La buona Notizia Il Vangelo della iii Domenica di Avvento (Luca 3, 10-18)

L’esperienza di uno sguardo più grande

07 dicembre 2021

La difficoltà di stornare l’attenzione da se stesso, più volte il Battista avrà vissuto questa fatica ripetendo alle folle “non sono io”; Giovanni infatti rinuncia ad una sua autoaffermazione, ad un suo protagonismo. Oggi sicuramente un comportamento controtendenza e fuori dal coro.

È indubbio che la gente che seguiva il Battista si poneva la domanda sulla sua vera identità, ma lui ripeteva “colui che verrà dopo di me è più forte di me” e continuava ad indicare con il suo dito “altro da sé”. Una delle più frequenti storture che vive l’uomo è l’attaccamento morboso al proprio senso identitario. Spesso siamo arroccati dentro le nostre prigionie identitarie e fatichiamo ad uscire da questi confinamenti, a farci scoprire nella nostra autenticità. La psicologia dello sviluppo ci suggerisce che la nostra identità prende forma attraverso l’incontro con l’altro e solo attraverso lo sguardo dell’altro possiamo acquisire il nostro essere nel mondo.

Giovanni ha fatto esperienza di uno sguardo “più grande di lui” su di sé e attraverso quel decisivo incontro ha potuto vivere la sua creaturalità in una posizione di necessaria interdipendenza con l’altro. La nostra creaturalità, il riconoscerci figli ci consente di sentirci appartenenti all’altro e parte di un orizzonte più ampio. Quale consapevolezza meravigliosa per un uomo scoprire di essere parte di un disegno che lo trascende e lo sospinge verso la piena realizzazione di sé. Giovanni ha trovato pieno compimento nella scena umana testimoniando che c’è Qualcuno più forte e più grande di lui, «Illum oportet crescere, me autem minui», “Bisogna che Egli cresca ed io diminuisca”; ma per occupare il suo posto nel mondo, Giovanni ha dovuto “mollare” qualcosa, umanamente avrà fatto fatica ma è riuscito a trovare la leva del decentramento da se stesso e a vivere la fascinosa attrazione verso quel centro che dona il senso dell’esistenza. Ma allora siamo anche noi la folla che lo seguiva e che lo interrogava “cosa dobbiamo fare?”: ciò che è connaturale all’essere umano, ri-tornare a quello sguardo originario che ci ha guardato con un amore ardente e che brucia come il fuoco, e attraverso quell’amore verso nostro fratello sentire sempre di più lo sguardo amorevole di Dio su di noi. Giunge un momento nella vita di ciascuno di noi in cui bisogna osare e decidere se continuare a scegliere se stessi o riconoscere la nostra figliolanza da qualcuno che ci abita e che ci attrae a sé come un viscerale senso di nostalgia. Giovanni, nella sua piena umanità, riesce a mantenersi libero dal suo “Io”, riesce a mantenere il suo sguardo fuori di sé, consapevole che c’è solo un modo che permette una nuova prospettiva e un nuovo battesimo in Spirito Santo e fuoco: il fuoco come elemento vitale e forte, in grado di bruciare tutta la paglia superflua che occupa la nostra aia interiore, un fuoco che sarà in grado di scaldarci cedendo all’opera dello Spirito che ci custodisce sotto lo sguardo tenero di Dio.

di Rossella Barzotti