È morto l’arcivescovo Aldo Giordano, nunzio apostolico presso l’Unione europea

Uomo del dialogo

 Uomo del dialogo  QUO-276
03 dicembre 2021

Un uomo mite e buono, di grande equilibrio e intelligenza, al servizio della Chiesa e della gente, pur nella difficile attività diplomatica. L’arcivescovo Aldo Giordano, nunzio apostolico, 67 anni, cuneese, si è spento nel pomeriggio di ieri, 2 dicembre, a Lovanio, in Belgio, dove era ricoverato a causa del covid-19. Nelle ultime settimane le sue condizioni erano peggiorate velocemente ed era entrato in rianimazione. Appena l’8 maggio scorso il Papa lo aveva nominato nunzio apostolico presso l’Unione europea — da cui sono giunte le condoglianze «alla famiglia e ai suoi cari» tramite il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli — dopo quasi otto anni passati alla guida della rappresentanza pontificia in Venezuela. Come sempre, aveva risposto subito con il suo “eccomi”, anche se — come egli stesso confessava — si era molto affezionato al popolo venezuelano, di cui ammirava la fede profonda e l’eroismo in questo periodo di grande sofferenza.

In un’intervista pubblicata dal santuario piemontese di Sant’Anna di Vinadio, esprimeva la sua fiducia che in questa nuova missione avrebbe di nuovo incontrato il Signore: «La mia fede mi dice che il Cristo Risorto mi precede e mi aspetta a Bruxelles. Io conto su questo».

I funerali di monsignor Giordano si svolgeranno nel duomo di Cuneo in una data ancora da definire. Tanti i messaggi di cordoglio per la sua scomparsa. Tra questi, quelli della Conferenza episcopale venezuelana. Il 30 aprile il nunzio aveva presieduto nella capitale Caracas la messa per la beatificazione di José Gregorio Hernández, conosciuto come “il medico dei poveri”: era stato nominato nunzio apostolico in Venezuela proprio il giorno in cui si celebra la nascita del beato. Adesso — aveva detto il presule — Gregorio «non appartiene più solo ai venezuelani, ma dal Venezuela si dona alla Chiesa universale e al mondo intero», suggerendo che «il Venezuela è e sarà sempre una terra di grazia».

I vescovi del Paese sudamericano ricordano in una nota le tappe che hanno scandito la vita e il servizio ecclesiale di monsignor Giordano e i momenti salienti della sua attività in Venezuela, coincisa con anni particolarmente difficili per la nazione. Nato il 20 agosto 1954 a Cuneo e ordinato sacerdote il 28 luglio 1979, monsignor Giordano aveva ottenuto il baccellierato presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale a Milano e la licenza in filosofia alla Pontificia Università Gregoriana. Per la ricerca di dottorato si era dedicato al pensiero di Nietzsche. Durante il periodo degli studi a Roma aveva collaborato come vice-parroco del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi, nel quartiere Prenestino.

Dal 1982 al 1996 era stato professore di filosofia presso lo Studio teologico interdiocesano e la Scuola superiore di scienze religiose a Fossano (Cuneo). A livello diocesano aveva insegnato per alcuni anni storia della filosofia nel liceo classico del seminario, tenendo corsi di etica alla scuola di teologia per laici e collaborando come vice-parroco nella parrocchia di San Pio x a Cuneo, dove seguiva la pastorale diocesana per gli ambiti della politica, economia, medicina e cultura. Aveva dedicato ricerche e pubblicazioni in particolare alla filosofia contemporanea, all’etica e al tema «Cristianesimo ed Europa».

Il 30 giugno 1995 era stato eletto segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee), trasferendosi nella sede del segretariato a St. Gallen, in Svizzera. Aveva svolto questo incarico a servizio della comunione e collaborazione con i vescovi europei per tredici anni. Cappellano (2002) e poi prelato (2006) di Sua Santità, il 7 giugno 2008 era stato nominato inviato speciale con funzioni di osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo e il 26 ottobre 2013 nunzio apostolico in Venezuela, anno in cui, il 14 dicembre, era stato ordinato arcivescovo titolare di Tamada.

Nel settembre 2013 aveva pubblicato il libro Un’altra Europa è possibile. Ideali cristiani e prospettive per il vecchio continente, in cui raccoglieva le esperienze e le riflessioni dei quasi vent’anni di servizio alla Chiesa in Europa. «La Chiesa — aveva sottolineato monsignor Giordano in un’intervista alla Radio Vaticana — è interessata al fatto che l’Europa sia più unita» ma «sempre in una prospettiva mondiale», perché «la Chiesa ha sempre un orizzonte molto grande, l’interesse è per tutta l’umanità e per tutti i Paesi. Desideriamo un’Europa più unita e più stabile, perché in questa maniera è più capace di contribuire alle altre regioni della terra, in uno scambio di doni». Nello stesso tempo rifletteva sulla questione dei valori: «Quando facciamo l’elenco dei valori noi siamo facilmente d’accordo che la dignità della persona umana, la libertà, la fraternità, l’uguaglianza, il diritto delle minoranze siano riconosciuti come valori. Ma la questione emerge nel momento in cui noi vogliamo dare un contenuto ai valori. A questo punto ci troviamo spesso a mani vuote, perché lo stesso valore noi lo possiamo usare per discorsi molto diversificati o anche contrari l’uno con l’altro. La dignità della persona umana è citata oggi in tantissimi discorsi, per discorsi che sono per la vita o discorsi che sono contro la vita. Allora, il problema è il contenuto, il problema è anche il fondamento dei valori. Credo che la Chiesa e i cristiani possano dare un grosso contributo al fondamento, all’interpretazione, al contenuto dei valori. In una prospettiva globale abbiamo un bisogno molto urgente di avere valori universali, che vadano al di là del relativismo delle singole culture o addirittura dei governi, dei legislatori o anche delle religioni. Questo — affermava — mi sembra un contributo importante della Chiesa».

Tema espresso anche nell’ultima intervista rilasciata a «L’Osservatore Romano», in cui aveva auspicato un’Europa protagonista nella «solidarietà delle idee», evidenziando «l’urgenza di persone capaci di cogliere la verità storica e di avere una “visione”».

Monsignor Giordano, nell’aprile 2014, aveva inviato un messaggio del Papa al presidente venezuelano Nicolás Maduro, ai membri del governo e ai rappresentanti della Mesa de Unidad Democrática in occasione del processo di dialogo e di pace: «Sono profondamente convinto — scriveva Francesco — che la violenza non potrà mai portare pace e benessere a un Paese, poiché essa genera sempre e solo violenza. Al contrario, attraverso il dialogo potete riscoprire la base comune e condivisa che conduce a superare il momento attuale di conflitto e di polarizzazione, che ferisce così profondamente il Venezuela, per trovare forme di collaborazione. Nel rispetto e nel riconoscimento delle differenze che esistono tra le Parti, si favorirà il bene comune. Al cuore di ogni dialogo sincero — affermava il Papa — c’è, anzitutto, il riconoscimento e il rispetto dell’altro. Soprattutto c’è l’eroismo del perdono e della misericordia, che ci liberano dal risentimento, dall’odio e aprono una strada veramente nuova. Si tratta di una strada lunga e difficile, che richiede pazienza e coraggio, ma è l’unica che può condurre alla pace e alla giustizia. Per il bene di tutto il popolo e per il futuro dei Vostri figli — concludeva Francesco — vi chiedo di avere questo coraggio».

Un commosso ricordo è giunto anche da monsignor Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee dal 2008 al 2018, successore proprio di Giordano, che ha voluto sottolineare come il nunzio apostolico sia stato «un vero cristiano europeo, ossia un europeo veramente cristiano». Un segno chiaro della sua personalità da tutti riconosciuto, in Europa, ma poi anche in Venezuela è stata la sua indomabile volontà di promuovere il dialogo, cercando sempre di portare Cristo al vecchio continente attraverso l’incontro di persone. Una volontà di dialogo che andava, però, oltre le frontiere cristiane: la sua sensibilità religiosa lo portava a sentire le preoccupazioni umane di tutti, valorizzando tutto quanto di buono e vero trovava nelle persone di altre religioni e anche in chi non professa alcuna fede ma ha un cuore aperto e disponibile al dialogo.