L’esempio di Gino Pistoni indicato dal Papa ai ragazzi di Azione cattolica

Offrire la vita per il “nemico”

 Offrire la vita per il “nemico”  QUO-292
23 dicembre 2021

La vita di Gino Pistoni (Ivrea, 25 febbraio 1924 - Valle di Gressoney, località Tour d’Héreraz, 25 luglio 1944) è una storia impressionante, anzitutto per la sua “normalità” e poi per l’accelerazione vissuta che la farà diventare una vera corsa verso Gesù. Viene in mente san Paolo: «Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù» (Fil 3, 12).

A un certo punto di una vita “normale”, piena di gioia, di amici, di sport, con la fatica dello studio, Gino si lascia prendere e trasformare dall’entusiasmo di aver conosciuto l’Azione cattolica; scopre la preghiera silenziosa davanti al tabernacolo, l’emozione di vivere un nuovo feeling con Gesù, che nel Getsemani dona la sua vita; sente un forte amore per la sua patria che sogna libera da dittature e ideologie; ed ecco la decisione di andare, da cristiano, con i giovani partigiani della sua zona (ogni sera il Rosario, lui e un gruppo di amici, incuranti delle battute di alcuni), fino alla scelta, senza esitazione, di soccorrere un giovane “nemico” rimasto ferito sul campo e portarlo al riparo. In quel momento lui stesso viene ferito gravemente da una scheggia che gli recide l’arteria femorale: è rimasto solo, non riesce a fermare il sangue, prende il suo sacchetto di tela e scrive col sangue il suo testamento: «Offro mia vita per A.C. Italia W Cristo Re». Gesto e parole che richiamano da vicino quanto Papa Francesco ha scritto al numero 5 di Gaudete et exsultate sull’offerta della vita.

Sul sacchetto di Gino la parola «Offro» è scritta per prima, ben in alto, e fa pensare non solo al Getsemani scoperto pochi mesi prima, il Giovedì Santo, ma anche alle parole di Gesù: «Io do la mia vita... nessuno me la toglie: io la do da me stesso» (Gv 10, 17-18), quando sa che la congiura contro di lui è ormai decisa e inesorabile.

È importante capire che il gesto di Gino non fu improvvisazione, ma era preparato nel suo cuore.

Aveva ricevuto dei doni: una buona famiglia con discrete possibilità, un fisico sportivo, un’educazione curata, dai Salesiani e dai Fratelli delle scuole cristiane (ma non era un “secchione”), soprattutto la fortuna di essere seguito da due preti come don Mario Vesco e don Cesare Meaglia, che lo hanno educato a una fede matura e libera.

Ma la sua vita cambiò radicalmente con la scoperta e l’ingresso in Azione cattolica. Divenne un attivista generoso e infaticabile. Il Giovedì Santo del 1944 aderì con entusiasmo alla Società operaia fondata dal presidente di Azione cattolica Luigi Gedda, un gruppo animato dalla spiritualità del Getsemani e particolarmente impegnato nella preghiera e nell’apostolato. Queste due nuove “scoperte” di Gino sono quelle che hanno fatto maturare in lui le scelte decisive: da cristiano per una patria libera, da cristiano di fronte al giovane “nemico” ferito, da cristiano di fronte all’imminente incontro con Gesù, Cristo Re, il suo Amico e Signore.

Le parole di Papa Francesco su Gino Pistoni — sabato 18 dicembre, nella tradizionale udienza per gli auguri natalizi con l’Azione cattolica ragazzi — aiutano a mettere a fuoco alcuni motivi che rendono attuale oggi un testimone come lui. Anzitutto un cristiano giovane, innamorato della vita, delle sue montagne, ma anche dell’amicizia e degli scherzi da fare agli amici. Poi il passaggio da una fede vissuta, come tanti, a un rapporto personale intenso con Gesù: un’amicizia che gli costava al mattino la fatica di svegliarsi per arrivare alla messa o almeno alla Comunione, ma che gli riempiva il cuore specialmente nei momenti di silenzio davanti al tabernacolo. Un cristiano non separato o arroccato ma immerso nella vita e nei problemi della sua città e del suo Paese, in un tempo drammatico, dove non era facile evitare di nascondersi o di mimetizzarsi. Infine il suo gesto estremo, di aiuto a un “nemico” ferito, che suona per noi oggi come gesto di riconciliazione, pagato col sangue; un cammino di riconciliazione che in Italia ancora non è compiuto e che il dono della vita fatto da Gino potrà incoraggiare e sostenere.

Fin da subito il sacrificio di Gino Pistoni è stato per i suoi amici come una luce nuova su quel ragazzo che per molti era solo un allegrone bravo a organizzare scherzi. Il primo a capire e a commuoversi fu proprio il suo presidente dell’Azione cattolica diocesana, Giovanni Getto, per lunghi anni ordinario all’università di Torino e conferenziere apprezzato dal mondo cattolico e laico. Fu lui a scriverne un profilo biografico e spirituale, con una prima stesura fatta pochi mesi dopo la morte e successivamente ripresa e ampliata. Sono poi seguite altre pubblicazioni, di Claudio Russo, di Gianpaolo Redigolo, di fr. Dino De Carolis, fino al recente agile libro di don Piero Agrano: Gino Pistoni, quando morire è offrire. Papa Francesco, parlando ai ragazzi dell’Acr, è andato al cuore della santità di Gino: «Che ognuno di voi dia la vita, ma bene, con tutto: si esprima come lui si è espresso con il sangue, esprimersi con tutto quello che ha».

*Arcivescovo emerito di Cagliari
e già vescovo di Ivrea

di Arrigo Miglio*