Intervista al Custode di Terra Santa Francesco Patton

Le celebrazioni a Gerusalemme tra difficoltà solidarietà e speranza

This picture taken on December 20, 2021 from the Russian Orthodox Church of Mary Magdalene atop the ...
23 dicembre 2021

Gerusalemme si ricorda, per la prima volta quest’anno, dei suoi quasi 1000 metri: il freddo è pungente e soffia ventoso dai monti del nord. Pioviccica e l’atmosfera è propriamente natalizia. Padre Francesco Patton è appena rientrato da Betlemme, dove malgrado la pandemia fervono i preparativi per le celebrazioni della notte Santa. «Anche questo sarà un Natale difficile a Betlemme. Senza pellegrini e in una povertà sempre più crescente e insidiosa. La maggior parte dei cristiani qui vive di pellegrinaggi: artigiani del legno, commercianti di oggetti sacri, lavoratori di alberghi e ristoranti. E le restrizioni per attraversare il muro e lavorare in Israele sono ora molto più dure. Tranne due piccole finestre a luglio e a novembre, sono praticamente due anni che i pellegrini non arrivano e le famiglie sono allo stremo».

I bambini in particolare soffrono?

I bambini di Betlemme sono speciali. Ieri ho celebrato la messa nella Casa del Fanciullo, dove ospitiamo quelli con maggiore difficoltà: erano tutti immersi nella gioia delle festività, sanno nutrire di speranza anche i loro genitori. C’è un fatto molto bello che sta accadendo in questi giorni: i cristiani che vivono in Israele, in Galilea, e i lavoratori immigrati asiatici di Tel Aviv, stanno sostituendosi ai pellegrini che mancano, e vengono a visitare e pregare alla Grotta in questi giorni, dando un po’ di respiro economico a questi nostri fratelli più svantaggiati. Ho chiesto a tutti i nostri parroci di Terra Santa di organizzare pellegrinaggi a Betlemme nelle prossime due settimane. E noi come Custodia stiamo aiutando molte famiglie: abbuoniamo le pur piccole rette delle scuole e paghiamo metà dello stipendio ai nostri dipendenti che non lavorano; ma anche noi siamo in difficoltà, dobbiamo mantenere 300 frati e 70 santuari, vuoti da due anni».

Padre Custode qual è il pensiero che affida ai cristiani di Terra Santa in questo nuovo difficile Natale?

Voglio dirlo con termini che possono sembrare duri: il Natale è essenzialmente la memoria di un dramma. Il dramma di una coppia rifiutata che trova riparo tra gli animali, il dramma di un bambino che deve nascondersi per proteggersi dal male, che è il primo dei rifugiati in un paese straniero. Non è una storia mielosa. Un bambino che è venuto a salvarci, a donare la vita, ma è circondato dal male. Che fronteggia il male. Così come lo siamo noi in questo tempo difficile. E anche a noi, oggi, Gesù dischiude le porte della salvezza. Ecco, io penso che se noi guardiamo al Natale come un dramma, ne diamo una rappresentazione più veritiera ma anche più carica di Speranza. Gesù ci salverà anche in questo tempo.

Padre Francesco, due settimane fa lei era a Cipro ad accogliere Papa Francesco.

Sì. È stata un’esperienza bellissima. Due momenti soprattutto. Il primo l’incontro con l’arcivescovo Chrisostomos. Si è respirata una sintonia cordiale tra i due che è difficile raccontare. Mi ha colpito quando l’arcivescovo ha mostrato al Papa un Evangelario tutto miniato fatto a mano, in ben cinque anni, da un monaco ortodosso, da cui è scaturita l’evocazione della Pazienza, da parte del Papa, come strumento indispensabile per raggiungere l’unità. E poi l’incontro con i rifugiati nella nostra chiesa della Santa Croce a Nicosia, che è proprio sul confine con Cipro Nord ed è circondata dal filo spinato. La commozione per l’accoglienza che il Papa ha riservato a questi nostri fratelli ci ha contagiati tutti. È stata come una scossa elettrica che ha attraversato le nostre chiese fortemente impegnate nell’accoglienza dei rifugiati, come ho sperimentato il giorno successivo visitando il campo profughi dove operano i nostri frati. E dove ho apprezzato il coinvolgimento di tutta la comunità dei cristiani latini: poveri che sanno accogliere i poveri. I poveri, in questa parte del mondo, mostrano una sensibilità solidale è un senso della speranza che non vedo in Occidente. Questo significa comprendere il senso vero del Natale.

di Roberto Cetera