrore per la strage di civili avvenuta a Natale a Hpruso, nell’est del Myanmar, area in cui vive buona parte della minoranza cattolica: almeno 35 persone sono state uccise e i loro corpi mutilati e bruciati.

Il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, Martin Griffiths, si è detto «inorridito» dalle notizie della strage e ha chiesto alle autorità militari del Paese di avviare un’indagine. «Condanno questo grave incidente e tutti gli attacchi contro i civili, vietati dal diritto internazionale umanitario», ha dichiarato in una nota.

Il massacro è stato attribuito ai militari golpisti, che lo scorso primo febbraio hanno preso il potere nel Paese del sudest asiatico defenestrando il governo civile e arrestando, tra gli altri, il presidente, Win Myint, e il ministro degli Esteri e consigliere presidenziale, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.

Secondo il drammatico racconto di un sopravvissuto, le truppe avrebbero radunato e ucciso a colpi di arma da fuoco almeno 35 abitanti della cittadina di Hpruso, nello Stato Kayah, dove da decenni la minoranza karenni rivendica una maggiore autonomia. Tra le vittime, scrive il quotidiano britannico «The Guardian», ci sono anche donne e bambini.

Le foto della strage sono state diffuse sul web, suscitando indignazione contro i militari. Il testimone ha raccontato che le vittime stavano cercando di fuggire dai combattimenti tra l’esercito e i gruppi ribelli nella zona. Due lavoratori dell’organizzazione umanitaria Save the children sono tuttora dispersi, con la conferma che il loro veicolo è stato attaccato e dato alle fiamme.

La strage è l’ennesima riprova della gravità della situazione in Myanmar, dove l’esercito impiega sempre più il pugno di ferro contro chi si oppone al regime militare. Secondo il governo di unità nazionale del Myanmar — un esecutivo “ombra” formato dalle forze dell’opposizione — i militari erano impegnati in una operazione di rastrellamento nell’area, la stessa strategia utilizzata per decenni contro diverse milizie etniche e nel 2017 responsabile della disperata fuga in Bangladesh di oltre un milione di rohingya.

L’esercito ha negato ogni coinvolgimento nel massacro.

«È un’atrocità straziante e orribile che condanno pienamente e senza riserve con tutto il cuore», ha scritto in una nota il cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Paese del sudest asiatico. «Addolorato — ha aggiunto — prego con fervore per le vittime, i loro cari e i sopravvissuti a questo indicibile e spregevole atto di disumana barbarie».