Dono dunque esisto

 Dono dunque esisto  QUO-288
18 dicembre 2021

Alcuni decenni fa a Tallahassee, capitale della Florida, i malati di mente che vagabondavano per le strade mi impartirono numerose importanti lezioni di umanità. Non avevo mai pensato di farmi coinvolgere nell’amministrazione dei fondi per l’assistenza sociale e nell’assistenza ai disabili mentali che vivevano per strada. Insieme a mia moglie stavamo solo cercando di prestare attenzione alla sofferenza degli esseri umani nella nostra città e in particolare nei pressi del nostro appartamento in centro.

Mentre continuavo a lavorare part-time nella filiale di Tallahassee di uno studio legale della Florida, mi impratichivo nell’assistenza dei senza tetto. Il mezzo usato da Dio per questo scopo fu il Good News Ministries, una onlus fondata da un gruppetto di uomini d’affari, che avevano in comune l’interferenza radicale del Vangelo di Gesù nella loro egocentrica carriera secolare.

Quando incontro questo gruppo nel 1989, il loro campo di azione per alleviare le sofferenze umane è attivo in un edificio precedentemente abbandonato in Georgia Street, nel quartiere Frenchtown, all’epoca il più povero e il più pericoloso della città.

La minuscola costruzione di un solo piano adottata dal Good News Ministries diventa un centro di raccolta e ridistribuzione di vestiario usato e di articoli per la casa. La parte finale dell’edificio, che si affaccia su Macomb Street, una delle zone principali di traffico di droga e prostituzione, è stata ristrutturata, con la manodopera dei volontari e con materiale donato, per ospitare una mensa per i poveri che ogni giorno sfama cento e più persone.

Il mio nuovo stile di vita quotidiano non si adatta più al pazzesco numero di viaggi di lavoro (il mio record di cambi di volo all’aeroporto di Atlanta era stato di undici in una sola settimana). Dal 1990 uso raramente l’auto, per non parlare dell’aereo. Ogni giorno alle undici del mattino lascio il mio completo da avvocato e le scarpe a coda di rondine, per indossare i jeans e le scarpe da tennis.

La camminata dall’attico del mio studio legale, sito di fronte al Campidoglio della Florida, fino all’edificio del Good News Ministries è di pochi isolati. L’appartamento in centro, dove ho traslocato con la mia famiglia dopo aver detto addio ai facoltosi quartieri settentrionali, si trova pochi isolati a est della mensa per i poveri. I senza tetto che incontriamo al Good News Ministries potranno facilmente venire a piedi al nostro appartamento e bussare alla nostra porta per comunicarci le loro necessità.

Agli inizi degli anni ’90, molti dei senzatetto di Tallahassee hanno bisogno della stessa cosa: di una persona esperta che funga da “beneficiario” dei loro esigui assegni di sostentamento che ricevono dal governo americano. “Beneficiario” è il termine legale che definisce il firmatario di un contratto con il governo, che riceve questi piccoli assegni, deposita il denaro in un conto corrente protetto particolare, il conto fiduciario, ed elargisce questi fondi ai senza tetto secondo le necessità. Il beneficiario si impegna anche col governo a conservare dei registri controllabili, che indichino quanto è stato ricevuto, quanto sborsato, quando e per quale motivo.

Alcuni senzatetto di Tallahassee non sono in grado di ricevere direttamente il loro assegno di assistenza sociale o di invalidità, o perché sono malati o perché hanno gravissime forme di tossicodipendenza. Devono avere una terza persona che riceva il loro assegno e amministri il loro denaro. Per quelli che non hanno familiari prossimi, non ci sono molte possibilità di trovare qualcuno, in quanto gli importi sono troppo esigui per giustificare il percepimento di un onorario e molti temono conseguenze legali.

Una delegazione costituita da mezza dozzina dei senza tetto malati di mente che frequentano il Good News Ministries si presenta al nostro appartamento in centro.

Sarei disposto a diventare il beneficiario per loro conto, in modo che possano ottenere il sussidio federale?

La mattina dopo mi trovo seduto davanti ad un gruppo di amministratrici dell’ufficio di Assistenza Sociale di Tallahassee, che sperano io possa risolvere il loro problema. «Allora, qual è il lato negativo per me se accetto questo incarico? Ditemi il succo della questione». La signora più anziana mostra un certo disagio, ma mi parla in con voce calma e gentile. «Tutti coloro che lei aiuterebbe in qualità di beneficiario potrebbero farle causa».

«Ah beh, resterebbero delusi», scrollo le spalle. «Abbiamo dato via tutti i nostri beni anni fa e donato il ricavato ai poveri. Non possediamo nulla di sostanzioso. Viviamo dei nostri guadagni di mese in mese».

Un’energia positiva sembra pervadere la stanza. Molti suoi dipendenti si scambiano occhiate d’intesa, che dicono: forse costui è abbastanza matto da accettare!

Questo tipo di assistenza implica che io apra un conto fiduciario per ogni persona. Poi devo incontrarmi con gli assistiti due volte la settimana per esaminare la loro condizione di vita e le loro necessità finanziarie, acquistare le medicine loro prescritte e tenere per ciascun conto un registro atto a superare la revisione degli analisti dei servizi sociali.

Espongo le mie idee per organizzare i conti e per la distribuzione del denaro due volte la settimana, sempre a fronte di ricevute firmate. Mi ero presentato con il nome di sei persone che necessitavano di un beneficiario. Il personale a questo incontro me ne aggiunge altre dodici.

Quando mi reco alla banca sita al primo piano dell’edificio dove ha anche sede il mio studio legale, per aprire i conti fiduciari, molti dei miei nuovi beneficiari mi seguono da vicino. Di fatto, mi seguono ovunque, e aspettano fuori dagli edifici in cui non sono autorizzati ad entrare. Ben presto vengo soprannominato “il pifferaio magico del Good News”.

Mentre lotto per capire il loro mondo, le loro esperienze di vita e le loro necessità, vivo una vasta gamma di esperienze coinvolgenti. E imparo ad amare molti di loro: Pops, Darryl, Mary Ann, George, e tanti altri. Ma uno dei più cari è per me Chester, un uomo dalla voce dolce, alto, di circa cinquantacinque anni, che non era stato diverso da noi “gente normale” fino a quando non subì un trauma al cervello in un infortunio sul lavoro.

In qualità di beneficiario legale per tutti coloro che ho in carico, so che la maggior parte degli scarsi fondi governativi se ne va in affitto, utenze, cibo e medicine. Ma è possibile risparmiare qualcosina ogni mese per Natale. Mi aspetto che sperperino questo denaro per se stessi in una modesta abbuffata di shopping natalizio.

«Cosa vorresti fare del tuo denaro per Natale?», chiedo a Chester nell’ufficio che uso al Good News per effettuare la distribuzione bisettimanale.

Riflette a lungo, mentre con la lingua spinge in fuori la guancia sinistra. «Sai — guarda in basso timidamente, fregandosi le orecchie mentre parla — da quando mi sono ammalato, non ho mai potuto comprare regali per i miei amici».

In risposta al mio sbalordimento, agita i piedi e balbetta in tono di scusa.

«D-d-davvero, Signor Dale, i-i-io vorrei proprio f-f-fare dei regali ai miei amici. È t-t-tutto ciò che voglio per Natale».

Lo avvolgo in un abbraccio stretto. «Andiamo a fare acquisti natalizi per i tuoi amici!»

Non avrei dovuto sorprendermi. La nostra fede cattolica ci insegna che siamo tutti fatti a immagine e somiglianza di Dio. Questa è la base della dignità della vita umana. Di tutti i tratti manifestati da questo Dio, forse nessuno è stato tanto percepibile attraverso la storia quanto la propensione di Dio a donare, arrivando persino al dono del Suo Figlio unigenito. Per grazia di Dio, donare è nella nostra natura redenta.

Papa san Giovanni Paolo ii ci ha esortati a riconoscere questa dignità, questa immagine del Donatore, in ogni essere umano. Ci ha in particolare esortati a garantire che «la dignità di ogni vita umana non venga sottratta, neppure nel caso di qualcuno che abbia commesso gravi malvagità. La società moderna ha i mezzi per proteggersi, senza negare ai criminali in modo definitivo la possibilità di redimersi».

Decenni dopo aver dato assistenza a Chester, percorro i corridoi del braccio della morte della Florida con il ricordo del mio carissimo amico e della mia Chiesa. Come esprimono i condannati a morte l’immagine del Dio donatore?

Sono sbalordito. Mentre restano per ore e ore seduti nella loro cella, molti di loro redimono il loro tempo e permettono all’immagine di Dio di esprimersi, preparando doni per gli altri.

Un uomo anziano mi mostra la fotografia di una bimba di sei anni che gli scrive e che è malata di cancro in fase terminale. Lui vuole farle una sorpresa. Mi mostra con orgoglio il maglioncino che sta preparandole all’uncinetto.

Un altro condannato dipinge a mano la copia di un’illustrazione cattolica tradizionale per sua figlia, che è cattolica. Lui è protestante. Ma l’immagine di Dio in lui va al di là della dottrina per darle un dono che la ispirerà e le infonderà coraggio mentre il suo papà è nel braccio della morte.

Un altro ancora ricopia, con meticolosa calligrafia elegante, versetti della Bibbia da mandare ai missionari. Intanto, un giovane disabile trascorre molte ore scrivendo lettere di incoraggiamento spirituale ad affaticati ministri della Parola di Dio.

Ogni tanto qualche politico della Florida cerca di fare pressione per vietare ai condannati a morte l’uso degli strumenti che occorrono loro per donare agli altri. In altre parole, per sostituire la Sacralità con l’indolenza. La mia risposta cattolica è chiarissima: la dignità della vita umana, l’immagine del Dio Donatore, non deve mai essere sottratta, neppure nel caso di qualcuno che abbia commesso gravi malvagità. Dobbiamo proteggere la società senza negare ai criminali la possibilità di redimersi.

di Dale S. Recinella