Documento dei vescovi spagnoli

Fedeli al mandato missionario

 Fedeli al mandato missionario  QUO-286
16 dicembre 2021

Una riflessione su come realizzare il mandato del Signore, «andate e annunciate il Vangelo», nella società spagnola di oggi, alla luce dell’impulso dato da Papa Francesco per scoprire, in modalità sinodale, il passo e la volontà di Dio per questo tempo. È il concetto base del documento contenente gli orientamenti pastorali e le linee di azione della Conferenza episcopale spagnola che il presidente dell’organismo e arcivescovo di Barcellona, cardinale Juan José Omella Omella, e il vescovo ausiliare di Valladolid, Luis Javier Argüello García, segretario generale, hanno presentato in una conferenza sull’anno pastorale con responsabili, collaboratori e operatori. Il testo, dal titolo Fedeli all’invio missionario, avrà validità fino all’anno 2024-2025. Si tratta di uno strumento, è scritto nel documento, diretto a offrire alle diocesi nazionali e ai loro vescovi alcune chiavi di lettura dell’attuale contesto sociale ed ecclesiale, criteri, priorità e linee di lavoro per promuovere la conversione pastorale, personale e istituzionale richiesta dal Pontefice. Il tutto alla luce dei lavori su collegialità e discernimento dell’episcopato spagnolo elaborati in relazione alle attuali sfide che, sottolinea il testo, «richiedono una dinamica di cammino missionario che scaturisce dalla gioia della misericordia ed esige una conversione pastorale, e che dovrebbe essere, per questo tempo, il paradigma di tutte le opere della Chiesa».

Il contesto attuale, spiegano i vescovi, mostra un grande cambiamento sociale che ha generato una «società disconnessa, disordinata e insicura» in cui crescono la sfiducia e lo scontro. A ciò si aggiunge che i cambiamenti tecnologici, economici e culturali che riguardano l’esistenza umana pretendono una trasformazione antropologica che si adatti al sistema economico dominante, accompagnato da un «pericoloso relativismo che dissolve i valori assoluti e impedisce i giudizi universali». Di conseguenza, diventa complicato il vivere la fede perché la vita è «sradicata dalla verità e dal bene oggettivi, viene a dipendere dal consenso sociale e, in ultima analisi, da chi può imporre la sua volontà. I più deboli e i poveri sono esclusi. La comunità digitale non diventa un noi, un popolo, ma una somma di individualità isolate». Facile, così, cadere nell’oblio di Dio, ammoniscono i presuli, nell’indifferenza religiosa, nel disprezzo per le questioni fondamentali sull’origine e il destino trascendente dell’essere umano: «Anche chi si sente credente vive e organizza la propria esistenza come se Dio non esistesse». Tale impoverimento spirituale, precisano i vescovi, si nota soprattutto nei nuclei familiari, indeboliti dalla progressiva secolarizzazione: il loro affievolirsi provoca la perdita dei legami sociali perché «l’elogio dell’autonomia individuale e la rivendicazione permanente del diritto ad avere diritti rende superbo l’individuo e diffidente verso qualsiasi legame».

Sono emergenze di fronte alle quali — osserva la Conferenza episcopale spagnola — la missione evangelizzatrice della Chiesa incontra due tipi di difficoltà: alcune esterne alla cultura ambientale, altre interne, frutto della mancanza di comunione o di audacia missionaria. Ciò non impedisce motivi di speranza, rappresentati dalla testimonianza di tanti laici che partecipano attivamente alla missione della Chiesa assumendo ruoli e responsabilità. «Questo ci chiede di uscire all’incontro per ascoltare e dialogare, ma anche per accogliere e generare spazi» dove colloquiare con ognuno; un annuncio da fare con audacia e speranza perché «Dio ci incontra, la fede in Dio è ragionevole e il cuore umano è inquieto e assetato».

L’esperienza religiosa, la fede in Dio, porta chiarezza e fermezza alle valutazioni etiche. La vita umana, puntualizza il documento episcopale, «si arricchisce della conoscenza e dell’accoglienza di Dio, che è amore e ci spinge ad amare tutte le persone». Un’esperienza, inoltre, «che ci conduce alla carità fraterna e, allo stesso tempo, l’amore fraterno ci avvicina a Dio». Per essere “fedeli all’invio missionario” occorre pertanto il concorso di tutti in cui la sinodalità e il discernimento devono essere «gli assi spirituali e metodologici del processo che ci permette di affrontare le sfide indicate. La sinodalità è camminare insieme, invocare lo Spirito, ascoltare e accompagnare, il discernimento sinodale è la chiave di fondo che suggerisce le azioni da compiere»; e ciò nel duplice ascolto del Signore e dei bisogni delle persone che si incontrano nel cammino missionario.

La sinodalità, conclude l’elaborato, non è materia di riflessione ma un modo di essere e di operare nella Chiesa, che porta a vivere un’autentica comunione e corresponsabilità tra pastori, consacrati e laici «a partire dalla vocazione e per la missione».

di Rosario Capomasi